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Amici di Don Orione
Mensile del Piccolo Cottolengo di Don Orione - Genova
Anno XLV - N. 5
Maggio 2006
Ladri di polli
(seduto sulla riva del fiume... aspetta...)
Indubbiamente c'è una gran scalmana in questi giorni! Tra freddure, magliette e raffiche
di mitra c'è da stare allegri. Questi fatti mi hanno ricordato una pagina della storia
del nostro risorgimento parallela a quella ufficiale. La pagina racconta i rapporti di
Don Bosco con la casa Savoia. Il Lemoyne, primo biografo del Santo, ne parla con dovizia
di particolari che difficilmente te li scordi. Il governo piemontese per finanziare la
manovra dell'unità d'Italia, sopprime quasi tutti gli enti religiosi, ne incamera i beni
e caccia i frati e suore dai conventi; i vescovi e i monsignori in esilio. I beni dei
numerosi conti, visconti, duchi, marchesi, baroni, principi, grand commis non furono
neppure sfiorati.
Don Bosco manda una lettera a Vittorio Emanuele II dicendo di aver avuto un sogno nel
quale gli era apparso un messaggero a cavallo che gridava: "Gran funerale a corte". Una
settimana dopo ne invia una seconda con la notizia di un sogno simile al primo. Il messaggero
stavolta non diceva più: "Gran funerale - ma - grandi funerali a corte". Si stava votando
alla Camera appunto la soppressione degli ordini religiosi. Il Re fa le sue rimostranze al
Santo per quelle notizie, come fosse un menagramo, però dà più retta a Camillo Benso Conte
di Cavour.
Non sono qui a voler vederci ad ogni costo un nesso tra causa ed effetto, ma sta di fatto
che il 12 gennaio 1855 muore, a 54 anni, M. Teresa, regina madre, otto giorni dopo, a 33
anni, muore M. Adelaide, regina e moglie del Re, 1'11 febbraio 1855 tocca al duca di Genova
Ferdinando, unico fratello del Re, di anni ne ha 33. Il 2 marzo viene approvata la legge
dell'incameramento dei beni ecclesiastici; il 17 maggio muore Leopoldo, l'ultimo figlio
del Re: soltanto 4 mesi. A Genova hanno eretto in piazza Corvetto un monumento al Padre
della patria: te lo vediamo tutto giulivo porgere la feluca all'amico Mazzini: Non aveva
davvero molti motivi per essere allegro.
E non è finita.
Dopo i danni anche le beffe: Cavour domanda alla Chiesa di unirsi alle feste per
l'unità il 2 giugno. Ebbe ovviamente un rifiuto. Per ripicca il Conte ordinò che nessuna
autorità partecipasse alla processione del Corpus Domini. Cosa inaudita per Torino. Il
29 maggio, vigilia della solennità, Cavour si mette a letto. Il 2 giugno, mentre per le
vie si impazza, egli si aggravò e morì il giorno 6, anniversario del miracolo eucaristico
avvenuto in città nel 1453.
Don Bosco diceva: "La famiglia di chi ruba a Dio non giunge alla quarta generazione".
Vittorio Emanuele Il morì di malaria a 58 anni; suo figlio Umberto I morì assassinato a
56 anni; Vittorio Emanuele III passò la vita tra una guerra e l'altra per finire ostaggio
del fascismo per oltre vent'anni. Morirà esule in Egitto, dopo essere scappato dal
Quirinale; Umberto II, il famoso re di Maggio, ebbe il benservito dal referendum. Quattro
generazioni e... stop!
Coincidenze, coincidenze! A me però fa paura Quello là seduto sulla sponda del fiume.
Aspetta, tanto del tempo ce n'ha quanto ne vuole.
Oggi, in virtù della libertà di parola e di espressione, passa tutto, si dileggia
tutto. Non solo: ci si aureola come spiriti liberi, acculturati, spocchiosi. Non c'è un
giornale che non abbia il suo vignettista che fa la cosa più scema di questo mondo: trovare
il lato ridicolo delle persone. È uno sport facile, basta un po' di tirocinio. Il tema più
abusato è quello religioso. Anche la bestemmia è manifestazione di cultura. Ce lo assicura
qualche pretore. Le cose nelle quali credono molte persone sono derise. Ma anche fosse un
solo credente, perché deve essere preso in mezzo?
Ricorro ancora al mio amico Guareschi. Racconta di uno che spiana la pistola contro Don
Camillo ingiungendogli di ordinare a quel tipo che egli aveva assassinato di non turbargli
più il sonno. Il prete gli dice che era subentrata l'amnistia e, quindi, aveva dalla sua
parte la legge e doveva starsene tranquillo. Ma quello va in escandescenze: la coscienza
è una cosa e le leggi un'altra. Tira il grilletto che, per fortuna, fa cilecca. ladri di
polli! Crediamo di poter fare e disfare a piacimento, piegare leggi, interpretazioni,
usanze e costumi ai nostri sfizi, troviamo pure chi ci da ragione. Neppure sentiamo la
necessità di assolverci, magari da soli, perché vorrebbe dire ammettere una colpa. Ma,
per carità, noi siamo integerrimi benefattori incompresi. Spiantati ladri di polli siamo!
Anzi, pennuti noi stessi siamo, come quelli appesi ai ganci delle pollerie.
G.C.
[ Don Germano Corona, Direttore ]
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