Milano. Ufficialmente non esistono. Vivono nell'ombra, sempre sul chi va là
nel timore di essere scoperti. Anche se spesso non hanno nulla da nascondere tranne
e stessi. Sono gli immigrati clandestini, circa trecentomila in Italia secondo
un'indagine svolta dall'Osservatorio di Milano in collaborazione con le comunità
straniere e i centri di volontariato. Gli irregolari che lavorano (circa il 65% del
totale) fanno i manovali, gli sguatteri, gli addetti alle pulizie. O, se sono donne,
le colf. Si tratta di lavori saltuari e in nero, dato che non hanno permesso di
soggiorno.
Vengono soprattutto da Albania ed Est Europa ma anche dalle Americhe (Ecuador, Cile,
Perù), dall'Africa (Senegal, Marocco) e Asia (Pakistan, Filippine). In Italia risiedono
soprattutto a Roma (40mila) e Milano (trentamila). A Genova sarebbero 10-12 mila, con
una prevalenza di nordafricani.
Secondo i dati raccolti, circa il 5% dei clandestini farebbe parte di circuiti
criminali, più o meno pericolosi: dallo spaccio di droga, alla prostituzione, al
contrabbando. Ma ben il 30% evita i guadagni facili e rischiosi del crimine si
arrangia vivendo di espedienti, elemosine, di aiuti di associazioni ed enti pubblici.
Sono circa centomila in Italia e «rappresentano un grave rischio sul piano della
sicurezza - afferma Massimo Todisco dell'Osservatorio - chi vive in queste condizioni
è infatti facilmente ricattabile dalla malavita ».
Otto clandestini hanno raccontato le loro storie ieri a Milano alla presentazione
della ricerca. Storie ai margini, di chi vive nel disagio e ha visto pezzarsi il suo
sogno di riscatto. Spesso traditi anche dalla burocrazia, sono rimasti «sans
papier».
«Quando esco dal metrò e vedo la polizia sono terrorizzato», racconta uno di loro,
Giorgio, 40enne rumeno ex minatore. In Italia dal 98 in cerca di fortuna, viene beccato
un anno dopo ed espluso. Rientra in Italia e adesso lavora come operaio edile: l'azienda
in cui è occupato vorrebbe regolarizzarlo ma l'istanza per ora è stata respinta a
causa dell'alto numero di domande.
L'Osservatorio chiede una prova di solidarietà ai milanesi per Javad, 17 anni, dal
Marocco all'Italia a piedi nel 1996 in 30 giorni. Il maghrebino ha venduto per un
periodo sigarette agli angoli delle strade, ma il lavoro è durato poco. Dieci giorni
fa la sorellina di Javad è morta, ma lui non può tornare a Banimalal. Una soluzione
gli è stata proposta da alcuni connazionali: diventare un "cavallino", un piccolo
corriere di droga, ma il ragazzo ha rifiutato.
Proprio per sanare situazioni come queste parte dal Consiglio regionale lombardo
una proposta per regolarizzare gli immigrati clandestini che hanno un lavoro in nero,
una casa e sono incensurati: a firmarla esponenti di diversi partiti e aree culturali:
tra gli altri l'ex sindaco Carlo Tognoli, Dario Fo, Luigi Pagano (direttore del carcere
di San Vittore), il coordinatore milanese di Forza Italia Fabio Minoli, Nando Dalla
Chiesa, don Mazzi.
N.Pi.
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