Alessandro De Stefanis
studente sulle barricate
Alessandro De Stefanis, aveva 24 anni, savonese, studiava all'Università
di Genova. Fu tra i capi dell'insurrezione della città. Aveva valorosamente
combattuto nell'infausta campagna del 1848, guadagnandosi la medaglia d'onore
sul campo di Custoza. In quei giorni aveva conosciuto Goffredo Mameli, del
quale era diventato fraterno amico.
La mattina del 5 aprile, De Stefanis si trovava fra i difensori del Forte
Begato. Usci con alcuni compagni in avanscoperta e venne sorpreso dal nemico
che stringeva il forte in una morsa. Si accese uno scambio di fucileria, De
Stefanis venne colpito ad una gamba. Riuscì a trascinarsi, strisciando, fino
ad una cascina. I piemontesi lo trovarono disteso a terra, inerme. Si accanirono
su di lui, a calci e pugni. Invano il giovane invocò la morte come una liberazione.
Venne abbandonato per due giorni in quello stato pietoso, senza acqua né cibo.
Infine un ufficiale che aveva militato con lui sui campi di battaglia della 1°
guerra d'Indipendenza, mosso a pietà, lo fece trasportare in ospedale e da lì,
a casa sua, dove De Stefanis spirò il 4 maggio, dopo un mese di atroci
sofferenze.
Il ricordo delle violenze di quei giorni è rimasto vivo nelle coscienze dei
genovesi più consapevoli. Nel 1994 il raduno nazione dei Bersaglieri, a Genova,
trovò l'opposizione di alcuni, tra i quali l'allora consigliere comunale Franco
Bampi, che chiese conto al sindaco di aver concesso proprio ai bersaglieri le
strade e le piazze di una città che dai bersaglieri venne oltraggiata e offesa.
La querelle si concluse con un gesto di riappacificazione da parte dei Fanti
Piumati. Il 7 maggio 1994 una delegazione, guidata dal presidente nazionale,
Gianni Romeo, si recò alla chiesa di Nostra Signora di Loreto, in Oregina, e
depose una corona di alloro sulla lapide che ricorda il sacrificio di Alessandro
De Stefanis. Un gesto di riconciliazione nazionale, una richiesta sommessa di
perdono che non cancellano la storia ma chiudono una pagina dolorosa.
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