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Altra Nota
dello stesso Pareto
al suddetto Castlereagh
dei 18 maggio detto anno
Le osservazioni concernenti lo Stato di Genova che S. E.
Mylord Castlereagh
ha voluto comunicare al sottoscritto nell'udienza che si è compiaciuto
d'accordargli il 1O corrente, sembrano dar luogo a delle considerazioni
che si fa un dovere di sottomettere a S. E. I fatti ai quali elleno sono
appoggiate, possono essere verificati dagli Agenti Inglesi che si trovano
a Genova, e non si dubita punto ch'essi non siano riconosciuti perfettamente
conformi a ciò che si va ad esporre:
S. E. ha potuto credere che se in seguito degli accomodamenti che avrebbero
luogo fra le Alte Potenze alleate, lo Stato di Genova fosse riunito al
Piemonte, troverebbe in questa riunione dei vantaggi che potrebbero rifarlo
della perdita della sua indipendenza. Ella ha potuto credere che il
commercio riprenderebbe il suo corso, l'industria i suoi sbocchi ordinari
e tutto il Paese la sua antica prosperità.
Il sottoscritto non saprebbe impedirsi d'osservare che dopo tutti i
doni che lo stato attuale delle cose e i rapporti vicendevoli dei due
paesi possono fornire, lungi dal lusingarsi che il successo rispondi a
queste speranze, si ha fondamento di pensare che questa riunione avrebbe
dei risultati i più disastrosi per lo Stato di Genova.
Dapprima gli interessi dei due paesi sono essenzialmente diversi. Il
Piemonte è un paese agricolo; lo Stato di Genova non avendo che una stretta
costa e di sterili roccie, è uno Stato necessariamente marittimo e
commerciale; in Piemonte tutto si riferisce alle terre e ai prodotti
territoriali; a Genova tutto deve rapportarsi ai capitali impiegali nelle
intraprese commerciali e ai prodotti dell'industria, indipendentemente
dalla massima generale che il commercio prospera di più nei paesi liberi,
massima sì bene conosciuta in Inghilterra.
Si è di già avuto l'onore d'osservare a S. E. che il genere di commercio
che tiene Genova, e s'occupa quasi esclusivamente, è quello di commissione
e di transito, il quale, esigendo più agevolezze e meno impacci che sia
possibile, è per sua natura il più difficile a conservare. Nella concorrenza
dei porti vicini la preferenza che si dà dall'uno sopra all'altro dipende
dai diritti meno onerosi o dalle formalità meno impaccianti ai quali si è
soggetto. Il minimo aumento nei diritti, o la menoma fiscalità nei
regolamenti basta per deviare questo commercio dal suo corso ordinario e
per trapiantarlo altrove.
Le spese d'una corte e d'uno scalo militare traendo seco delle imposte
considerevoli è facile prevedere che il peso ne ridonderebbe principalmente
sul commercio. Gli interessi dell'antica parte della nazione non potrebbero
che mancare di vincerla sopra quell'altra parte meno numerosa novellamente
riunita. Così la perdita del commercio di Genova sarebbe la conseguenza
infallibile di questa riunione.
Se qualche cosa poteva essere aggiunta all'annichilamento d'un solo mezzo
d'esistenza del paese, la gelosia della capitale verso una città di cui essa
avrebbe a temere la rivalità ne affretterebbe sempre di più la rovina. Genova
spogliata dei vantaggi di essere il centro del governo, e perdendo ciascun
anno una parte di sua popolazione per andar accrescere quella di Torino gli
sarebbe costantemente sacrificata. Gli antichi Piemontesi riunirebbero tutte
le cariche della corte tutti i profitti dell'amministrazione e i Genovesi ne
diverrebbero gli iloti.
Mylord, V.E. riferendosi agli interessi generali dell'Europa ha annunciato
che dopo gli avvenimenti che da sì lunghi tempi la scompigliano bisognava avere
degli stati forti e offrenti per la loro estensione, una garanzia sufficiente
contro le intraprese della Francia.
Se si potessero permettere delle riflessioni sopra sì grandi oggetti
indipendentemente dalla cessazione dei timori ispirati da un sistema caduto
per sempre con la caduta del suo autore, il sottoscritto crederebbe dover
osservare che non è sempre l'estensione che fa la forza degli stati. La
vera forza è là dove si trova l'unione, la concordia, lo spirito nazionale.
Questo spirito non esisterebbe costantemente nella nuova amalgama de' due
popoli. Divisi per loro carattere, per le loro abitudini e per una antipatia
invincibile frutto di due secoli, di quale politiche, ciò è invano che se
vorrebbe fare una sola nazione. Lungi dal riunire i mezzi di forza e di
difesa non si farebbe che riunire elementi di discordia e forse il Piemonte
da solo sarebbe per se stesso più forte che se fosse riunito allo stato di
Genova poiché in caso di guerra la corte di Torino non avrebbe punto a
lottare nello stesso tempo contro i nemici esteri e contro i suoi nuovi
sudditi impazienti di scuotere un giogo che la necessità sola lor farebbe
sopportare.
