La minaccia di morte («ti uccido») l'ha rimediata dal marocchino - B.M., 43 anni - che ha contribuito a far arrestare. La sfiducia, dall'esito del processo per direttissima cui ha partecipato ieri nel tribunale di Albenga dove la sua testimonianza non è stata ascoltata, e l'extracomunitario è stato rimesso in libertà. «È mai possibile - si chiede ora M.G. - che io testimoni per descrivere i fatti, quelli a cui ho assistito da pochi metri, e mi trovi ora minacciato di morte dal ladro e inascoltato dal giudice? È giustizia rimettere in libertà chi ha fatto da palo a un furto, e non proteggere il cittadino, minacciato di morte, che collabora con le forze dell'ordine? La morale del mio caso è forse questa: bisogna chiudere gli occhi per non avere guai? Mi adeguerò. Ma fino a ora pensavo che la collaborazione tra cittadini, forze dell'ordine e istituzioni fosse segno di civiltà, oltre che l'unico modo per combattere il crimine». Parole amare, pronunciate a caldo, dopo un processo che non ha potuto tenere in considerazione le accuse del testimone, quelle che ha rilasciato la sera dell'arresto (lunedì) e avrebbe voluto poter ribadire ieri in aula. Non ha potuto a causa del rito prescelto, l'abbreviato, che ha cancellato la testimonianza e la buona volontà. Così ora, del fatto di lunedì in piazza del Popolo, resta un tentato furto d'auto e una minaccia di morte a carico di chi l'ha sventato. Per tutelarsi, M.G. è andato a denunciare la minaccia subita ai carabinieri. Ma difficilmente girerà per strada tranquillo nelle prossime settimane. La tesi vincente è stata quella dell'avvocato che ha difeso l'extracomunitario, Giancarlo Salomone di Albenga, che in aula ha sostenuto: «Non si può essere palo di un furto da 150 metri di distanza; il mio assistito era troppo distante dal corpo del reato, era dall'altra parte della piazza». E ha concluso: «Ci dev'essere stato un errore di persona». La tesi del legale ha convinto il giudice che ha assolto lo straniero dal concorso in furto condannandolo però a cinque mesi per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale in quanto l'imputato, all'arrivo dei vigili urbani, li ha colpiti con calci e pugni nel tentativo dl ribellarsi all'arresto. «Mi sembra ingiusta anche questa condanna - ha insistito Salomone -. Se non era lui il complice, perché non avrebbe dovuto ribellarsi all'arresto delle forze dell'ordine?». Dario Freccero [ Indietro ] |