Savoia. Ecco perché non ritornano
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La Stampa Sabato 8 febbraio 2003

LE RAGIONI DI UN RINVIO SENZA FINE

Savoia. Ecco perché non ritornano

   

DUE ANNI
DI PROMESSE

3 febbraio 2001

VITTORIO EMANUELE

Fra quattro mesi ci vediamo in Italia. Non vedo l'ora di tornarci. Finora l'ho vista solo in cartolina

20 maggio 2001

EMANUELE FILIBERTO

Entro un anno noi Savoia saremo in Italia. Berlusconi lo ha promesso a papà

Gennaio 2002

VITTORIO EMANUELE

Berlusconi? Non lo conosco personalmente. Per quello che ne so è basso di statura ricco e molto potente. A pelle preferisco Fini.

10 luglio 2002

VITTORIO EMANUELE

Se rientriamo, dobbiamo dire grazie a Berlusconi. Ha detto in tempo breve quello che gli altri non sono riusciti a fare

11 luglio 2002

VITTORIO EMANUELE

Oggi è un grande giorno. 56 anni di esilio. È stata lunga, è stata dura, ma abbiamo sempre cercato di non nuocere all'Italia. Adesso è finita. Finalmente ritorniamo

12 ottobre 2002

EMANUELE FILIBERTO

Voglio poter finalmente rimpatriare prima di Natale. Non aspetto l'ora. Subito andrò a salutare i siciliani che hanno organizzato autobus per venirci a trovare quassù

11 novembre 2002

EMANUELE FILIBERTO

Speriamo di farcela presto. Abbiamo fretta. però non so dirle con precisione quando. Penso tra un mese, a dicembre, dipende da papà. Per cominciare, andremo a Napoli e Roma

Novembre 2002

I SAVOIA

«Non è escluso che possiamo vivere in Toscana». Emanuele Filiberto:«Sì, Roma potrebbe andar bene. Anche Milano. E Venezia: io sono principe di Venezia»

9 dicembre 2002

VITTORIO EMANUELE

Dolore o non dolore, stretto nel mio busto, farò un blitz in Italia, con la mia famiglia. Sogno Napoli, perché da lì sono partito. E lì voglio tornare. Spero di essere ricevuto dal Papa

Dicembre 2002

EMANUELE FILIBERTO

Presto sarò da voi. Forse vivrò a Venezia

23 dicembre 2002

VITTORIO EMANUELE

Ci vediamo fra un mese. Avremo più tempo per salutare tutti

5 gennaio 2003

EMANUELE FILIBERTO

È difficile lasciare la propria città, il proprio lavoro, i propri amici, non penso di trasferirmi in Italia per il momento, ma intedo comunque trascorrerci molto tempo

31 gennaio 2003

EMANUELE FILIBERTO

Quando verrò in Italia può darsi che vivo a Milano

 

la storia
Pierangelo Sapegno

ROMA

La differenza tra ieri e oggi è che l'esilio adesso è diventato volontario. Sarà pure il mal di schiena, saranno le vertebre rotte, ma i Savoia non tornano. Quando l'hanno fatto, prima di Natale, si sono ben guardati dal fermarsi: un salto a Ciampino e poi di corsa al Vaticano, manco a Roma ci avessero la peste, e neanche un salto al Pantheon, dove sono sepolti i reali. Prima di scappare hanno detto: «Torniamo a gennaio». Poco dopo, uno stilista di moda fra i loro amici più stretti, ha avvisato qualche giornalista amico: «Niente gennaio. Metà febbraio». Adesso ci dicono che forse l'8, o il 10 marzo a Napoli, ma solo dei blitz come quello del Vaticano, toccata e fuga, nessun ritorno vero e proprio. «Vedremo».

