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La fiera di Sant'Agata
Marzari nostalgico: l'antica
"Sant'Agata"
la Repubblica
Domenica 3 febbraio 2008
Sant'Agata, che festa
un rito propiziatorio
Tradizione in Val Bisagno:
dove erano gli orti le bancarelle della modernità
San Fruttuoso celebra
la ricorrenza con una
rassegna ormai sempre
meno tipica comunque
apprezzata e affollata |
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Era nota per le piante e
i banchi di robivecchi
oggi i 518 espositori
propongono griffe e
qualche curiosità |
MONICA CORBELLINI
POCO importa se le fiere tutte si somigliano, se i grandi affari soffrono la
concorrenza dei saldi stagionali, se nei centri commerciali si può trovare anche di
più in qualunque stagione dell'anno: la Fiera, quando arriva S. Agata, è un immancabile
rito. Ci si può scommettere: oggi,a dispetto della pioggia, il quartiere di S.
Fruttuoso sarà preso d'assalto, perché alla fine a vincere sono sempre la tradizione
e 1a voglia di confondersi, o sentirsi appartenere, a una variegata umanità. Sarà una
lunga giornata a farsi il largo tra la folla per ammirare i venditori-giocolieri di
piatti in porcellana, gli artigiani del legno testimoni di un'attività in estinzione;
sperando che la nuova grattugia-tritaverdure-multifunzione che si andrà a comprare,
convinti dalla ineffabile dialettica del venditore, sia davvero migliore di quella
acquistata l'anno scorso, e andando gomito gomito annusando profumi di porchetta arrosto
o l'affare vero tra cineserie varie, anch'esse autentiche.
L'origine della fiera è legata ai riti antichi di fine inverno, e prende il nome dal
convento di S. Agata (in via De Paoli) un tempo fuori dalle mura cittadine sulle rive
del Bisagno, là dove sorgevano gli orti che rifornivano di prodotti freschi la città.
Da qui deriva probabilmente la presenza di una vasta area, all'interno della fiera
nella parte lungo il Bisagno (piazza Manzoni), riservata ai venditori di piante, in
special modo da frutto. Acquistare un arbusto per avere i lamponi sul terrazzo, un
alberello di limoni per il giardino o tralci di uva da vino a Sant'Agata è uno dei riti
tradizionali dei genovesi, profondamente affezionati a questa fiera che ancora oggi
conserva il significato propiziatorio alla primavera.
L'evento è soprattutto locale, anche se gli espositori (quest'anno 518) vengono da
più parti d'Italia. Fino agli anni Sessanta la fiera durava tre giorni, attesa per i
banchi di rigattieri-robivecchi (vi si poteva trovare tutto quanto mancava in casa,
dal piccolo oggetto al pezzo di ricambio) ma ormai il proliferare di mercati e
mercatini antiquari specifici ha fatto sparire quasi del tutto le bancarelle dell'usato.
Alla fiera oggi si va per acquistare capi firmati provenienti dagli stock, biancheria
per la casa, prodotti alimentari tipici. E frivolezze. Animati dalla curiosità e dalla
speranza di incontrare un pizzico di originalità: come la lettura della mano al computer,
l'alpenstock artigianale il formaggio piccante ribattezzato «viagra sardo», e così
via.
Ci si arriva col bus, a piedi comodamente scendendo da corso Gastaldi per il ponte
di Terralba, o dall'incrocio tra corso Sardegna e via Giacometti. Gambe in spalla,
e pedalare.
ieri e oggi
QUARTIERE IN FESTA
Al centro una delle ultime edizioni della Fiera di Sant'Agata. Accanto due immagini storiche
della zona di piazza Terralba: dove oggi è lo scalo merci, le tende indiane del circo di Buffalo Bill
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