"Annullata
l'identità ligure"
Monteverde: negare il ricordo per
cancellare la diversità
di FRANCO MONTEVERDE
L'oblio del passato è frutto di precise scelte
politiche per negare una realtà straordinaria
Se la storia di Genova, ma anche delle altre città liguri,
paracadutata nell'oblio nell'animo stesso dei genovesi è frutto di
precise scelte politiche volte a cancellare una realtà politica e sociale
straordinaria, quella dell'antica repubblica, che aveva saputo illuminare
di sé non solo le vicende della penisola italiana, quanto il continente
europeo e le lunghe sponde del Mediterraneo per oltre otto secoli, quella
storia doveva essere cancellata per permettere a Napoleone di rubare le
risorse dello Stato, delle grandi famiglie, ma anche delle tante
corporazioni, compagnie, casaccie e parrocchie così numerose e ricche, ma
anche per far dimenticare una organizzazione politica basata sul rifiuto
della tirannia e della guerra. Come convincere un coscritto, spedito a
forza nelle steppe russe, se non dipingendo il vecchio ordine con tinte
fosche?
Ma quella stessa storia doveva essere cancellata anche per permettere
alla Casa Savoia di cancellare il ricordo di uno Stato che si era
affermato sul rispetto dei patti sottoscritti, sulla rinuncia a possedere
un esercito e sul rifiuto della guerra come strumento di conquista e di
soggezione di altri popoli.
Purtroppo lo Stato italiano, dimentico della lezione dei garibaldini e
dei mazziniani, erede degli stati assolutisti alla francese trapiantati al
di qua delle Alpi, e del Regno di Sardegna, guerrafondaio e sempre infido
per chi lo sceglieva come alleato, ha perseguito l'obiettivo di pulire
etnicamente la storia della penisola, liberandola dalla presenza
fastidiosa della Repubbliche di Venezia, Genova e Lucca.
Raro è il caso che un stato-nazione abbia imposto alla propria
popolazione la rinuncia alla propria identità: in genere è avvenuto nei
confronti di minoranze che costituivano un pericolo per la propria
sopravvivenza. L'impero tedesco mai ha imposto una lettura negativa della
storia alle città anseatiche, l'impero austriaco mai ha cancellato le
culture, gli idiomi e la cultura giuridica dei tanti popoli che ne
facevano parte, per parlare di due Stati indicati per decenni da tanti
chierici come oscurantisti.
Ma in Italia sì; non solo è stata negata, almeno fino al 1945,
l'identità dei valdostani, o degli altoatesini, o degli sloveni
dell'Istria, ma anche di quelle popolazioni la cui storia e i cui diritti
costituivano una anomalia che poteva indebolire l'ascesa dello stato
italiano come potenza militare e politica europea.
A tal punto è stata manomessa la storia da vedere negli anni che vanno
dal trionfo delle armate spagnole di Carlo V fino all'invasione
dell'esercito di Napoleone solo una lunga parentesi di decadenza
economica, culturale e politica, dalla quale l'Italia era uscita contando
sulla generosità della dinastia sabauda, quale perno dell'intero
risorgimento nazionale.
Che importanza aveva se le Repubbliche di Genova, o di Venezia o di
Lucca erano in quegli stessi anni ricchissime, prospere, erano sostenute
dal consenso delle popolazioni e non dovevano «ospitare» reggimenti
stranieri?
Chi ha visto la mostra di Van Dyck ha avuto davvero la sensazione di
trovarsi di fronte a una serie di ritratti di uomini e donne che nei loro
visi, nei loro abiti e nei loro portamenti mostravano i segni di una
supposta decadenza fisica, morale e politica, o non piuttosto la sorpresa
di scoprire una realtà politica, sociale e culturale nascosta dalla
stupidità e dall'oscurantismo della retorica ufficiale?
Per esaltare lo stato-uno occorreva affermare il contrario anche contro
ogni evidenza. E a sostenerlo erano soprattutto quegli apparati dello
stato che più di ogni altro avrebbero dovuto difendere la ricchezza
culturale e quella politica della penisola, come la scuola dell'obbligo e
quella superiore, le università, le sovraintendenze.
È stata negata dignità ad una lingua, quella genovese, degradandola a
dialetto, è stata nascosta una cultura economica, finanziaria e politica
di valore europeo, sono stati sollevati contro l'immagine della Repubblica
i risentimenti di numerose città delle riviere e dell'entroterra
nascondendo il suo carattere autenticamente federale, rispettoso delle
autonomia di tutti, sancite da patti mai violati. E purtroppo lo spirito
fazioso dei liguri si è lasciato andare a questo gioco al massacro che li
ha resi tutti psicologicamente orfani e politicamente senza radici.
Di tutto ciò è stato ben consapevole Mussolini, che recuperò lo
straordinario patrimonio politico e culturale delle Repubbliche, per
utilizzarlo in chiave imperialista, ossia ribaltando il senso di quella
eredità.
Purtroppo ancora oggi le sedi degli apparati pubblici agiscono in
chiave oscurantista e non a caso è proprio dalla burocrazia che vengono
gli appelli contro una riforma federalista dello stato che riporterebbe
alla luce il carattere policentrico della cultura italiana, liberandola da
un oscurantismo arrogante e dispotico.
Esiste il pericolo che venga imposto un modello di un uomo privo di
ogni radice, facilmente addomesticabile in quanto ridotto al ruolo di
suddito. Occorre affilare le armi, difendere il diritto dei contadini di
fare le formaggette come a loro aggrada, ai boscaioli di coltivare i
boschi come loro sanno, difendere noi stessi da un grande nemico, il
totalitarismo.
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