Ma cos'è successo? L'Italia fa improvvisamente paura a Vittorio Emanuele? Siamo diventati degli orchi? Il ministro Giovanardi ha detto alla Camera che i Savoia non hanno ritirato il ricorso a Strasburgo contro l'esilio, per un risarcimento morale e materiale. Of course: soprattutto, materiale. Quello morale serve per parlare. Giovanardi non l'ha ammesso, ma s'è capito: Italia e Savoia trattano. Solo su questo? Pare proprio di no. In ballo ci sono un mucchio di altre cose. La Famiglia ha scoperto che diventare italiani è mica tutto rose e fiori: c'è qualche nuovo dovere da rispettare, qualche piccola grana in più, qualche rottura, qualche legge. Ce n'è una che dice che non si possono fare ordini dinastici, come quello di San Maurizio e Lazzaro, ad esempio. E' una vecchia legge del 1951, ma c'è. E se non va bene: da sei mesi a due anni di galera. Meglio stare all'erta.

Allora, rifacciamo la storia dall'inizio. Alla fine magari potremo scoprire che è soprattutto o soltanto una banale storia di soldi. Che farci, si sa che la vita è così. Poi, forse non è che ci sia tanta gente in pena. I diritti ora sono salvi, e le coscienze anche. I Savoia li aspettano moltissimo in Rai, più che in Italia. Però, erano loro che volevano tanto tornare, che non sembravano più vivere senza di noi, che si commuovevano ogni passo avanti che faceva l'avvicinarsi dell'agognato rientro. Quello che è successo ormai crediamo d'averlo capito quasi tutti, dopo le smentite e le accuse della Famiglia. Dicevano: «Il principe ha mal di schiena, ha due vertebre rotte. Per il resto, non c'è niente di misterioso, solo le voci di quelli che congiurano contro il nostro ritorno». Va bene l'incidente al rally d'Egitto, e la botta e il dolore. Però, Carlo Giovanardi, il ministro per i rapporti con il Parlamento, rispondendo alla Camera a un'interrogazione presentata da Enrico Buemi, Enrico Boselli e Ugo Intini dello Sdi, ha dichiarato ufficialmente per primo che i Savoia «non hanno ancora ritirato il ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo». E questo, nonostante un impegno assunto con il governo italiano, con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, come ha rivelato il ministro: «Vittorio Emanuele prese quest'impegno formale l'8 luglio del 2002, rivolgendosi direttamente al capo del governo. In quella data, gli scrisse: "Signor presidente, desidero assicurare che è mia intenzione ritirare il ricorso che presentai avanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, una volta approvata la legge costituzionale abrogativa dei due primi commi della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione e decorsi i tre mesi prescritti senza che venga richiesto il referendum confermativo. È evidente che solo in questo caso potrà dirsi per quella vicenda cessata la materia del contendere"».

In quel ricorso, presentato a Strasburgo per i 56 anni di esilio subito, i legali dei Savoia avevano stilato una lunga lista di risarcimento danni. Quali siano davvero le pretese, è difficile dirlo con certezza: si parla del patrimonio appartenuto un tempo alla casa reale, si parla di ville e dimore, qualcuno ha pensato anche ai gioielli. In ogni caso, si tratterebbe di parecchi milioni di euro. Il governo avrebbe risposto offrendo in uso alcune di queste proprietà. Ai Savoia non basta. All'inizio avrebbero nicchiato, incerti, tanto che, a un avvocato pisano, Vittorio Emanuele avrebbe detto: «Verrò ad abitare dalle tue parti». Cioè, nella tenuta di San Rossore, che è del presidente della Repubblica. Vi lasciamo immaginare la contentezza di Ciampi.

Comunque, Giovanardi ha già detto alla Camera che quel ricorso non l'hanno ancora ritirato, nonostante le promesse e le trattative. Non l'hanno fatto fino adesso. L'impressione è che non lo faranno neppure dopo. Il sito Internet Dagospia ha scovato chissà come una lettera inviata dal professor Emmanuele Emanuele e dall'avvocato Alex Schmitt alla Corte europea dei diritti dell'uomo. In questo documento, i legali di Vittorio Emanuele chiariscono che il voto del Parlamento italiano che ha abrogato l'esilio dei Savoia, «pur costituendo un importante passo in favore del ricorrente, fa solamente cessare alcune delle denunciate violazioni, ma non cancella certamente le lesioni subite da Vittorio Emanuele in tutti gli anni passati e fino al momento in cui la norma è stata in vigore. Tale abrogazione, quindi, non fa venire meno il diritto e l'interesse del ricorrente a vedere accertate le predette violazioni e a ottenere la relativa condanna nei confronti dello Stato italiano».

