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Il Giornale

Mercoledì 1 marzo 2006


LA POLEMICA

Identità ligure e baloccate politiche

Quel falso mito
dell’identità ligure

Giacomo Petrella*

Caro direttore, noto con piacere lo spazio da lei recentemente dedicato alle questioni identitarie, legate in particolar modo ai concetti di «patria ligure», d'appartenenza regionale, cari, per fortuna a mio modesto avviso, a pochi costruttori di verità rivelata. E allora, come si addice ad una seria pubblicazione quale Il Giornale, proviamo a scrivere per far chiarezza.

Non esiste, né è mai esistita, alcuna etnicità prettamente ligure in grado di creare un senso d'appartenenza sociologicamente e politicamente nazionale. Persino andando là dove preistoria e storia si confondono, una tradizione ligure non potrà che essere ritrovata all'interno di quella matrice celtica così sviluppata in tutta Europa, caratterizzante la maggior parte delle popolazioni nordiche del tempo. Mi spiace poi dover citare la radice semantica di Genova, assai strettamente legata al dio bifronte, latino, delle porte solstiziali (come il porto marittimo) conosciuto con il nome di Giano, ricordando così la storica appartenenza ligure alla cultura mediterranea, latina e romana. In tutta la sua storia la popolazione ligure non ha sviluppato alcuna forma identitaria paragonabile a qualsiasi altro collante, essendo costantemente e naturalmente, dato il ruolo portuale, di commercio, d'apertura verso l'esterno, verso il mediterraneo, inserita in una cornice culturale assai più ampia ed evoluta. Quella grande esperienza, quel sogno repubblicano che molti vagheggiano, non fu altro che un successo economico talmente importante e clamoroso da poter autorizzare un fertile periodo d'indipendenza secondo, però, quella concezione goliardicamente romanesca del «Spagna o Francia purché se magna»! Ironicamente, il mito fondatore del Mil, l'imbroglio simile all'ampolla di Bossi, trova le sue radici in un'epoca in cui la Liguria era grande poiché usuraia, asservita a potenze straniere, vilmente banchiera. Il grande ammiraglio D'Oria dovette scappare dalla battaglia di Lepanto, lasciando soli i Veneziani, per la troppa paura di perder le proprie navi; non ferì colpo. Sarebbe questa l'identità ligure? La gloriosa nazione daliberare? Basta un divertente dialetto, un accento facilmente riconoscibile e la paura del «forestu» per vaneggiare d'indipendenza? Basta questo per dimenticare Mazzini? Il genovese, l'italiano ed europeo Mazzini? E perdonatemi, tutto questo orgoglio, questa identità, questa volontà indipendente, a cosa dovrebbe portare? Ad un ennesimo paradiso fiscale senza né arte né parte? Alcuni atteggiamenti, cari indipendentisti, sono divertenti, baloccate politiche per prendere forse qualche voto alle prossime elezioni amministrative, ma non mi sembra opportuno esagerare, sconfessando grossolanamente una realtà storico politica, addirittura dal punto di vista culturale, millantando una vetero identità regionale al pari d'un profondo sentimento nazionale. Senza polemica, di banchieri c'è né già troppi nel mondo, un po' come i comunisti, lasciateci almeno la certezza d'essere anche, per storia e tradizioni, orgogliosamente Italiani.

*editorialista La Destra

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