Le Università vanno regionalizzate.
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L'Indipendente Martedì 23 febbraio 1993
Tribuna Aperta

Per ridare prestigio sociale agli Atenei bisogna operare un decentramento amministrativo

Come professore ordinario, con una carriera per ora esclusa dalla contrattazione privata, vorrei esprimerle la mia opinione su alcuni problemi dell'Università italiana.

Ritengo che la questione si debba affrontare stabilendo dapprima quale ruolo intendiamo affidare alle ''Università''. Infatti molti dei miti relativi al miglioramento o al consolidamento della posizione sociale dei laureato sono crollati: la funzione storica dell'Università, ossia quella di ricreare i quadri dirigenti, è stata di fatto travolta dall'affluenza dei giovani agli studi universitari, affluenza che ha contribuito a generare il fenomeno della disoccupazione intellettuale.

Nella confusione che da decenni turba la legiferazione parlamentare, a seguito dei moti studenteschi del 1968, si procedette con una ambigua riforma normativa che sfociò nega legge 382/80, successivamente modificata per soddisfare sia spinte corporative sia, purtroppo, minuscole esigenze contingenti. La legge 382/80 è un compromesso che fu accettato dalle parti solo perché in essa ognuno poteva leggere ciò che voleva.

E fu così che, anche grazie a una precedente legislazione regia mai abrogata, i docenti si sono dovuti ingegnare per adattarsi alle mutate condizioni dell'Università cercando, i più diligenti, di essere in regola con la legge senza arrecare eccessivi disagi agli studenti. Ma la confusione resta. Due fasce (parola inventata ad hoc) di docenza di fatto indistinte nei compiti, strutture, come Facoltà e Dipartimenti, con competenze conflittuali, dilazioni infinite nei concorsi, tensioni corporative e ora, con la proposta di privatizzazione, un possibile ripristino di una baronia selvaggia e priva di ogni buon gusto; e io sarei, mio malgrado, annoverato tra i nuovi baroni! Ma non bisogna dimenticare che gli associati, e anch'io quando lo divenni, furono nominati in seguito a un giudizio di idoneità ad personam fallito solo da chi aveva inopinatamente pestato i piedi al suo futuro giudice. Con la legge 168/89 è stato istituito il Murst al quale è stato anche affidato "il compito di promuovere, attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, la ricerca scientifica" (art. 1). Nonostante ciò, ancora continua a esistere il consiglio nazionale delle ricerche che, oltre a suscitare scandali per le nomine, nella sua funzione è essenzialmente un duplicato dell'Università, "occupato" dai professori universitari in cerca di cariche e di spazi di potere accademico. Inoltre, poiché il Cnr contribuisce anche a finanziare la ricerca svolta presso le Università, è chiaro che ogni tentativo di razionalizzare e controllare le spese per la ricerca è destinato ad arenarsi, come si è di fatto arenata la cosiddetta "anagrafe nazionale delle ricerche", istituita dall'art. 63 della legge 382/80 "al fine di evitare ogni superflua duplicazione e sovrapposizione di strutture e di finanziamenti".

Si potrebbe proseguire parlando della Facoltà di Medicina, potentissima sebbene con pochi studenti, oppure citando la cervellotica distinzione tra tempo pieno, che vieta l'attività professionale, e tempo definito, che la consente. Ma forse dà che la legislazione davvero consente è l'aberrazione secondo cui un professore può fare consulenza privata all'Ateneo al quale appartiene. E così via.

Quali rimedi allora? Non quello formulato gratis da Alberoni sul Corriere della Sera: "Ogni Università, tanto per cominciare, sia obbligata ad autofinanziarsi", rimedio così generico da essere probabilmente peggiore dei male. A mio avviso il problema "Università" è essenzialmente un problema normativo e amministrativo: di certo è importante arrivare a un reale decentramento amministrativo delle Università, a una "regionalizzazione", come sollecita il senatore Miglio. Ma ancor più importante è definire il ruolo sociale dell'Università, definizione sepolta nell'art. 1 del Testo Unico delle leggi sull'istruzione superiore, approvato con regio decreto il 31 agosto 1933, n. 1592, e stabilire forme più moderne ed efficienti per la gestione degli Atenei. Ma questo lo può fare solo un'altra classe politica, sorda ai solleciti corporativi dei professori o agli interessi dei soliti noti.

Franco Bampi


Articolo 1 del Testo Unico delle leggi sull'Istruzione Superiore, approvato con Regio Decreto, 31 agosto 1933, n. 1592.

     L'istruzione superiore ha per fine di promuovere il progresso della scienza e di fornire la cultura scientifica necessaria per l'esercizio degli uffici e delle professioni.
     Essa è impartita, ai fini e agli effetti previsti dal presente T.U.:

  1. nelle Università e negli Istituti superiori governativi;
  2. nelle Università e negli Istituti superiori liberi.

Le Università e gli Istituti hanno personalità giuridica ed autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, nei limiti stabiliti dal presente T.U. e sotto la vigilanza dello Stato esercitata dal Ministero della pubblica istruzione.