Da una altra parte ristabilendo l'antico governo di Genova che malgrado
le minaccie della Francia nel 1795 e nel 1796 non è giammai stato, fin che
ha esistito, il nemico delle corti di Londra e di Vienna, e ponendosi questo
governo in caso di guerra sotto la protezione immediata di quella fra le
potenze alleate che vi ha un interesse più diretto come l'Inghilterra, si
perverebbe allo stesso fine che si propone e che non si effettuerebbe forse
dalla riunione col Piemonte.
Lo spirito nazionale che nell'ipotesi di questa riunione agirebbe a Genova
in un senso opposto al governo piemontese o che almeno sarebbe infinitamente
soffocato, si svilupperebbe al contrario col più grande vigore se la repubblica
fosse ristabilita. Seconderebbe utilmente i mezzi di difesa a prendersi per
preservare l'Italia da tutti i tentativi tendenti a rinnovarvi gli avvenimenti
degli ultimi anni. Stato puramente marittimo non avente risorse che per il
commercio, legato per la sua riconoscenza come per il suo interesse alla Gran
Bretagna, come Genova potrebbe partirsi ella dal sistema politico che solo ne
assicurerebbe l'esistenza? Divenuta in certa qual guisa una città inglese essa
sarebbe in tempo di pace il centro del Commercio dell'Inghilterra nel
Mediterraneo ed in tempo di guerra l'asilo delle sue flotte. Il suo porto,
il golfo della Spezia, quello di Vado, presentano, se ve ne è bisogno, altri
pegni che il suo interesse, la migliore garanzia che il governo britannico
possa desiderare, senza dover ricorrere a una misura distruttiva del paese.
S. E. ha osservato in ultimo luogo che il territorio genovese mostrandosi
come un semplice stabilimento di commercio, Genova potrebbe essere limitata,
come le Città anseatiche, a un circondario meno esteso.
Ha potuto essere indifferente per il commercio delle Città anseatiche
ch'esse abbiamo o non abbiamo punto di territorio, percioché, dopo la loro
posizione geografica, questo commercio non saprebbe loro essere tolto.
Ma non è punto lo stesso per Genova deposito generale delle mercanzie di
ogni specie, essa approvigiona in derrate coloniali, in prodotti di pesca,
in prodotti di manifatture inglesi o altre, tutte le parti dell'Alta
Italia che s'estende verso l'ovest, e che comprende il Piemonte, il Milanese,
e gli stati di Parma, Piacenza e Modena.
Spedisce queste merci inoltrandole nella Svizzera dalla quale riceve come
che dalla Germania delle sete e altri articoli che indi spedisce in Spagna,
in Sicilia, e Sardegna. E adunque il transito che forma il suo commercio,
e questo transito non avrebbe più luogo per Genova se una parte del suo
territorio fosse cessa a delli stati vicini: L'interesse di questi stati
sarebbe di appropriarsi questo commercio, e lo potrebbe facilmente formando
le due riviere da una parte e dall'altra dei punti favorevoli per stabilimenti
commerciali. Gli basterebbe di proibire il transito pel loro territorio di
tutto ciò che verrebbe per la via di Genova e questi nuovi stabilimenti si
eleverebbero sopra le sue rovine. Genova isolata, oppressa dal bisogni,
ridotta dall'enorme diminuzione de suoi capitali colle sue ultime risorse
non potrebbe più sollevarsi. Aggiungendo ancora a tutte le perdite quella
del suo territorio essa non avrebbe più che un'esistenza precaria; quando
invece conservandola tale quale era non solamente la sua esistenza è
assicurata, ma si compiono anche i voti di tutte le popolazioni dello
stato anche più lontane (come quelle di Ventimiglia, e di S. Remo) che
non aspirano che a restare riunite alla loro antica famiglia.
Riassumendo le diverse osservazioni che il sottoscritto ha avuto
l'onore di sottomettere a S. E. Mylord Castlereagh, si lusinga di aver
provato che la riunione di Genova al Piemonte porterebbe la rovina di
questo paese senza alcun vantaggio reale per le viste delle alte Potenze
alleate; che queste viste saranno egualmente e meglio compiute per lo
ristabilimento della Repubblica e con degli accomodamenti proprii ad
assicurare in caso di guerra al governo britanico la conservazione dei
porti e golfi della Liguria, e infine che non saprebbe Genova separarsi
dal suo territorio senza annientare il suo commercio e senza rischiare
per conseguenza di consumare quella rovina che avrebbe voluto evitare.
Il
sottoscritto |
Firmato PARETO. |
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