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Relazione Anonima intorno allo spirito pubblico e
all'indole del popolo genovese
(Genova, 3 ottobre 1815)
Tratta dal Museo Storico Risorgimento Nazionale
di Genova, Carte Ricci N° 3503.
Pubblico questo documento non perché faccia fede di esattezza storica
(basta vedere come l'autore presenta la sollevazione contro gli austriaci
nel 1746), ma perché può dare un'idea della diffidenza con cui si guardava
a Torino verso la nostra città allora unita agli Stati Sardi.
Enrico Guglielmino
La Repubblica di Genova è sempre stata in tutti i tempi soggetta
a continue discordie, dissenzioni intestine e guerre civili. Il
Popolo di questa Città è fazioso, avido di novità ed inclinato a
mutar con facilità la forma del suo governo; senza riandare que'
tempi più remoti, in cui si ha dall'Istoria patria che essendo questa
Repubblica tiranneggiata dalle sue fazioni e dal Popolo era costretta
a ricorrere alla protezione dei principi confinanti (tuttoché stata
sempre acerrima nemica della Dominazione straniera) a fine di ottenere
appoggio e protezione nelle loro discordie civili, e per dare un'idea
della instabilità de' Genovesi, darò soltanto di passaggio un'occhiata
sulle vicende occorse in questa Repubblica dal decimo quinto secolo
a questa parte.
Gli Spagnuoli, i Francesi, i Duchi di Milano, e le fazioni Genovesi,
a gara si disputavano il governo della Repubblica; venivano più volte
chiamati, e rimossi più volte i Governatori del Duca di Milano,
accettato più volte, e scosso il giogo della Dominazione francese,
come anche del Marchese di Monferrato, che la governò pendente
quattro anni.
Le famiglie nobili, e le più opulenti, tiranneggiavano la Repubblica
per la smisurata ambizione di governare: le fazioni popolari degli
Adorni contro i Fregosi, e dei Fregosi contro gli Adorni turbavano
continuamente la quiete dei cittadini pacifici.
La città di Savona si era sottratta dall'impero della Repubblica,
e sotto la protezione della Francia attendeva a migliorare la sua
sorte. La famiglia Grimaldi erasi usurpata il possesso di Monaco.
Continue erano le macchinazioni, le trame, gli ammutinamenti ed
i massacri che succedevano in Genova tanto era l'odio dei Nobili
contro i Popolari, e dei Popolari contro i Nobili.
Nel principio del decimosesto secolo nuova occasione ci somministra
l'instabilità dei Genovesi di conoscere pienamente l'indole loro
torbida, e rivoltuosa; chiesero essi per sottrarsi dalle intestine
loro discordie la protezione del Re di Francia Ludovico XII, cui
diedero il governo della Repubblica; nel 1502 questo Monarca recatosi
in Genova vi fu ricevuto con le più grandi dimostrazioni e feste
che dimostrare potessero tutte le classi de' Cittadini, ed anzi si
elevarono dissenzioni fra loro, perché ciascuna classe ambiva l'onore
di riceverlo; furono sparsi fiori sul suo passaggio, tappezzate
le finestre ed i poggiuoli, e tutte infine quelle dimostrazioni
con cui la popolazione poteva esternare la sua contentezza non
furono omesse pendente otto giorni che si trattenne in Genova il
prelodato Monarca; ma non passò gran tempo, che suscitatesi nuove
turbolenze, nuove discordie tra i Nobili, ed i Popolari, nuove
macchinazioni, trame, e congiure, fu costretto quel clemente Sovrano
ad usare rigore, e contenerli con esemplarità di castighi. Demetrio
Giustiniani, l'ex Doge Paolo da Novi, e non molto dopo Domenico di
San Pier d'Arena e Giovanni Interiano, personaggi tutti distinti
della Repubblica, pagarono il fio delle loro trame, con essere
decapitati.
Ammaestrato il Monarca da queste, e da precedenti trame, insulti
e maltrattamenti usati a' suoi Governatori, ed alle sue truppe
acquartierate nella Città di Genova, conosciuta l'indole incostante,
e tumultuosa de' Genovesi ordinò, e fece costruire, a spese della
città medesima, al Capo di Faro, ossia alla Lanterna, nel 1507,
una formidabile fortezza, che fu chiamata la Briglia, la quale
poi fu pochi anni appresso, cioè nel 1513, intieramente distrutta
dal Popolo, alla di cui demolizione vi assisteva lo stesso Doge
Ottaviano Fregoso.
In detto anno 1513, quattro cambiamenti subì il Governo di Genova.
Pochi anni dopo Andrea Doria si dimette dal servizio del Re di
Francia, di cui era Ammiraglio, e si rivolge a quello di Carlo V
imperatore d'Austria, e seco adduce dodici galere di sua proprietà,
onde potere con maggiori forze, unitamente a quelle della Repubblica,
scacciare, come eseguì, dal suo territorio i Francesi che vi erano
presidiati, prendendo col tradimento, e colla forza, la fortezza del
Castelletto che dominava la Città, e per la sua posizione ne imponeva
essenzialmente, di qual fortezza non esiste più vestigie alcuna. Fu
indi data alla Repubblica una nuova forma di Governo nel 1528, promossa
questa dall'Andrea Doria in cui furono elette 28 Case Nobili dette
Alberghi, che esclusivamente dovessero governare la Repubblica.
