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1° guerra savoina tratta da Donaver

I principi di Casa Savoia ampliando i loro stati al di là e al di qua delle Alpi mediante matrimoni, guerre, e trattati, fin dal XV secolo disegnarono di impadronirsi di Genova che avrebbe fornito loro il modo di aspirare a più vasto dominio. Ma gli accordi pattuiti prima nel 1449 dal duca Lodovico con Raffaele Adorno pei quali il primo si obbligava ad aiutare il secondo a cacciare da Genova Lodovico Fregoso, ricevendone in cambio certa ingerenza nel governo della repubblica e prestanza di galere e balestrieri, e gli altri, concordati nel 1452, pei quali Genova avrebbe dovuto passare alla dipendenza di quel duca, per più ragioni non poterono avere alcun effetto. Ond'è che per allora e quindi per tutto il XVI secolo non vedemmo alcun atto di ostilità tra Savoia e Genova; ma tali ostilità scoppiarono per la prima volta nel 1625 a proposito della piccola terra di Zuccarello su cui Genova vantava dei diritti, stata acquistata dal duca Carlo Emanuele I due anni prima dall'imperatore.

Stretta alleanza colla Francia, Carlo Emanuele che carezzava il disegno di cacciare gli spagnuoli d'Italia e costituire la repubblica con 14000 fanti e 2500 cavalli propri, spalleggiato da un grosso esercito francese sotto il comando del connestabile di Lesdiguières e del maresciallo di Crequi.

La repubblica era preparata a difendersi contro il solo duca di Savoia, ma non poteva certo resistere ai due alleati; per cui costoro in breve occuparono Novi, Voltaggio e Gavi e s'avviarono ad impadronirsi senz'altro di Genova stessa. Di che erano così securi che si accordarono innanzi sul possesso di questa città; ma l'arrivo di una squadra di settanta galere spagnuole nel porto di Genova mandò a vuoto i loro piani, ché il Lesdiguières, seguendo le istruzioni del suo re, non volle compromettere le armi francesi in un assalto che poteva non riuscire per la strenua resistenza dei cittadini e per l'aiuto della flotta di Spagna, e, a gran dispiacere del Duca di Savoia, si ritirò.

I Genovesi allora, mediante aiuti giunti loro da Milano, ripresero le terre state prima occupate dai nemici, e quando Carlo Emanuele accorse a riconquistarle fu costretto alla fuga abbandonando nelle mani dei Genovesi i suoi cannoni.

Visto che colla forza non gli riusciva impadronirsi di Genova, il duca di Savoia s'intese con Claudio de Marini, stato esiliato dalla repubblica nel 1607 ed entrato a servizî di Francia viveva in Torino quale ambasciatore di quel re, per trovar modo di averla per sorpresa. Claudio intavolò pratiche con un suo congiunto, Vincenzo de Marini ch'era direttore delle poste in Genova, il quale acconsenti di prestarsi a favorire i disegni del duca; ma la trama fu scoperta e Vincenzo lasciò il capo sul patibolo; Claudio fu condannato per alto tradimento, la sua testa fu posta a prezzo e distrutta la casa che aveva nella piazza dei Salvaghi in Genova al cui luogo fu eretta la chiesa di S. Bernardo.

Il re di Francia protestò contro la sentenza che colpiva il suo ambasciatore in Torino, stabilì un premio di 60 mila lire a chiunque uccidesse uno dei giudici che aveva condannato il De Marini e ordinò l'arresto di quanti genovesi si trovassero nel regno e il sequestro dei loro beni. Ma la pace di Monçon firmata il 5 maggio del 1626 giunse in buon punto a far cessare un conflitto che avrebbe potuto riuscire funesto alla repubblica.

Un articolo di quel trattato di pace invitava il duca di Savoia e la repubblica di Genova a rimettere ad un arbitrato le loro differenze; ma l'arbitrato non poté aver luogo, perché il duca voleva che arbitro fosse Claudio De Marini, che Genova non poteva riconoscere, e pretendeva che anzitutto i Genovesi gli restituissero quanto gli avevano preso nella guerra.

Scoppiata la lotta per la successione del duca di Mantova, Carlo Emanuele si alleò a Spagna, ma segretamente negoziava l'alleanza con Francia se gli permetteva di occupare Genova; però tergiversando egli tra Francia e Spagna nulla concluse, e nuovamente, per mezzo d'una congiura [la congiura del Vachero, ndr], tentò di riuscire allo scopo desiderato.

tratto da  Federico Donaver, Storia di Genova,
Nuova Editrice Genovese, Genova, 1990

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