Contro l'integrazione musulmana
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Il Secolo XIX Domenica 9 dicembre 2001
Lettere

Di questi tempi, in cui tanti (ma veramente?) auspicano un'"integrazione" tra le varie etnìe presenti nel nostro Paese, vorrei esprimere una mia personale opinione in merito a questo argomento.

Non voglio essere etnicamente "integrato". Chi è terzomondista (più o meno al sud del mondo), lo rimanga. Non condivido la corsa a questa "integrazione" (crocifissi rimossi per un musulmano in classe, permessi per quanto accade in via Jenner a Milano, ormai consacrata a centrale del terrorismo islamico, ecc.). E come il sottoscritto, quanti hanno la stessa idea? Magari hanno paura ad esternarla, ma ce l'hanno. Eccome!

E i nostri "politici"? Perché tanta accondiscendenza, specialmente dalle sinistre? Pensano forse in un futuro di concedere il voto a tutti quelli che (legalmente, ma, in maggior parte, illegalmente) risiedono in Italia?

Comunque, avendo lavorato per oltre quindici anni nei paesi musulmani (Arabia Saudita, Iraq, Iran, Algeria, Qatar, Barhein, Emirati Arabi Uniti), penso di "conoscerli" per quello che sono in realtà.

Gli stessi contro cui l'Occidente ha combattuto per secoli, senza il coraggio di combattere veramente, ma capaci solo di produrre "suicidi"; ma non di prendere un fucile e combattere veramente; e, nei pochi casi in cui l'hanno fatto, la Storia (antica o moderna) parla per loro. Perciò rimaniamo "ognuno sulle proprie posizioni" (come si dice in termini militari). E vedremo quello che il popolo italiano deciderà, di volta in volta, con quelle "elezioni", di cui nella lingua araba non esiste neanche la traduzione.

Qualcuno scrive lettere ai giornali, pregando però di omettere il nome. Io, se pubblicherete questa lettera, vi sarò grato se lo pubblicherete. Se poi "qualcuno" avrà qualcosa da obiettare, e mi verrà a cercare, che venga pure. Armato.

Enos Bracci
Genova

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