I Savoia raddoppiano. Altro che ritirare il ricorso. Gli avvocati, alla fine della lettera, per chi non l'avesse ancora capito, ribadiscono la riserva, «già formulata nel ricorso, di agire per il risarcimento dei danni morali morali e materiali subiti a seguito dell'ingiusto esilio, nonché per essere stato il cliente privato senza indennizzo delle proprietà della Sua famiglia». E poi ribattono a Giovanardi. Ma quali promesse? Non ne è stata fatta nessuna, dicono: «Non è condivisibile l'opinione esposta dal Governo italiano in merito alla lettera dell'8.07.2002. Anzitutto tale lettera contiene una mera dichiarazione di intenti e non già una dichiarazione di rinuncia espressa ed incondizionata; tale dichiarazione, inoltre, è stata espressa del tutto informalmente nell'ambito di una corrispondenza che era strettamente privata, e come tale quindi priva di qualsiasi effetto giudiziale».

Non è finita qui, però. Da una parte, i Savoia non ritirano il ricorso; dall'altra, per loro si profila l'ombra scura della legge per tutti gli Ordini Dinastici Sabaudi e le loro Opere di Beneficenza. Succede semplicemente questo: dal 10 novembre 2002, Vittorio Emanuele e Emanuele Filiberto sono cittadini italiani a tutti gli effetti. Diritti e doveri. Prima, la loro posizione unica e anomala li esimeva dall'osservanza e dal compimento dei doveri previsti dalle norme vigenti. Ora devono anche sottostarci. E per quel che riguarda gli Ordini Dinastici, di cui Vittorio Emanuele è Gran Maestro, l'articolo 9 della Legge 3 Marzo 1951 li ha soppressi. E l'articolo 8 della medesima legge vieta «il conferimento di onorificenze, con qualsiasi forma e denominazioni, da parte di enti, associazioni o privati. I trasgressori sono puniti con la reclusione da sei mesi a due anni».

Cioè: se li fanno rischiano l'arresto, e il loro uso sarebbe vietato in ogni caso, come avrebbe stabilito il parere legale del ministero degli Esteri, anche quando il conferimento sia avvenuto all'estero. Raccontano che a Ginevra da mesi tengono riunioni e incontri uno dietro l'altro per salvare gli Ordini Dinastici, come quello della Santissima Annunziata, quello Al Merito Civile di Casa Savoia, e soprattutto quello dei Santi Maurizio e Lazzaro, definito «il più costoso, il più importante, ma anche il più redditizio». Crolla un castello, ma non solo, perché i Savoia dovrebbero chiudere molti rubinetti e non potrebbero più fare beneficenza in ogni parte del mondo. Gli iscritti, che sono qualche migliaio in tutto, avrebbero l'obbligo di versare 200 euro all'anno a titolo di appartenenza, come risulta dalla presentazione del Calendario per il 2003: «La quota annua, quest'anno stabilita in euro 200,00 è da versare entro il primo trimestre 2003, secondo una delle seguenti modalità che per Sua convenienza sono state così modificate...». Per i Savoia non sarebbe solo una perdita di immagine. Gli Ordini sono Opere di Bene in tutto il mondo, ma anche politica, consenso, e porte che si possono aprire.

Aspettando, i Savoia rafforzano le radici in Svizzera. E fanno le vacanze. A Natale, Emanuele Filiberto è stato a Cuba, dopo la moto d'acqua in Africa. Il papà, invece, non s'è mosso da casa. Così dicono.

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