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Nota del Governo Provvisorio
del Genovesato
Dei 3 Ottobre 1814, presentata dal
Marchese ANTONIO BRIGNOLE SALE Ministro plenipotenziario ed inviato straordinario
di esso Governo, agli Ambasciatori Ministri plenipotenziari dei sovrani
collegati, componenti il Congresso di Vienna.
Il Governo Provvisorio dello stato di Genova è stato informato d'una
maniera pressoché officiale, che la riunione di questo
stato indipendente al Piemonte non è più un di quei rumori
politici che eccitarono non ha guari i suoi allarmi ma un progetto reale,
una proposta formale che va ad essere sottomessa al Congresso.
Non v'ha dunque più che un momento a perdere, egli deve dichiarare
solennemente a questa illustre assemblea e ai suoi augusti sovrani che
l'hanno convocata che la riunione al Piemonte è una misura affatto
disapprovata dalla nazione Genovese. Esso deve invocare con rispetto
e confidenza i principii immutabili che le alte Potenze hanno proclamato
in questa lotta gloriosa, in cui i consigli della giustizia e della
generosità hanno preso il disopra sulle combinazioni della violenza
e dell'oppressione.
Le promesse fatte in faccia dell'Europa scossa sopra le sue antiche
basi, di ristabilire ciò che era stato distrutto, di rendere agli stati
oppressi la loro forma primitiva non è stata fatta in vano, la mano
che loro è stata tesa per rilevargli e garantirli per sempre da una nuova
oppressione, non potrebbe loro essere ritirata senza lacerare e calpestare
una delle più belle pagine dell'istoria.
Ma se quei popoli che erano da poco indipendenti hanno dovuto contare
sopra una dichiarazione così solenne, qual altro popolo potrebbe
avere dei diritti a questa più sacri
che il Genovese?
E sopra il suo territorio ove è entrato con questa dichiarazione
alla mano, un generale inglese onorato da più anni della confidenza
del suo governo sia nelle operazioni militari sia sulle transazioni
politiche.
Esso stesso ha riconosciuto coi propri occhi ed ha altamente proclamato
che il voto generale dei Genovesi era di ricuperare la libertà, la
prosperità, l'indipendenza e di fondare un governo per assicurarne il
ritorno. I diversi ordini dello stato vi hanno concorso, gli abitanti
della capitale come quelli dei comuni i più lontani si sono associati
col loro voto, colla loro devozione e coi sacrificii agli sforzi e ai
sudori dei loro capi. Tutte le corti ne sono state informate. Il
Parlamento della Gran Brettagna ne ebbe a risonare, né vi si è opposto.
Ed è dopo sei mesi di una nuova era di tranquillità di commercio, e di
prosperità e in mezzo della più profonda sicurezza pel passato e delle
più alte speranze per l'avvenire, che il congresso, questa illustre
assemblea sopra la quale riposa la giustizia delle potenze e la felicità
del mondo, attossicava ad un tempo tutto il contento del passato e tutte
le speranze dell'avvenire.
No questa illustre assemblea, questi augusti sovrani non lo vorranno
punto e se le forme repubblicane {che non di meno sono le più proprie
a un piccolo stato essenzialmente commerciale) non possono essere
ammesse nel sistema generale dei loro ordinamenti, essi conserveranno
almeno l'indipendenza dei Genovesi e lor daranno un principe particolare,
stretto in alleanza presso alle auguste case che reggono l'Europa come
son quelle che fanno la delizia dei popoli della Toscana, dei Modenesi,
o che regnavano già sugli stati di Piacenza e di Parma. I mali inseparabili
d'una dominazione straniera sono troppo recenti e troppo profondamente
impressi nei cuori dei Genovesi per sottomettersi senza ripugnanza e
senza lamento.
Un paese agricolo e militare è essenzialmente contrario agli interessi
d'un paese commerciale, la nazione è più che mai affezionata alle sue
antiche abitudini, a' suoi costumi, alla sua bandiera al suo vessillo,
quel vessillo che altre volte copriva il mare colle sue flotte vittoriose.
Essa implora la bontà, essa riclama la giustizia e le promesse memorabili
delle alte Potenze alleate.
Essa non esita punto a indirizzarsi al ministro di S. M. Sarda che sa
come chicchessia la vera grandezza è fondata sopra la felicità, e che la
potenza non si misura dall'estensione degli stati, ma piuttosto per
l'attaccamento e la fedeltà dei popoli.
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Il Presidente del Governo
Provvisorio
GIROLAMO SERRA. |
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