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Intervento in Consiglio Comunale
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I bersaglieri del generale La Marmora furono gli autori del Sacco di Genova.
Mi parve una grave offesa alla memoria storica della città l'aver concesso che
il 42-esimo raduno dei bersaglieri avesse luogo dal 5 all'8 maggio 1994 proprio
a Genova. Per questo decisi di effettuare un intervento
nel Consiglio Comunale di Genova che tenni nell'adunanza del 18 aprile 1994. Il mio
intervento fu seguito da una insulsa replica del sindaco Sansa
a cui risposi con un Comunicato Stampa datato 6 maggio
1994.
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Consiglio Comunale di lunedì 18 aprile 1994
Intervento circa il raduno nazionale dei bersaglieri a Genova
Dal 5 all'8 maggio di quest'anno, Genova ospiterà il raduno nazionale dei
bersaglieri. Ritengo doveroso che ogni Consigliere e che ogni cittadino
genovese ricordi ciò che accadde a Genova oltre centoquarant'anni fa, nel
lontano aprile del 1849.
Lasciatemi premettere che, come è risaputo, il 1815 fu un anno infausto per
il nostro popolo genovese: in quell'anno, infatti, si sancì d'imperio la
definitiva scomparsa della gloriosa Repubblica Genovese con l'annessione
della Liguria al Regno Sabaudo. La data è importante per la nostra storia
in quanto non va dimenticato che mai accettazione fu manifestata da alcun
esponente del popolo genovese, che mai fu effettuata alcuna sottoscrizione
dell'atto di annessione e che tale annessione fu subita e patita esclusivamente
in ragione della diversa forza militare. Ricordo, in aneddoto, che tanta era la
diffidenza e tanto era l'astio dei Genovesi nei confronti dell'invasore piemontese
che nel liquidare le ingenti somme depositate nel secolare Banco di San Giorgio,
il Re sabaudo dovette concedere l'emissione di monete d'oro e d'argento simili
per la forma e uguali nel valore a quelle in circolazione nel 1796, ultimo anno
della Repubblica di Genova. Tale anacronismo fu segnalato con una piccola
stella in sostituzione del punto che figurava nelle monete originali a fianco
della data 1796.
Meno noto, di fatto quasi dimenticato, è ciò che accadde a Genova dopo la
catastrofe di Novara in cui il 23 marzo del 1849 le truppe austriache del
maresciallo Radetzky riportarono una definitiva vittoria sull'esercito piemontese
di Carlo Alberto. Così descrive gli umori di Genova il piemontese Angelo
Brofferio: «Udito il disastro di Novara che tutti giudicarono tradimento, udite
le condizioni dell'armistizio che a tutti parvero disonorevoli, Genova alzò
il capo fieramente e non volle sottoporsi né al Croato che invadeva né al
Ministero che pareva essere in buona intelligenza con l'invasore». Fu allora
che Genova, tradizionalmente antiaustriaca, fiera della propria profonda autonomia
e memore della propria fede repubblicana, credette di poter riconquistare
la libertà che le era stata rubata. Scrive Triulzi
sulle pagine de Il Lavoro: «Siamo al 1 aprile 1849, e la Guardia Nazionale (ricordo
che era composta di Liguri) frammista al popolo sfonda le porte della Darsena: marinai
e soldati, ivi rinchiusi, fanno causa comune ... Genova è in mano al popolo».
Per sedare la rivolta scaturita dalla volontà di indipendenza del popolo
genovese, il Governo sabaudo mandò a Genova il generale Alfonso La Marmora
sotto la cui guida 30.000 soldati, in massima parte bersaglieri, diedero vita
al sacco di Genova. Dopo aver ricordato la barbara e mortale violenza
sullo studente savonese Alessandro De Stephanis, ricordata da un monumento
ancora visibile nella chiesa di Oregina, il Triulzi
così descrive gli avvenimenti dell'aprile del 1849: «Frattanto il La Marmora bombardava
spietatamente la città ... Sedici bombe caddero sull'Ospedale di Pammatone ...
La soldatesca, avanzando, si abbandonava alla sfrenatezza e al saccheggio ...
un giovinetto di 11 anni che si era affacciato alla finestra sentendo bussare,
vi lasciò la vita. Solo fuggendo le donne poterono salvarsi da ogni brutalità:
in una casa il marito, legato a un tavolo, fu costretto ad assistere all'onta che
gli si faceva. Nulla fu rispettato: gli arredi sacri, che si trovavano nel
santuario di Belvedere, e così pure quelli della chiesa dei Missionari di Fassolo,
vennero rubati».
