2500 miliardi dalla famiglia Savoia
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Il Giornale Martedì 5 febbraio 2002

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    LA DENUNCIA

I genovesi chiedono 2500 miliardi alla famiglia Savoia

Gli indipendentisti liguri presentano il conto alla vigilia del possibile rientro in Italia dei reali

«I Savoia stanno chiudendo i conti con l'Italia. Devono però chiuderli ancora con Genova e la Liguria»: di fronte ai giuramenti di fedeltà dei membri di casa reale alla Repubblica, gli indipendentisti liguri non sono disposti a dimenticare «le ingiurie e i soprusi patiti da tantissimi cittadini in anni lontani, ingiurie e soprusi tuttora ben presenti, come ferite aperte, nella memoria storica».

Ma tutto questo - precisa il professor Franco Bampi, segretario del Mil-Movimento indipendentista ligure - non ha nulla a che fare con i giudizi sulle singole persone: «Vittorio Emanuele, Emanuele Filiberto e i loro familiari non c'entrano con la nostra battaglia per l'affermazione dei princìpi. Il problema è un altro: quello di chiedere ufficialmente scusa ai genovesi e ai liguri, e di rifondere i danni. Che possono essere quantificati, in moneta attuale, in 2.500 miliardi di lire, o se vogliamo 1.250 milioni di euro». (clicca qui per conoscere i conteggi - ndr)

    

«Il generale La Marmora
nel 1849 fece uccidere 90mila
persone e bombardare perfino
l'ospedale di Pammattone»

Il re Vittorio Emanuele II
arrivò a definire gli abitanti
della Superba come «gente vile,
infetta razza di canaglie»

A tanto ammonta, sempre secondo il Mil, il risarcimento per «1e gravissime sofferenze patite dalla cittadinanza». Bampi ne ha un elenco dettagliato, e ci mette un attimo a sciorinarlo: «Possiamo partire, ma solo in estrema sintesi, dal 1849, quando La Marmora, su mandato di casa Savoia, alla testa dl 30mila soldati, condusse una feroce repressione contro 90mila cittadini. Genova fu letteralmente saccheggiata, avvennero ripetuti episodi di violenza ai danni di inermi, donne, malati: l'ospedale di Pammatone, che pure esponeva la bandiera nera, venne bombardato. Morirono duecento ricoverati, e le loro spoglie sono ancora oggi conservate nella cripta della chiesa dei cappuccini del Padre Santo».

Basta e avanza per non perdonare? Niente affatto: «Intanto diciamo che una cosa è il perdono, e un'altra, ben diversa, è cancellare il ricordo - replica Bampi, che ha un fornitissimo archivio e relativo sito Internet -. Si badi bene che, all'epoca del sacco di Genova, di fronte a tanta efferatezza il re Vittorio Emanuele II si complimentò con La Marmora, arrivando a definire in una lettera ufficiale i genovesi gente "vile, e infetta razza di canaglie" per il solo fatto di essere parte avversa».

Poi, c'è la faccenda dell'annessione di Genova ai Savoia, decisa col congresso di Vienna del 1815. «Un'annessione mai digerita - riprende l'esponente degli indipendentisti -. Anche perché i Savoia non hanno mai fatto votare alla Liguria né il plebiscito che li annetteva al Regno di Sardegna, né quello relativo all'Italia».

Fra i riferimenti storici considerati «fondamentali» dal Movimento presieduto da Vincenzo Matteucci c'è anche quello della costruzione del Santuario della Vittoria che ricorda la lotta dei genovesi contro i Savoia nel 1625. «Ma lo stesso episodio di Balilla - insiste Bampi - ha all'origine l'intesa fra Carlo Emanuele e Teresa d'Austria». Altro che fisime di pochi nostalgici: «Sono tanti gli studiosi che, con assoluta obiettività, hanno espresso giudizi analoghi ai nostri. Uno per tutti, lo storico Teofilo Ossian De Negri che definì l'annessione post-Congresso di Vienna, sempre rifiutata dai genovesi, "di tutte la più odiosa". Non è poco».

Ecco perché l'opposizione del Mil al rientro a pieno titolo, come normali cittadini, dei membri della casa reale è netta. «Prima, se mai, esiste il diritto dei genovesi e dei liguri a tornare indipendenti - aggiunge Bampi -. I Savoia adesso giurano fedeltà alla Repubblica e si apprestano a rientrare in Italia, come privati cittadini, per goderne tutti i diritti civili. Ma finché gli stessi Savoia non avranno chiesto ufficialmente perdono alla città di Genova e alla Liguria, e non avranno dato un giusto risarcimento, non se ne dovrebbe neanche parlare».

Al movimento di Matteucci e Bampi non va giù neppure che «i rappresentanti delle istituzioni locali abbiamo ossequiato con tutti gli onori i membri di casa reale, com'è avvenuto quando il presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti ha ricevuto Marina Doria, consorte di Vittorio Emanuele. Può darsi che alle nostre autorità pubbliche non interessi la storia - sta scritto in un manifesto del Mil, appena diffuso -. Ma per noi indipendentisti e, ne siamo certi, per moltissimi cittadini genovesi e liguri il passato è ancora vivo, e deve restarlo anche per le generazioni future».

«Senza astio, naturalmente, nei confronti delle persone - conclude il professor Bampi -. Ci vuole, però, molto rispetto. E non è vero che è trascorso troppo tempo. Consideriamo che persino il Papa ha chiesto scusa per le violenze fatte nella quarta crociata, del 1204! Possibile che non possano fare altrettanto i Savoia, oltretutto per avvenimenti ben più recenti? Noi crediamo proprio di sì».

[ReG]

Il trio di casa Savoia

Vittorio Emanuele, la moglie Marina Doria
e il figlio Emanuele Filiberto

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