L'ultima guerra con Pisa[Dopo la vittoriosa battaglia della Meloria, ndr] La guerra con Pisa frattanto si trascinava stancamente, e più volte si ebbero abbozzi di trattative; infine la pace venne firmata il 15 aprile 1288. Le condizioni erano durissime: i Pisani rinunciavano alla Corsica, a ciò che avevano in Sardegna, alla colonia di San Giovanni d'Acri; in più, dovevano versare un'indennità enorme per i tempi, a garanzia della quale cedevano l'Elba. Le clausole non vennero però rispettate, quantunque fosse specificato l'obbligo di soddisfarle nello spazio di un anno: la guerra quindi riprese, dipanandosi fino all'episodio praticamente conclusivo del 1290. Lucca avrebbe attaccato la rivale per terra; Genova, naturalmente, per mare. Centoventi galee vennero approntate; il comando fu assunto da Corrado Doria, che
salpò il 23 agosto, per giungere pochi giorni dopo dinanzi a Porto Pisano; i Lucchesi
nel frattempo avevano devastato Livorno e tutta la campagna. Senza incontrare soverchia
resistenza, i nostri riuscirono a penetrare nelle acque portuali nemiche, vi demolirono
le torri di difesa, colmarono di sassi le bocche d'Arno, e tutto ciò dopo aver spezzato le
pesanti catene di sbarramento: «Avute le torri - scriveva l'Anonimo Pisano -
le disfecieno, e disfecieno tutto il porto, e portonnone li Genovesi e i Lucchesi
le catene delle Secondo la tradizione quest'ultima fu opera particolare di un fabbro di Portoria,
Carlo Noceti, che per altri diviene Noceto Chiarli di Rivarolo. In ogni caso,
«le catene titaniche del porto nemico - ricorrendo al Pescio - se ne andavano,
supremo trofeo, al tempio e alle case dei Doria, all'arco fiero della Soprana; ovunque
un pezzo, un anello ovunque la vittoria sentiva gratitudine; anche un monile di quel
ferro, salso di mare e di pianto, toccò al fuligginoso antro dell'artiere prodigioso,
disse gloria sull'arsa officina di «Meistro Chiarlo», fabbro della
tratto da Michelangelo Dolcino, Storia di Genova nei secoli,
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