Finalmente! Apprezzo, con in cuore una flebile speranza, l’iniziativa de
“Il Lavoro” di porre la questione del perché Genova sembri destinata a
distruggere la memoria della sua storia gloriosa e di come porvi rimedio.
Io la penso così.
Le cause. Il fiero popolo genovese troppo soffrì per l’indipendenza
perduta nel 1815 a seguito delle decisioni del Congresso di Vienna. La nobiltà
genovese, che il Re di Sardegna dovette riconoscere al pari della propria, si
cristallizzò e perse ogni dinamismo. Solo il valore dello statista Cavour, al
servizio di un re che definì i Genovesi "vile e infetta razza di canaglie",
consentì di rinviare per quasi due secoli il tracollo di Genova cui noi
tutti oggi assistiamo, tracollo che avviene anche con
l’ineffabile complicità delle vicende tremende della seconda guerra mondiale e
delle sue conseguenze. Il sessantotto ha minato i valori tradizionali:
si è perso quel timore riverenziale che consente di ammirare oggi ciò che i
nostri predecessori ci hanno consegnato. Così si imbratta Palazzo Ducale per protesta.
La televisione livella pericolosamente le culture come
autorevolmente segnala Karl Popper, il filosofo austriaco che è tra i più grandi
pensatori del nostro secolo. Infine, e da qui i danni maggiori, una classe
politica che bada più a conservare le sedie su cui è seduta e a compiacere i
propri potenti padrini che a fare qualcosa per i cittadini.
E per fare ciò il piano di guerra consiste proprio nella
sistematica demolizione della memoria storica della città. Quanti sanno che il
veneziano Marco Polo dettò il suo libro "Il Milione" rinchiuso nelle celle del
Palazzo che sarà detto San Giorgio? O che le catene di Porto Pisano, dopo la
vittoria definitiva su Pisa alla Meloria nel 1284, sono state appese per secoli a
Porta Soprana?
Genova violentata. Superficialità e disinteresse di chi ci governa, primo
fra tutti il responsabile all’urbanistica assessore Gabrielli, portano
allo sfascio: segnalo, a mo’ di esempi, l’inerzia colpevole per non
aver salvato Piazza delle Erbe dalla cementificazione; la sorniona
accondiscendenza a speculazioni errate e dannose come la
costruzione di palazzi residenziali alla Fiumara, area naturalmente
destinata ad attività portuali; il silenzio colpevole sugli scempi
attorno alla Lanterna, dove resiste una centrale Enel inquinante;
l’assistere attivo (sono già stanziati 250 milioni!) allo
stravolgimento della minuscola Piazza Modena a San Pier d’Arena dove
verranno piantate sei palme per impedire di vedere il recentemente
restaurato Teatro Modena, gioiello dell’ottocento. E a questo va
aggiunta e non sottovalutata la toponomastica (i nomi delle strade) che si
sta riducendo a targhe cimiteriali di morti recenti, di persone o vittime
spesso avulse dal contesto cittadino: valga per tutti
l’intitolazione, fortemente voluta dal sindaco Sansa, di un’area del porto antico col
nome “Calata Borsellino e Falcone”, caduti per vile mano mafiosa, ma
estranei alla città e alla sua cultura.
I rimedi. Il più semplice sarebbe quello che i cittadini scegliessero
come loro governanti persone che amano Genova, pronte a rischiare in proprio
per far progredire Genova, che non devono rispondere ai
partiti che li hanno proposti ma solo agli elettori, che non ricoprano le
cariche elettive per mero prestigio, in attesa di ritorni professionali, una
volta che tali cariche non occuperanno più. Perché i cittadini possano
scegliere e discernere è indispensabile che si attivino il massimo numero di
iniziative sociali, culturali e, perché no, politiche che valorizzino la città,
la sua storia, il suo prestigio, i suoi tesori, troppo nascosti anche per i
genovesi.
Spero che tanti scrivano e siano ospitati da "Il Lavoro"
e spero che "Il Lavoro" voglia essere, come già lo fu, un baluardo per la
difesa di Genova, ma soprattutto per il suo rilancio. Che la Storia Patria sia
di stimolo per un nuovo progresso di Genova!
Prof. Franco Bampi
Responsabile Centro Storico
Forza Italia
Genova, 12 maggio 1999
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