zena@francobampi.it
Inderê
il Giornale 11 Febbraio 2010
UNA PERLA DI NICOLÒ BACIGALUPO

Versi arabi... in genovese

Così poetava il commediografo in un volumetto del 1904

Pier Luigi Gardella

Abbiamo sotto mano, grazie alla cortesia dell'amico collezionista Paolo Benvenuto di Sori, un raro ed introvabile volumetto edito nel 1904, contenente una trentina di poesie scritte dal poeta e commediografo genovese Nicolò Bacigalupo. Nato a Genova nel 1837, Bacigalupo lavorò come tesoriere al Comune di Genova, ma dedicò alla lingua genovese tutto il suo tempo libero. La sua opera è in gran parte costituita da poesie e poemetti di contenuto ironico e scherzoso, ma fu anche traduttore nella lingua genovese di opere come «Vert Vert» di Gresset, divenuta il celebre «Pappagallo de moneghe», «L'Eneide» di Virgilio, ed ancora le «Odi ed Epodi» di Orazio. Un altro capolavoro di Bacigalupo, ripreso qualche decennio fa in chiave musicale da Piero Parodi, è il «Canto da rumenta» ode ridanciana e scherzosa ma che nasconde serie considerazioni morali sulla vanità umana.

Grande notorietà, soprattutto postuma, ebbero poi molte sue commedie, magistralmente interpretate dall'indimenticabile Gilberto Govi: valga solo ricordare «I manezzi pe' majâ 'na figgia» dove i semplici intrecci, le caratterizzazioni, le argute battute ne crearono la fortuna.

Il libretto del 1904 fu pubblicato postumo dal suo amico Umberto Villa, pochissimo tempo dopo la scomparsa del poeta e raccoglie una trentina di poesie che già apparvero sulla rivista genovese «Successo» che, diretta dallo stesso Villa, si pubblicava a Genova dal 1889. Le poesie sono per lo più simpatici quadretti che ritraggono i borghi della riviera, ma il libro si apre con una curiosa canzone araba, che a ben leggerla poi si scopre essere in lingua genovese. Questa canzone fu scritta da Bacigalupo nel 1891, in occasione della venuta a Genova di una compagnia di Beduini, che si produsse in spettacoli tenuti sulla spianata del Bisagno. Un padiglione era dedicato alla danza del ventre nella quale si producevano alcune donne arabe e che ispirarono il poeta. Ne riportiamo il testo consigliandone la lettura… in genovese.

El pan's habbal (La pancia balla)

Hokkom habbal hokkom habbal habben
El pan’s hottin del put hannel harab,
Hokkom el messch, hokkom el messch hiren
Colk ùl kappar hun bel sakkon d’Assab.

El pan s’aggir, askitt, askitt habbal
Havasciu ezù kappar nabbal degomm
Can’ d affah el bot e cand happas elfal
Ekke stu pir ellah fah tuht ekom!

Ch’elguste haddà allah! allah! el tamtam
El tamb hurlin elson dehlsci gorel
Hokkom el bahl kefà q’hui tre salam
Hokkom alleh, hokkom alleh mahib hell.

(Nicolò Bacigalupo, 1891)

Ndr: la traduzione

Oh come balla, oh come balla ben / la pancettina della puttanella araba, / oh come muove, oh come muove i reni / col culo che pare un bel saccone d’Assab. // La pancia gira, saltella, saltella, balla / va su e giù che pare una palla di gomma / quando fa il balzo e quando il passo fa / e che stupire ella fa tutti e come! // Che piacere dà allah! allah! il tamtam / il tamburello e il suono dello zufolo / o come il ballo che fa con i tre salamelecchi / oh come è, oh come è mai bella – ovvero quanto è bella.

Inderê