Lettere simili a involontarie confessioni partivano dai carceri nei quali
erano ospitati i cinque albanesi e l'ungherese, arrestati nella prima fase
dell'indagine dei carabinieri di Sampierdarena. I militari, prima che i detenuti
se ne accorgessero, hanno potuto così ricostruire, con l'aiuto di interpreti,
le attività della banda albanese dedita allo sfruttamento della prostituzione e
ai furti in negozi e appartamenti. Quando poi la voce, come un tam tam, si è
diffusa tra le celle, le confessioni per lettere si sono interrotte. Dalla
corrispondenza sequestrata sono emersi legami di parentela con emigrati albanesi
in Norvegia, con base a Oslo, e imprese criminali diffuse in un raggio di
cinquecento chilometri. Nelle lettere i detenuti si vantavano delle proprie
attività, confrontando i metodi di scasso di raggiro delle leggi nazionali
sull'immigrazione.
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