O poeta di caroggi
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Soprattutto n. 39
29 settembre - 5 ottobre 2000

Ti guarda dritto negli occhi e per prima cosa ti racconta che persino i suoi sogni sono in genovese. Luigi Cornetto, 77 anni, poeta dei vicoli, è uno di quei personaggi che sembrano usciti da una commedia di Govi o da una canzone di De Andre. Abita nei carrugi, alle spalle del grande porto, e della città conosce ogni segreto, ogni angolo, ogni suggestione. Nei carrugi lo conoscono tutti: i discendenti dei vecchi abitanti e i nuovi arrivati dai paesi africani. Lui si ferma a parlare, ovviamente in genovese, racconta storie di vita vissuta con qualche tocco di fantasia. E naturalmente declama le sue poesie. Famoso, dunque, senza essere mai stato in tv. Adesso prepara la prima raccolta delle sue mille e più poesie, continuando a essere disponibile con tutti.

Sognare in genovese, sembra un po' strano...

lo sono nato e cresciuto con questa lingua: mi viene spontaneo parlare ma anche pensare, riflettere e appunto sognare in 'zeneize'. Non c'è nulla di strano.

Eppure oggi il dialetto si sta perdendo; nelle scuole, nonostante qualche isolato esperimento, viene completamente ignorato. Non si sente fuori dal tempo?

Per niente: la lingua fa parte delle radici, se si perde è come rinunciare a un pezzo di storia. Sarebbe bellissimo che i bambini potessero conoscere il genovese anche a scuola: loro hanno la mente fertile per riuscire a carpirne i segreti e il fascino.

Un discorso che vale solo per la nostra città?

Assolutamente no. Anche gli altri dialetti sono importanti. Il problema è nazionale.

Quanta Genova c'è nelle sue poesie?

Direi che c'è tutta la città degli ultimi cinquant'anni. È la città con le sue emozioni e le sue strade strette che mi ispirano. Ma non occorre scrivere poesie per rendersi conto del fascino di Genova: basta fare due passi a mente libera nei vicoli.

Come è cambiata la città vecchia, il cuore della Superba?

Molte cose sono diverse rispetto a tanti anni fa, quando ho scritto Camixe, la mia prima raccolta dedicata ai vicoli. Se devo essere sincero, oggi la città è forse più elegante, ma meno vera. Ma forse ragiono così solo per questione di età.

Che augurio farebbe alla città?

Riscoprire il proprio passato, le proprie radici e, naturalmente, il genovese.

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