Oggi non dobbiamo tacere gli oltre cento morti dell'Ospedale di Pammatone,
tumulati in fossa comune. Non dobbiamo dimenticare che lo stesso re Vittorio
Emanuele II così scriveva l'8 aprile 1849 al La Marmora: «I Genovesi sono una
vile e infetta razza di canaglie». Non dobbiamo ignorare che i Genovesi
vollero murare in loco i proiettili lanciati contro la città dalla batteria
di cannoni piemontesi posta a San Benigno, nel desiderio di perpetuare il
ricordo dei fatti. Scelleratamente, dopo la seconda guerra mondiale questi
reperti storici furono fatti sparire per cancellare la storia della Superba,
città sempre temuta!
Dimentichi del sangue genovese versato a causa della brutale repressione di La
Marmora, a seguito della richiesta formulata in data 25 febbraio 1985
dall'Associazione dei Bersaglieri, la Civica Amministrazione decise di
intitolare la parte terminale di Via Gramsci con la denominazione «Via
Bersaglieri d'Italia».
Scriveva Giovanni Cattanei su Il Giorno del
20 marzo 1968: «I Genovesi il militare lo fanno in marina, con gli alpini, o in
fanteria. Raramente una scelta spontanea li porta tra i bersaglieri. In Liguria,
ancora oggi, i bersaglieri non sono prediletti. C'è, all'origine, una storia
centenaria. E, si dice, per questo in Liguria non ha mai avuto stanza un
reggimento o, neppure, un distaccamento di bersaglieri».
Tra poco Genova ospiterà i bersaglieri: se questo raduno è proprio
inevitabile, impediamo almeno che i bersaglieri percorrano le strade del
nostro centro storico oltraggiate e insanguinate dalla loro furia repressiva.
Signor Sindaco, si faccia rappresentante di tutta la città e della nostra sempre
viva genovesità: se Genova deve assistere a un non desiderato raduno dei
bersaglieri, allora si consenta loro di sfilare in luoghi diversi da quelli che
ancora oggi chiedono giustizia.
prof. Franco Bampi
Lega Nord Liguria
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Replica del sindaco Sansa
tratta da «Il Lavoro» di martedì 19 aprile 1994
(...) Dopo aver affermato che si tratta di «un raduno indesiderato», Bampi
ha chiesto al sindaco di ordinare almeno che la sfilata eviti il centro storico.
(...) Sansa ha affermato di trovare la richiesta semplicemente assurda:
«Proprio nel momento in cui è in atto un processo di riconciliazione - ha
detto il sindaco - lei consigliere Bampi è fuori dalla realtà e non capisco
per quali reconditi fini facci queste richieste. I bersaglieri fanno parte
dell'esercito italiano che ha solo scopi difensivi, e quindi di pace, e dobbiamo
trattarli come gli alpini: non vi sono differenze».
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Genova, venerdì 6 maggio 1994
COMUNICATO STAMPA
42-esimo raduno nazionale dei bersaglieri a Genova
Le polemiche circa il raduno nazionale dei bersaglieri a Genova hanno avuto
almeno un aspetto positivo: si è a lungo parlato di fatti storici poco noti, si è
discusso del sacco di Genova operato da La Marmora, si è protestato contro
l'invasore sabaudo che ha sanguinosamente sedato la mai sopita sete di libertà
del popolo genovese.
È significativo che il duca d'Aosta abbia ritenuto di ascrivere alla Casa
Savoia, mandante di La Marmora, le responsabilità del sacco di Genova. È parimenti
significativo che i bersaglieri abbiano deposto una corona d'alloro in onore di
Alessandro De Stefanis, caduto nei moti del 1849, al quale è intitolata una strada
di Marassi nella cui targa il De Stefanis viene definito «patriota genovese».
A fronte di questi fatti che testimoniano la volontà di riconoscere a Genova
il danno e l'oltraggio subito nel lontano aprile del 1849, con la consueta mancanza
di sensibilità il Sindaco di Genova, dott. Sansa, ha risposto a un mio intervento,
in apertura del Consiglio Comunale del 18 aprile 1994, dichiarandosi perplesso
sul tipo di risposta da darmi sostenendo che «trova assurdo rivangare episodi
così lontani nella storia». Ha quindi proseguito asserendo: «Lei, consigliere Bampi,
è fuori dalla realtà e non capisco per quali reconditi motivi faccia questo».
Spero solo, nell'interesse di tutta la città, che la cronaca di questi giorni
e la sensibilità dimostrata da più parti abbiano messo anche il nostro
inafferrabile Sindaco in condizioni di capire i valori politici e morali da me
espressi in Consiglio Comunale. E spero che anche l'uomo Sansa sappia cogliere
lo stimolo intellettuale di voler maggiormente conoscere e rispettare la storia
città che lo ha voluto suo autorevole rappresentante.
prof. Franco Bampi
Lega Nord Liguria
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