[ Indietro ] La congiura di Raffaele Della TorreLa stessa situazione (verificatasi con Vittorio Amedeo, ndr) si ripeté con Carlo Emanuele II, che, riprendendo le aspirazioni del padre e dell'avo, mirava ad ampliare i possessi sulla Riviera e in particolare su Savona, sempre più o meno copertamente ostile alla Dominante. Gli fornivano pretesto il malcontento di taluno nella microscopica Repubblica di Noli, cui pareva troppo pesante la protezione della Repubblica maggiore, le perpetue contese tra le popolazioni di confine per invasioni di terre e abusi di pascoli, soprattutto il desiderio di impadronirsi di Pornassio, che, tagliando la via tra Oneglia e il Piemonte, impediva la importazione diretta del sale, costretto alla via più lunga e costosa da Nizza per il colle di Tenda. Mentre una delle solite contese di confine era sottomessa al giudizio di un rappresentante di Luigi XIV, ormai atteggiantesi ad arbitro anche nelle minori questioni della politica europea, arrivava a Torino Raffaele Della Torre, nipote dell'omonimo giurista, che, datosi alla pirateria per le necessità di una vita sregolata, era stato condannato, in contumacia, alla forca e alla confisca dei beni. Vantando grandi aderenze e largo seguito di malcontenti pronti ad insorgere, egli poté mettersi in contatto col Duca e ordire uno dei soliti piani per impadronirsi della città e mutarne il governo, mentre il Duca avrebbe occupato Savona. A Genova, dichiarava Carlo Emanuele nelle sue Memorie, non aspirava, voleva soltanto «disgravare li oppressi e sollevarli a abbattere la tirannide delli oppressori», perché «la tirannia delle repubbliche quando li uni predominano alli altri e particolarmente li nobili alli plebei si rende insopportabile». Naturalmente non è possibile dire che cosa sarebbe poi accaduto se la congiura non fosse stata scoperta ed egli costretto a ritirare le truppe che già erano raccolte per muovere su Savona. tratto da Vito Vitale, Breviario della Storia
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