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Gazzettino Sampierdarenese N. 7 - 31 Luglio 2007 |
Limonte = Liguria + Piemonte La storia (contestata) di
Tutto ha inizio mercoledì 16 maggio 2007 quando Mercedes Bresso (nella foto), presidente della Regione Piemonte, a margine di un incontro all’Università di Torino, ha dichiarato; «Il Piemonte e la Liguria si dovrebbero unificare e sto lavorando perché questo avvenga.» Ancor prima di qualunque dettaglio salta fuori il nome: Limonte. E subito dopo i pareri favorevoli delle categorie che pensano di trarre dalla cosa qualche vantaggio economico e le perplessità di chi si ostina a difendere l’identità dei Liguri. La cosa pareva finita lì. Invece no. All’inizio di luglio a Noli (nella storia Repubblica sempre fedelissima a Genova) si è tenuto un incontro tra la Bresso e il nostro presidente regionale Claudio Burlando durante il quale i termini dell’accordo sono divenuti più precisi. Intanto l’unione tra la Liguria e il Piemonte dovrebbe avvenire sul modello del Trentino Alto Adige, una regione a statuto speciale composta sulla riunione dei due consigli provinciali e presieduta a turno. La macroregione avrebbe un consiglio composto dalle due assemblee regionali, 60 consiglieri del Piemonte e i 40 della Liguria, e le due giunte che si riunirebbero ad hoc per argomenti specifici. D’altra parte, come la stessa Bresso ha sottolineato, non si tratterebbe di una fusione, impossibile nell’attuale quadro normativo italiano, ma di un passo intermedio. Poi gli accordi, questi sì, dotati di efficacia e operatività. In sintesi si è parlato di riduzione delle liste di attesa per gli esami negli ospedali liguri; la possibilità, per chi vive un po’ in Liguria e un po’ in Piemonte di avere due medici di famiglia, uno qui e uno là; l’utilizzo di un’agenzia già operante in Piemonte per le adozioni e gli affidi internazionali, e poi accordi sulla ricerca, sull’istruzione e la formazione professionale, sul turismo. In questo quadro l’aspetto più importante è il primo. Ricordiamo che il Piemonte si è dotato di una società al 70% pubblica, la Amos, che provvede a far funzionare oltre le usuali otto ore gli apparecchi diagnostici, tipicamente le risonanze magnetiche. La Liguria comprerebbe il restante 30% e usufruirebbe delle prestazioni di Amos. Ma anche Amos avrebbe dei vantaggi. La legge Bersani, infatti, impone che le società che lavorano per gli enti pubblici, devono essere completamente pubbliche. Con l’acquisizione del 30% da parte della Regione Liguria Amos diventerà completamente pubblica e potrà continuare a offrire i suoi servizi. Dalle reazioni comparse sulla stampa pare che questo di Amos sia il punto più contestato. Intanto qualche tempo fa una cosa simile era stata fatta dal dott. Ferrando qui al nostro “Villa Scassi”. Una società di nome Ala (abbattimento lista d’attesa) che faceva esattamente quello che fa Amos, ma col personale dello stesso Ospedale. Ala non solo abbatteva le liste d’attesa ma contribuiva ai costi generali e di ammortamento dei macchinari. La cosa è terminata perché con le nuove modalità di finanziamento delle aziende ospedaliere i costi di Ala, che rappresentavano di fatto una partita di giro all’interno dell’Ospedale, non erano più iscrivibili a bilancio. Perché dunque utilizzare una società piemontese e non farne una qui, visto che c’era già e funzionava benissimo (come tutte le cose del “Villa Scassi”)? Ma vi è una critica anche sui costi di Amos. Secondo il sindacato Anaao «nel 2005 una risonanza magnetica costava 50 euro pagati ai radiologi in attività fuori dal normale orario di lavoro, mentre ora la Regione pagherà ad Amos 120 euro per lo stesso esame.» La sensazione che si prova in tutta questa vicenda è che il Piemonte non voglia chiudere Amos e utilizzi l’accordo con la Regione Liguria, sia per regolarizzarsi rispetto alla “Bersani” sia per estendere il suo bacino d’utenza. E il dubbio allora è: ma con Amos, sarà ancora possibile fare gare pubbliche per l’affidamento dei servizi oppure no? Amos diventerà una specie di monopolista nella sanità? E poi i costi? Sono davvero così vantaggiosi? Insomma potrebbe andare a finire come in un film già visto: si parte con una sparata irrealizzabile, il Limonte, per poi scendere terra terra a un accordo che consenta a una società piemontese, con problemi normativi e di mercato, ad espandersi anche sul nostro territorio. Red |
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