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Due profezie di San Giovanni Bosco contro i Savoia

[ prima profezia ] [ seconda profezia ]

Nel 1855 quando, regnando Vittorio Emanuele II, venne approvata la legge Rattazzi che comportò la soppressione degli ordini religiosi, Don Bosco fece due profezie su Casa Savoia.

Quanto riporto qui sotto è tratto dalla pagina Don Bosco e la persecuzione risorgimentale di Gianpaolo Barra.

Sullo stesso tema è intervenuto anche Don Germano Corona.

San Giovanni Bosco

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Nel dicembre del 1854, mentre in Parlamento era in discussione la legge per la soppressione degli Ordini religiosi e l'incameramento dei loro beni, Don Bosco fa un sogno destinato a scatenare un vero terremoto nella famiglia reale. Un sogno così importante che don Bosco sente la necessità di informare immediatamente il Re. Invia una lettera al Re con la quale lo informa di aver sognato un bambino che gli affidava un messaggio. Il messaggio diceva: "Una grande notizia! Annuncia: gran funerale a corte".

Alcuni giorni dopo, don Bosco invia un'altra lettera, visto l'atteggiamento non certo incoraggiante del Re dopo il primo avvertimento. Un altro sogno e di nuovo quel bambino che diceva: "Annunzia: non gran funerale a corte, ma grandi funerali a corte". E don Bosco invitava espressamente il Re a schivare i castighi di Dio, cosa possibile solo impedendo a qualunque costo l'approvazione di quella legge.

Il Re, per la verità mal consigliato, non presta ascolto. E quanto aveva previsto don Bosco comincia inesorabilmente ad avverarsi. Il 5 gennaio l855, mentre il disegno di legge è presentato ad uno dei rami del Parlamento, si diffonde la notizia di una improvvisa malattia che ha colpito Maria Teresa, la madre del Re Vittorio Emanuele II. E sette giorni dopo, a soli 54 anni di età, dunque ancor giovane, la Regina madre muore. I funerali sono previsti per il giorno 16 gennaio. Mentre sta tornando dal funerale, la moglie di Vittorio Emanuele II, Maria Adelaide, che ha partorito da appena otto giorni, subisce un improvviso e gravissimo attacco di metro-gastroenterite.

Proprio quel giorno il Re riceve un'altra lettera di don Bosco, una lettera chiara. Ecco ciò che vi era scritto: "Persona illuminata ab alto [cioè dall'alto] ha detto: Apri l'occhio: è già morto uno. Se la legge passa, accadranno gravi disgrazie nella tua famiglia. Questo non è che il preludio dei mali. Erunt mala super mala in domo tua [saranno mali su mali in casa tua]. Se non recedi, aprirai un abisso che non potrai scandagliare".

Quattro giorni dopo quest'ultima lettera, la giovane moglie del Re, la regina Maria Adelaide, a soli 33 anni, muore. Era il 20 gennaio l855. Non è finita. Quella stessa sera del 20 gennaio, il fratello del Re, Ferdinando, duca di Genova, riceve il sacramento dei morenti e muore l'11 febbraio. Aveva anche lui, come la Regina, solo 33 anni.

Nonostante questi avvertimenti, nonostante l'avverarsi di tutte le previsioni di don Bosco, il Re non si muove. La legge viene approvata il 2 marzo, con 117 voti a favore contro 36. In maggio la legge passa al Senato per la definitiva approvazione. Ma il giorno 17, a un passo dall'approvazione, si verifica una nuova sconcertante morte nella famiglia reale: muore il piccolo Vittorio Emanuele Leopoldo, il figlio più giovane del Re.

Epilogo. Il Re firmò e con quella legge ben 334 case religiose venivano soppresse per un totale di 5456 religiosi (cfr. Renato Cirelli, La Questione romana, Mimep-Docete, p. 31). Era il 29 maggio del 1855. Da Roma arrivo la "scomunica maggiore" (che può essere annullata solo dal Papa) per tutti "gli autori, i fautori, gli esecutori della legge". La scomunica andava a colpire un Re che si diceva cattolico. Pio IX, nonostante le offese, le umiliazioni e le persecuzioni subite personalmente e dalla Chiesa di cui Lui era pastore, nel 1859, su richiesta di Vittorio Emanuele, accorderà il perdono pieno e senza condizioni al Re. Fatto, questo, che ci fa comprendere la grandezza di un Pontefice che la storiografia ha purtroppo denigrato.

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Sempre intorno a questa legge, Messori ci ricorda, nel suo bel libro "Pensare la storia" un altro fatto straordinario, che riguarda ancora don Bosco.

 
I "magnifici" quattro  

Nel 1855, in piena lotta della Chiesa contro la legge Rattazzi, don Bosco pubblica un opuscolo. Dapprima, il governo liberale piemontese ne decide il sequestro, che poi non viene eseguito per paura di fare pubblicità al prete di Valdocco. In quell'opuscolo don Bosco ammoniva Vittorio Emanuele II, rifacendosi a qualcuno dei suoi sogni e alle sue abituali e straordinarie intuizioni, perchè non firmasse quella legge. Scriveva testualmente don Bosco: "la famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione".

Un avvertimento grave e inquietante, ma pur sempre una profezia che oggi è facilmente verificabile, solo facendo un po' di conti.

Vittorio Emanuele II muore a soli 58 anni, a quanto pare di malaria, cioè di quella febbre presa proprio a Roma dove i suoi bersaglieri erano entrati otto anni prima. Il suo primo successore, Umberto I muore 56enne a Monza, sotto i colpi di pistola dell'anarchico Bresci. Il secondo successore, Vittorio Emanuele III, scappa di notte, di nascosto, dal Quirinale, l'8 settembre del 1943 e tre anni dopo sarà costretto ad abdicare. Il terzo successore, Umberto II, fu un re "provvisorio", per meno di un mese e, perduto il referendum popolare, deve accettare un esilio senza ritorno.

Come si vede facilmente, alla quarta successione, alla "quarta generazione" come scriveva don Bosco, i Savoia non sono giunti.

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