[ Indietro ] La congiura del Vachero raccontata da Federico DonaverViveva in Torino nelle grazie di Carlo Emanuele certo Giovanni Antonio Ansaldo figlio di un oste di Voltri, divenuto mercante ed ora innalzato alla dignità di Conte; uomo scialacquatore e vizioso, il quale venne incaricato dal duca di trovargli partigiani in Genova che gli dessero in suo potere la città. L'Ansaldo recatosi in Genova s'abboccò con taluni ricchi borghesi, facinorosi ambiziosi di nobiltà, tra quali principalissimo Giulio Cesare Vacchero nato in Sospello in quel di Nizza, di padre malvagio, il quale nella sua giovinezza era stato relegato in Corsica per reati commessi, e un giovane Fornari, vano ed impetuoso che si credeva invidiato dai nobili per le ricchezze che aveva e a sua volta li odiava per non essere loro pari, e il medico Martignone, e si tennero conciliaboli in casa del Vacchero, nei quali l'Ansaldo prometteva larghi aiuti del duca di Savoia, di cui si spacciava incaricato d'affari. Il Vacchero insieme all'Ansaldo si condusse segretamente in Torino a concretare gli accordi col duca, e questi gli fornì denari per assoldare qualche centinaio di soldati, coi quali impadronirsi del palazzo ducale, gli promise che al primo avviso, suo figlio sarebbe accorso alle porte di Genova colla cavalleria, e intanto gli consegnò i diplomi di colonnello per lui e pel Fornari. Tornato in città il Vacchero, cogli altri congiurati cominciò l'assoldamento di quanti individui poté, scegliendo i capitani fra coloro che più erano abili nelle armi, e già era fissato il giorno e le modalità della rivolta, quando uno dei congiurati, Gianfrancesco Rodino, recatosi dal doge Gian Luigi Chiavari, dietro una cospicua somma di denaro, tutto gli rivelò. Radunati prestamente i Collegi, furono colpiti da stupore a tanta audacia, e non avendo il coraggio di assalire la casa del Vacchero ove stavano radunati i congiurati in arme, il doge diede ordine al bargello di arrestare il Vacchero senza dirgliene il motivo. Il bargello meravigliato di ricevere un tal ordine, essendo il Vacchero conosciutissimo in tutta la città, ne fece parola con due amici incontrati per via, i quali, essendo due dei capitani assoldati, subito ne fecero avvertiti il Vacchero e gli altri che rapidamente fuggirono alla campagna. Però le perquisizioni eseguite in sua casa fornirono numerose prove della congiura, per cui inseguiti i fuggitivi molti caddero nelle mani della giustizia. Il Vacchero s'era ricoverato in una villa solitaria insieme ad un complice volgare; ma poiché il governo offriva un premio a chi glielo consegnava, un tale rivelò dove egli stava nascosto e rivelò pure dove s'era nascosto il Fornari, onde entrambi cadder nelle mani della signoria. Processati, vennero condannati a morte. Il duca di Savoia prese le difese del Vacchero e suoi complici, minacciò rappresaglie se la repubblica eseguiva la sentenza, mise in moto il governatore di Milano in favore dei congiurati; ma nulla valsero le sue pratiche. Tutti furono condotti al patibolo, e la casa del Vacchero in piazza del Campo venne rasata al suolo. In seguito a questa congiura, venne istituito, nell'ottobre dello stesso anno, il magistrato degl'Inquisitori di Stato perché invigilasse alla sicurezza della repubblica. L'anno seguente 1629 per mandato del duca di Savoia, un bandito di Voltri doveva appiccare il fuoco al Senato facendolo saltare in aria quand'era congregato; ma avendo egli confessato la cosa ad un padre Barnabita, questi ne fece avvertito il governo che condonò ogni pena al bandito, gratificandolo di un'annua pensione. Per buona fortuna, la morte di Carlo Emanuele liberò la repubblica di quell'insidiatore costante della sua indipendenza, e il 5 luglio 1633 poté firmarsi l'atto definitivo di pace col suo successore Vittorio Amedeo I restituendosi reciprocamente prigionieri, armi e terre occupate, restando Zuccarello proprietà dei Genovesi e pagando questi al duca una somma per frutti estratti dalla valle d'Oneglia. tratto da Federico Donaver, Storia di Genova, [ Indietro ] |