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Il Giornale

Sabato 18 marzo 2006


RISPOSTA

Certi problemi civici non hanno una targa

Problemi comuni nelle due città

Ogni ligure è innamorato della sua terra

Massimiliano Lussana

Cara signora Camponero,

quando ho ricevuto la sua lettera, ho sofferto un po’. Perché ho vissuto dieci anni a Roma, perchè ci ho vissuto bene, perché a Roma mi sono innamorato (di mia moglie, genovese peraltro), perché di Roma sono innamorato.

E trovo sinceramente ingenerose le sue critiche. Alcune delle quali sono un po’ demagogiche e qualunquistiche: il problema degli extracomunitari, ad esempio. È un tema reale e drammatico, certo. Alcune delle situazioni che lei denuncia sono vere. Ma sono vere a Roma come sono vere a Genova. Ha mai preso un autobus a Ponente o in Valpolcevera di notte o anche semplicemente dopo le 18? Ha mai provato a girare da sola in alcuni vicoli del centro storico? Se non l’ha fatto, glielo consiglio. Poi, parliamo degli extracomunitari a Roma.

E il traffico? Tutto vero. La vita, per chi viene dalle periferie della Capitale e spesso deve passare ore ogni giorno sul raccordo anulare, è difficile, ai limiti dell’invivibile. Ma ha mai provato a viaggiare da Ponente a Levante la mattina presto e, sul percorso inverso, la sera dopo le 17,30? Aurelia o autostrada il risultato non cambia. In più, se possibile, noi ci mettiamo di nostro le zone blu: parcheggiare in pieno centro a Roma costa un euro all’ora, fin dove si può entrare ovviamente; a Genova due euro all’ora. È proprio sicura di vivere nel migliore dei mondi possibili?

Capitolo spazzatura. Lei fotografa discariche in mezzo alla strada. Ma - e di questo la ringraziamo moltissimo - le ha fotografate anche a Genova, non solo a Roma. La carcassa abbandonata a Ponte Caffaro è tutta genovese, non capitolina. E allora? Dà meno fastidio? Insomma, cara Camponero, i problemi che lei solleva sono tutti veri. Ma sono problemi che non sono nè romani, nè genovesi. Non hanno la targa. Sono problemi. Punto.

Eppure, alla fine, su una cosa sono assolutamente d’accordo con lei. E lo dico da doppio innamorato, di Genova e della Liguria da una parte e di Roma dall’altra. Sono assolutamente d’accordo quando lei scrive: «Quando sul treno del ritorno cominci a vedere la costa ligure, la trovi di una bellezza sconvolgente, cosa che è sempre stata, ma che ora riesci ad apprezzare di più». È quello che capita anche a me, dovunque vada, quando torno. Ed è quello che credo capiti ad ogni ligure degno di questo nome.

Abbiamo parlato di tutt’altro, di extracomunitari, di rumenta, di traffico, di Roma e di treni. Ma, proprio a partire dalla conclusione a cui siamo arrivati entrambi, credo che il nostro scambio di pareri meriti a pieno titolo un posto nel dibattito del nostro Giornale sull’identità.

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