Succedettero poco dopo nuove macchinazioni, trame e congiure;
ma siccome sarebbe troppo dilungarsi a parlarne di tutte, mi limiterò
ad indicare quelle che più hanno fatto rumore, e delle quali esistono
tuttora nei diversi quartieri della Città, marmoree iscrizioni
infamatorie ai nomi e famiglie dei Congiurati, coll'indicazione
della pena che hanno subito.
Nel 1534 il Nobile Tommaso Sauli; Agostino Granara, Corsanico,
subirono la pena capitale delle loro trame. Altra congiura fu intentata,
e scoppiò nella notte del 2 Gennaio 1547, dal conte Gio Luigi Fieschi,
ma fu repressa dal maggior numero del partito contrario, ed ebbe fine
colla morte accaduta al conte Gio Luigi che restò annegato nella
Darsena. Altra del marchese Giulio Cibo nel 1550 che insieme con
Ottaviano Zino congiurati furono decapitati in detto anno.
Una sommossa popolare ebbe luogo nel 1575, in cui il popolo si
sollevò per chiedere l'abolizione della legge del Garibetto.
Altra congiura fu intentata da Giulio Cesare Vacchero e suoi
Partigiani nel 1628, di cui esiste l'iscrizione marmorea infamatoria,
vicino alla porta di Vacca.
Altra del Nobile Gio Paolo Balbi e di Stefano Raggio nel 1650.
Del primo esiste iscrizione marmorea nella piazzetta del palazzo,
e del secondo nella piazzetta Ferretta vicino a San Donato.
Altra del Nobile Raffaele della Torre, di cui esiste iscrizione
infamatoria nella suddetta piazzetta del palazzo dal 1672.
Altra notoria sollevazione popolare avvenne il 10 dicembre 1746,
in cui dopo l'ingresso delle truppe Austriache in città, della quale
avevano preso possesso, le dette truppe furono dalla plebe levatasi
in massa malconce e scacciate dalla città; memoria di questo fatto
sussiste tuttora coll'impronto di un Mortaio che vedesi nel quartiere
di Portoria vicino all'Ospitale di Pammatone.
Non toccherò in ultimo che di volo le troppe note ultime convulsioni
politiche che ebbero luogo in Genova verso il fine del mese di maggio
1797: lo spirito rivoluzionario di questa Nazione si fece in tal
circostanza chiaramente conoscere non senza effusione di sangue.
E per dir qualche cosa anche del blocco di Genova sotto il comando
del Maresciallo Massena, che ebbe la gloria di averlo sostenuto
lungamente con poche Truppe, non devo omettere di far presente che
queste poche Truppe erano sostenute e protette dal forte partito
rivoluzionario interno, e dai facinorosi del Paese, aventi alla testa
il facinoroso lor capo Lanata, uomo ligio al Massena, di pessimi costumi,
e notissimo a tutti; [né devo ammettere] che quattro mila facinorosi
venivano giornalmente pagati dal Generale suddetto in ragione di franchi
tre cadun giorno, ed una razione di pane che veniva loro distribuita
dai forni alle ore undici di notte, ora in cui tutta la popolazione
era ritornata in casa e non ne poteva uscire; a questa sorta di gente
era permesso di commettere impunemente qualunque eccesso; e questi
sono noti pur troppo a parecchi onesti cittadini, che ne sono stati
la vittima.
Ecco di qual sorta di gente servivasi quel prode Generale per
incutere un panico terrore, e contenere in tal guisa gli affamati
cittadini.
Da tutto quanto ho in succinto raccolto dei fatti succeduti in
questa città, ben conoscendosi l'instabilità dei Genovesi, e
l'indole rivoltuosa e tumultuante di questa popolazione per
contenere la quale, ad esempio di Ludovico XII, Re di Francia, io
crederei necessaria la costruzione di una fortezza, o l'ingrandimento
di quelle già esistenti rendendole capaci di contenere forti presidj,
oppure costruirne una nuova, la quale, dominando più da vicino la
città, ne incutesse un salutare timore, e contegno, egualmente che
un'imponente guarnigione nella città; non omettendosi soprattutto
di stabilirvi una Direzione, o Presidenza di Buon Governo, la quale
attentamente invigilando sopra tutte le classi indistintamente di
cittadini, fosse a portata di soffocare nel suo nascere qualunque
sorta di tumulto popolare, in vista massime che questa città avendo
un numero grande di carbonaj, facchini da grano, da vino, da portantine
e simili, sono costoro nei movimenti popolari molto pericolosi.
NB. - I carbonai, facchini da grano, da portantine e simili,
nella rivoluzione de' 22 maggio 1797 in numero di cinque a sei mila
si erano sparsi per la città e venuti alle mani cogl'insorgenti.
Tratto da Enrico Guglielmino, Genova
dal 1814 al 1849. Gli sviluppi economici e l’opinione pubblica,
in «Atti della Società Ligure di Storia Patria», serie del Risorgimento,
IV (1939), pp. 223-226.
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