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I plebisciti tra il Settecento e l'Ottocento

La Liguria non è mai stata chiamata a votare alcun plebiscito di annessione né al Regno di Sardegna né al Regno d'Italia

Spesso a questa incontestabile verità storica viene contrapposto il fatto che, all'epoca della decisione coatta e illegittima del Congresso di Vienna di riunire la Repubblica di Genova al regno di Sardegna, i plebisciti non erano pratica in uso e quindi non potevano essere celebrati. La realtà storica contraddice questa velleitaria asserzione. In questa pagina cito episodi tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento in cui i plebisciti, fasulli quanto si vuole, furono strumento usato per legittimare atti che altrimenti sarebbero stati dichiarati illegittimi, come illegittima fu e resta la decisione citata del Congresso di Vienna.

  • Giugno 1793. Rivoluzione francese, quarta fase: il Terrore. Proclamazione di una seconda Costituzione, la democrazia assoluta prevede plebisciti per ogni legge e abolisce la separazione dei poteri. Tratto dalla pagina La rivoluzione francese.
  • 9 - 10 novembre 1799. Il diciotto brumaio Napoleone volse la situazione a suo favore instaurando una dittatura militare nelle forme sancite dalla costituzione dell'anno VIII (1799) in base alla quale fu proclamato primo console. Successivi plebisciti popolari gli consentirono il passaggio al consolato a vita (1802) e, infine, all'impero (1804). Tratto dalla pagina Napoleone Bonaparte.
  • Maggio 1805. La repubblica francese, trasformatasi in impero il 18 maggio 1804, trattava il Genovesato unicamente come un pollo da spennare e come una base logistica per le proprie armate di terra e di mare, non vergognandosi neppure di far predare dai propri corsari i bastimenti genovesi come fossero nemici. Reclutamenti forzati di migliaia di uomini da spedire in Francia come marinai, ricerca affannosa di nuove entrate fiscali per soddisfare le richieste di Parigi, miseria crescente del popolo per una recessione economica di cui non si vedeva la fine: questi erano i tratti salienti della Repubblica Ligure, queste le cause della totale delegittimazione del suo governo. (...) Una nota del gabinetto di Talleyrand pose fine all'equivoco e dispose quell'unione alla Francia che si sarebbe realizzata due settimane dopo: ufficialmente su richiesta del senato genovese (solo due senatori su ventiquattro votarono contro), e con il successivo avallo di un plebiscito addomesticato (28 contrari su oltre 4300 elettori). Tratto da Giovanni Assereto, Dalla fine della repubblica aristocratica all’Unità d’Italia, in Storia di Genova, a cura di Dino Puncuh, Società Ligure di Storia Patria, Genova, 2003, p. 514.
  • Maggio 1805. Intanto Saliceti (plenipotenziario di Napoleone a Genova, ndr) (...) compiva l'opera propria e (...) lesse al Senato (...) una proposta di legge per l'unione della Liguria alla Francia: e il Senato si affrettò ad approvare. Ma occorreva, per riguardi internazionali e per l'origine stessa plebiscitaria dell'Impero (napoleonico, ndr), che la decisione fosse convalidata dal voto popolare. Un plebiscito organizzato in tre giorni e nel quale i voti degli astenuti furono considerati favorevoli, ratificò la deliberazione; tra i pochi voti contrari si suol ricordare quello di Agostino Pareto (...). Tratto da Vito Vitale, Breviario della Storia di Genova, Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1955, p. 525-526.

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