REVISIONISMO NORDISTA
Il Veneto vuole la secessione.
Dal Regno d’Italia
La Regione nomina una commissione sull’annessione del
1866: «Plebiscito truccato»
I Savoia rientrano in Italia e chiedono indietro i beni di
famiglia? Il Veneto accusa i Savoia di aver falsato il plebiscito di annessione
al Regno d’Italia, e affida a una commissione di storici il compito di analizzare
il contesto storico, sociale e politico in cui quella «consultazione » si svolse.
Correva l’anno 1866, era il 21 ottobre. Su una popolazione di 2.603.009 abitanti,
alle urne furono chiamati soltanto 647.426 cittadini, perché all’epoca il diritto
di voto spettava solo a chi aveva censo, e quindi pagava le tasse. Il risultato
fu la quasi unanimità dei sì, con soli 69 contrari, un dato che già da solo basta
ad avanzare sospetti sulla regolarità delle votazioni, che secondo molti furono
condizionate dalla mancata segretezza del voto e dalla scarsa trasparenza nelle
operazioni di scrutinio. E insomma saranno anche passati 151 anni,ma la ferita è
ancora aperta. La commissione Cultura della Regione Veneto, presieduta dal leghista
Daniele Stival, ha affidato l’analisi all’Università Cà Foscari e all’Ateneo di
Padova, stanziando 57.700 euro, «perché alcuni fanno risalire a quella data la
perdita di autonomia e di libertà da parte dei veneti» spiega Stival. E la verità
storica su quei giorni non smette di appassionare gli italiani. In Liguria, per
dire, da anni esiste un movimento indipendentista che denuncia come la regione
non abbia mai votato alcun plebiscito di annessione né al Regno di Sardegna, né
al Regno d’Italia, e per questo chiede il ritorno all’antica Repubblica di Genova,
con tanto di impegni sottoscritti dalla maggior parte dei consigli comunali. In
generale, spiega lo storico Franco Bampi che quel movimento lo ha fondato, «se
alzassero la testa » tutte le regioni potrebbero ribellarsi all’Italia. «Il problema
di quei plebisciti fu che alle urne fu ammesso soltanto chi aveva tutto l’interesse
a guadagnare rappresentanti nel nuovo Stato, per tentare di arginare l’imposizione
fiscale» spiega Bampi. E se è difficile dimostrare che le consultazioni furono
pilotate, «è un dato che quella dei Savoia fu una guerra di annessione». Un esempio?
«A Poggio Imperiale, in Puglia, su 278 votanti i sì furono 72, i no 206. Un risultato
clamoroso, cui però seguirono occupazioni militari e ritorsioni». In attesa della
rivolta, c’è chi ai Savoia ha già chiesto i danni. Non è un estremista della Lega
Nord, ma un ex deputato dei Ds, Aleandro Longhi. Con un’interpellanza ai ministri
della Giustizia, degli Affari Esteri, dell’Economia e delle Infrastrutture, ha
ricordato la durissima repressione condotta dal generale La Marmora per incarico
del re Vittorio Emanuele II nota come il «Sacco di Genova», era l’aprile 1849. I
danni ammontarono a 721.273,87 lire dell’epoca, esattamente 36.604.399.179 euro.
Forse, con i Savoia si potrebbe fare pari e patta, i beni di famiglia contro 36
miliardi e passa di euro.
paola.setti@ilgiornale.it
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