[ Indietro ] 2° guerra savoina tratta da DonaverCarlo Emanuele visto ch'era fallito il disegno d'impadronirsi della repubblica col tradimento, gettata la visiera, mosse le sue truppe all'aperta guerra. Stavano le soldatesche piemontesi per avanzarsi su Savona quando addì 25 giugno il Simiane, che le capitanava in assenza del Catalano, fu avvertito che la congiura di Della Torre era stata scoperta. Egli proseguì egualmente la sua marcia e giunse in vista di Cà di Bona e della Ferriera, ordinando la sua truppa in battaglia; ma non tardò ad avvedersi che i soldati della repubblica (copio dal La Marmora) stavano schierati a contendergli il passo, occupando specialmente la torre di Bona, primo posto dei genovesi, presidiato da 100 corsi. Vedendo sventato il suo progetto di sorpresa, non giudicò il marchese di proseguire più oltre il suo cammino e fece rivolgere di bel nuovo il passo alla sua gente verso Saliceto, senza né meno che i soldati ascoltassero la messa, essendo giorno di domenica. Recatesi quindi le truppe verso l'Ormea, occuparono il ponte della Nava e s'impadronirono della Pieve dov'era scarso presidio, movendo poi l'esercito, diviso in due schiere, per Albenga e Porto Maurizio. In Genova fu allora mirabile l'unione dei cittadini nella difesa della patria. Il doge Alessandro Grimaldo, abilissimo nelle cose della guerra, quattro senatori e quattro membri del Minor Consiglio furono delegati a provvedere alla difesa, e con pertinaccia si addimostrarono degni della fiducia in loro riposta. Nobili, mercanti, monasteri e conventi, le stesse gentildonne offersero denari e gioie, per far fronte al nemico. Furono mandate tutte le galere a difesa delle terre marittime sulla riviera di Ponente, mentre un esercito abbastanza numeroso era ordinato per terra contro quello del duca. Questo ricevuto un rinforzo sotto il comando di Gabriele di Savoia, che assunse la direzione suprema della spedizione, s'impadronì di Castelvecchio; ma i genovesi l'assalirono e fecero più di 1500 prigionieri, fra cui il marchese di Parella, il conte di Castellamont, generale d'artiglieria e circa 40 altri ufficiali e un grosso bottino. Assediata quindi Oneglia, la presero con tutta la vallata facendo 800 prigionieri, e pigliando 6 bandiere di Savoia e 21 tamburi oltre tutte le artiglierie. Alla notizia di queste vittorie, le potenze si commossero. Il papa e il re di Spagna vollero intervenire a far cessare le ostilità; ma Luigi XIV l'orgoglioso e prepotente monarca francese fece prevalere la sua mediazione, inviando nove vascelli nel mare ligustico e imponendo che a lui i contendenti rimettessero l'arbitrato, e intanto sottoscrivessero una sospensione d'armi. II signor di Gaumont fu inviato dal re di Francia a partecipare quelle intenzioni alle parti belligeranti. Il duca di Savoia pretese innanzi tutto gli fosse restituita Oneglia, che i genovesi rifiutarono, malgrado l'invito del Gaumont. Allora quegli s'impadronì di Ovada e poscia colla forza entrò in Oneglia protetto per mare dalla flotta francese. Protestarono i genovesi; ma il Gaumont li fece avvertiti che se si opponevano sarebbero caduti in disgrazia del suo Re, e quindi dovettero piegare. Sottoscritta la sospensione d'armi, il 18 ennaio 1673 l'inviato francese pronunciò il lodo e la pace fu conclusa. tratto da Federico Donaver, Storia di Genova, [ Indietro ] |