Genova depredata e il perdono dei Savoia
ALESSANDRO CASARETO
Premesso che sono dell'opinione che le colpe dei padri no devono ricadere
sui figli, e che quindi considero le responsabilità storiche dei Savoia da
imputare ai singoli personaggi che le hanno compiute, ritengo non
"essenziale" che il principe Vittorio Emanuele e tantomeno i giovane
Emanuele Filiberto debbano giurare sulla Costituzione repubblicana. Questo
gesto ha tuttavia un elevato valore simbolico. In tale quadro accolgo con
soddisfazione la disponibilità dichiarata da Vittorio Emanuele.
Mi si permetta tuttavia di suggerire un ampliamento nel testo e nei
contenuti del giuramento che potrebbe nell'occasione ampliarsi ad un più
vasto scenario di riappacificazione e di conclusione delle polemiche e
delle "ferite" che la storia lascia aperte. L'Associazione che ho
l'onore di presiedere ha sempre mantenuto viva nei genovesi la conoscenza
della propria storia, come forma per mantenere viva l'identità. In questo quadro
spicca la gloriosa storia della Repubblica marinara, così come l'umiliante
sconfitta, diplomatica e politica, dell'annessione al Regno di Sardegna
nel Congresso di Vienna del 1815, sconfitta che porta il nome dei vincitori
Savoia, alleati con i francesi e favoriti dal probabile tradimento degli inglesi.
Era naturale che un popolo che per oltre cinquecento anni aveva dominato
il Mediterraneo quando il Mediterraneo era il centro del mondo, non
sopportasse questa dissoluzione del proprio prestigio ed indipendenza ed i
moti che si susseguirono per decenni ebbero il momento più drammatico dopo
la rivolta del 1849, nella brutale repressione che i bersaglieri di La
Marmora compirono contro una popolazione civile, con esecuzioni sommarie,
stupri e saccheggi.
A nulla valse la debole giustificazione diplomatica di Vittorio Emanuele
II che, redarguendo le truppe, ammise limitate intemperanze di frange
sottrattesi al controllo, dichiarazioni che, nella loro parzialità e
distorsione dei fatti, anzi, resero ancor più esacerbati gli animi. A
riprova ancora oggi molti uomini di cultura ed associazioni, e cito in
particolare il Movimento indipendentista Ligure di Vincenzo Matteucci,
ricordano la ricorrenza e ne traggono linfa per una radicale
riproposizione di temi antisabaudi, base per la proposta del ritorno
all'indipendenza del territorio dell'antica Repubblica di Genova, nel
quadro del possibile assetto federalista cui sembra incamminarsi, con
molte incertezze e problemi, l'Italia.
Ho citato questi fatti per suggerire al principe Vittorio Emanuele di
voler aggiungere, come annesso al giuramento sul testo della Costituzione
repubblicana, una richiesta di perdono dei fatti tragici e degli eccessi
commessi nel periodo che ha anticipato l'unità d'Italia e nel periodo del
regno dei Savoia. Ricordo che anche il Papa ha ammesso gli errori della
Chiesa e ne ha chiesto, con la forza etica e spirituale che lo
caratterizza, il perdono.
Sono convinto che questa dichiarazione possa rappresentare la cornice più
degna per il ritorno dei Savoia in Italia, perché potrebbe contribuire a
cancellare ogni eventuale tendenza a radicare le ferite storiche in
direzione "etnica", incanalandole verso il corretto ambito dello spirito
federale che prevede la difesa ed il recupero delle identità locali.
Presidente di
A Compagna de Zena
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