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Corriere della Fontanabuona e del Levante n. 101 dic. 2008 - gen. 2009

La Curia vieta la messa "Zeneize"

Il tappiro d'ardesia a un predicatore del dialetto

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Qualche volta siamo costretti ad uscire un po' dai confini del nostro territorio, per poi rientrarci immediatamente come in questo caso. Fa infatti discutere il diniego dell’arcivescovo Angelo Bagnasco, nel secondo anno consecutivo, per la celebrazione della messa in lingua genovese presso l'Abbazia del Boschetto a Genova. La decisione di assegnare il nostro “Tappiro d'ardesia” va così a Franco Bampi - professore universitario, presidente de “A Compagna”, fondatore del MIL (Movimento Indipendentista Ligure) e soprattutto cultore della lingua genovese - in virtù della tristezza che prova per questa decisione probabilmente basata sulle interpretazioni restrittive e burocratiche delle indicazioni papali.

“In effetti - ci racconta Bampi - il primo anno che si è celebrata la messa Zeneize eravamo in metà di mille, l'ultimo anno con quella tradizionale in poche decine, questi sono dati di fatto”. La celebrazione, ci hanno segnalato molti fedeli, è solenne, molto impegnativa, in quanto dura oltre un'ora, e non è folcloristica “aveste visto la compostezza delle persone. Ci teniamo che le tradizioni siano rispettate e rispettose in tutti i sensi. Inoltre in genovese vi sono solo la lettura dei testi sacri, le intenzioni e l'omelia”.

Anche l’attuale segretario di Stato Vaticano, il Cardinal Tarcisio Bertone, quando era a Genova in qualità di Arcivescovo, si disse molto favorevole all’iniziativa, dispiacendosi addirittura di non saperlo parlare lui stesso. “Questo - continua Bampi - perché il genovese è una lingua in tutto e per tutto. Pur se minoritaria, ricordiamoci che ha radici tanto profonde quanto l'italiano e che prima della Repubblica Italiana esisteva la Repubblica di Genova, questo non per discorsi politici ma puramente storici”. La Chiesa probabilmente ha perso un po’ il contatto con lo spirito territoriale della gente, che pure nei secoli passati l'ha difesa a spada tratta. “Un esempio eccezionale lo abbiamo avuto in Fontanabuona ai tempi dei francesi”. Il popolo dell'entroterra è sempre stato un solido baluardo alla difesa delle tradizioni, del dialetto e della antiche istituzioni: in cima alla loro lista degli “affetti più cari” c'è sempre stata la Chiesa cattolica, e a partire dal 1797 cacciarono i giacobini al grido di “Viva Maria”. Nel 1799 la Val Fontanabuona fu messa a ferro e fuoco dai Francesi, per rappresaglia all’intervento degli abitanti di Cicagna. Case e Santuari furono saccheggiati e incendiati in tutta la valle ma la resistenza degli abitanti portò i francesi a dare l'epiteto a questo territorio di “Fontaine du diable”. Fa ancora più riflettere, e lasciare senza una risposta, il fatto che l'arcivescovo Angelo Bagnasco, strettamente legato proprio alla Fontanabuona in quanto la sorella è ivi residente, non ricordi che il territorio diede tanto alla causa della Chiesa.

Nella pratica poi la Messa in genovese è sempre stata affidata a don Sandro Carbone; lui stesso traduceva in genovese i testi sacri, quindi anche da questo punto di vista non ci sono controindicazioni se è lo stesso Celebratore a verificare che tutto sia a posto. Altro punto: in Sicilia e in Sardegna le messe vengono celebrate nelle lingue locali è non è facile capire perché a Genova ci sia stata una chiusura totale da parte della Curia verso questa iniziativa. Speriamo che l'arcivescovo Bagnasco ci ripensi e cambi idea. Sarebbero delle festività migliori, non tanto per il valore della preghiera che è universale quanto perché abbiamo già tante burocrazie nell'aldiquà che non vorremmo pensare ad un futuro simile anche nell'aldilà.

Giansandro Rosasco
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