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Il Secolo XIX - Edizione di Savona Mercoledì 1 novembre 2006

Dialetti contro, Savona dichiara guerra a Genova

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Il puro vernacolo savonese, finalmente. Tempo fa, gli “Amixi d’u dialettu” della Campanassa avevano emesso un secco documento: «Siamo lieti di comunicare che, dopo tanti anni di controversie e di infruttuose discussioni che si sono avute nella nostra associazione fin dalla fondazione, nel suo ottantesimo anno di fondazione il Consiglio grande ha posto definitivamente termine alla perdurante querelle optando perché il “dialetto di Savona” abbia una sua esatta ed opportuna grafia, senza doverne mutuare una, in modo più o meno discutibile, da altri».

Si trattava, a ben vedere, di una vera e propria dichiarazione di guerra alle (sottintese) norme grammaticali genovesi. Per decenni - verrebbe da dire, secoli - il dialetto savonese è stato infatti scritto seguendo le regole del genovese. Si trattava di una scorciatoia, perché nessuno s’era mai preoccupato di codificare delle norme apposite per il dialetto della Torretta.

Poi, sorretto dalla volontà della Campanassa, di tanti appassionati e, non ultima, dalla Fondazione “De Mari”, si è buttato nell’impresa Ezio Viglione, forse la massima autorità cittadina in campo dialettale, raffinato poeta in proprio e innamorato della lingua sabazia.

Viglione - a costo di fatiche difficilmente descrivibili (l’autore è non vedente) - ha messo mano ad un’opera che resterà senza dubbio nella storia della cultura cittadina. S’intitola Il puro vernacolo sabazio. Storia ed evoluzione bimillenaria della tipica parlata della nostra gente. Il volume – edito da Marco Sabatelli – sarà in libreria a giorni, anche se la prevendita (attraverso la Campanassa e l’editore) è già cominciata.

Il volume raccoglie - come si legge nel denso sommario - la grammatica, ma anche la fonologia, la normologia, la morfologia, la sintassi, la metrica e la versificazione legate ad un patrimonio linguistico di singolare ricchezza e forse non del tutto valorizzato.

«L’opera di Viglione - spiega Nazzario Fancello, già presidente della Campanassa - non solo è documento della fondatezza e validità della grafia, sostenuta da un’ampia documentazione, ma fornisce pure una sicura chiave interpretativa per una opportuna discriminazione dagli altri vernacoli».

Nessuna confusione, dunque, da ora in poi, con il genovese e le sue innumerevoli varianti, con le parlate ponentine e quelle delle zone dell’entroterra.

Ma il libro di Viglione è anche un manuale, realizzato per quella ancora numerosa colonia di poeti cui lo stesso studioso appartiene.

Diventerà, dunque, questo Puro vernacolo sabazio una sorta di libro di testo per quanti si cimenteranno ancora con il verseggiare in dialetto e parteciperanno allo storico concorso dedicato a Beppin da Cà.

«La grammatica in questione - aggiunge Fancello - al di là dell’apparente aridità della materia trattata e dalle sue fredde rappresentazioni schematiche, nella abbondante esemplificazione di cui è corredata si presenta appassionatamente divisa fra la nostalgia di un’arcaica tradizione ancestrale e l’opportunità di offrire un’efficace strumento di lavoro a chi ancora voglia dedicarsi a tramandare ai posteri le risultanze attuali della millenaria e ripica parlata della nostra gente».

Ezio Viglione, si diceva, è anche scrittore in proprio. Tornerà presto d’attualità la sua deliziosa storia di Natale in vernacolo sabazio (scritta, ovviamente, con rispetto del codice appena descritto) intitolata Gelindu e Gelinda, e dedicata ai due pastori che per primi giungono alla capanna di Gesù Bambino.

In realtà il titolo completo (che svela qualcosa della nuova grammatica savonese) è Gelindu e Gelinda. Fantaxìa allegorica nataliççia.

La vicenda biografica di Essiu d’a Cianna (Ezio di Villapiana, così viene chiamato nel suo quartiere) è stata raccontata con garbo da Giorgio Mira che “d’a Cianna” è un popolare attore.

«Ezio di Villapiana - scrive Mira - non è altro che il professor dottor Ezio Emanuele Viglione che in Villapiana è nato il 17 giugno del 1934: sulla tavola di cucina di quella stessa casa nella quale ha poi sempre vissuto e nella quale vive pure al giorno d’oggi».

Come dire che un savonese più savonese di Viglione non si trova. Ed è probabilmente (quasi) vero.

Di certo, lo scrittore è uno degli ultimi rappresentanti di una cultura al contempo raffinata e popolare, che ha prodotto spiriti che hanno lasciato un segno, come il citato Beppin dà Cà, la meravigliosa Rosita del Buono Boero, l’ancora attivissimo Rodolfo Badarello.

Una cultura che rischiava di perdere il proprio codice di riferimento, nonostante il costante lavoro di promozione del dialetto realizzato, dalla Campanassa, attraverso il concorso intitolato proprio a Beppin da Cà, inaugurato nel 1929.

E poi grazie al “lunaio”, che offre uno sguardo, contrappuntato di dialetto, all’anno che verrà.

E, ancora, al giornale sociale intitolato semplicemente “A Campanassa” che continua a pubblicare testi in dialetto, non solo di appassionati, ma anche di studiosi di grande reputazione.

Il dialetto, del resto, almeno a giudicare dalla produzione libraria gode di discreta salute.

Si pensi alle belle raccolte poetiche del citato Badarello, come la recente Ganeuffi rusci.

E senza dimenticare il papà di tutti i poeti dialettali, quel Beppin da Cà del quale i libri (a partire dal capolavoro In to remoin) sono da decenni nel ricco catalogo di Sabatelli e nelle migliori librerie della città.

Ferdinando Molteni

La Campanassa, l’associazione che si occupa di storia e cultura savonese, in campo per il dialetto

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