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Afermativ. Piemontèis
Luglio Agosto 2005
Voglia di libertà a Genova
Nota. Quest'intervista è stata realizzata nell'aprile 2005 in italiano ed è stata poi pubblicata tradotta in piemontese. Sotto si riporta il testo originale dell'intervista (che è stato in parte accorciato per esigenze editoriali). L'intervista in piemontese è disponibile in formato pdf cliccando qui e in formato htm tratto dal sito della rivista.
1) Quando è nato il M.I.L.?
In fondo alla pagina dello Statuto
si legge testualmente “Lo Statuto del M.I.L. è stato registrato e depositato presso
l'Ufficio del Registro di Genova in data 17 gennaio 2001 al n° 546/3. Alla data del
20 gennaio 2001 risultano aderenti al M.I.L. 136 Soci Fondatori. Della nascita del
Mil ne ha dato notizia il Secolo XIX in data 14
gennaio 2001.
2) Chi lo ha fondato e perché?
Il Mil è stato fondato da un gruppo di persone che, fatto tesoro dell’esperienza
culturale dell’Associazione Repubblica di Genova (ARGe), hanno capito che la Liguria
possedeva diritti specifici per poter reclamare l’indipendenza (si noti non la
secessione, che richiederebbe un’unione consensuale che mai vi fu per la Liguria).
Per questo hanno deciso di fondare un movimento politico, trasversale ai partiti
e agli schieramenti, che potesse, se ve ne fosse stato bisogno, presentarsi alle
competizioni elettorali, da solo o in alleanza.
3) Quali sono gli obiettivi programmatici del M.I.L.?
Il Mil ha un solo obiettivo, raggiunto il quale si scioglierà ai sensi dell’art. 2
dello Statuto così stabilito: Il Movimento Indipendentista Ligure, nell'interesse
e per conto dell'attuale Popolazione Ligure, si propone di recuperare pacificamente
alla LIGURIA, con azioni politiche e giuridiche, la Sovranità di Nazione Indipendente
perduta temporaneamente nel 1814 a causa dell'illegittima decisione assunta dal
Congresso di Vienna (1814-15) MAI ratificata da un plebiscito popolare.
4) Quale la politica culturale del M.I.L.?
Per il raggiungimento del suo unico, grande scopo il Mil conduce la sua azione
culturale, giuridica e politica su tre grandi temi:
5) La lingua di riferimento del M.I.L. e il genovese, il ligure o l’italiano?
Premettiamo che la lingua ligure non esiste: esiste il genovese e le sue varianti
(parlate grosso modo da Deiva a Loano) e le varietà del Ponente (da Albenga a
Ventimiglia) e del Levante (lo spezzino). Attualmente il vero ed unico messaggio
è quello di restituire l’indipendenza alla Liguria perché ne ha specifico diritto;
per questo occorre che tutti gli attuali abitanti di Liguria (ossia, per il Mil,
i Liguri) capiscano perfettamente il linguaggio del Mil. Di conseguenza la lingua
usualmente adottata è l’italiano. Ciò non esclude l’uso del genovese (si vedano
le pagine in genovese
del sito del Mil) e l’impegno per un rilancio delle parlate liguri.
6) Tra i vostri obiettivi c’è quello di portare l’insegnamento delle lingue
locali nelle scuole?
Come già illustrato in precedenza, la risposta è sì.
7) Saprebbe tratteggiare l’attuale situazione culturale e linguistica della
Liguria?
Distinguiamo due aspetti: quello storico tradizionale e quello linguistico.
Circa l’aspetto storico tradizionale abbiamo già indicato come la politica
d’occupazione dei Savoia abbia portato a una conoscenza fasulla, se non
addirittura falsa, della Storia gloriosa della Repubblica di Genova. Ad
esempio è un mito falso e duro a morire il fatto che la Repubblica quando
fu annessa (7 gennaio 1815) era decadente. Si è voluto banalizzare e ridicolizzare
le tradizioni antiche e gloriose di Liguria, far dimenticare i suoi santi
(pensiamo a Santa Caterina da Genova), minimizzare i suoi eroi (Andrea Doria
tacciato di essere un pirata), e via dicendo. Interessante a questo proposito
il recente articolo di Franco Monteverde. Certo è che i
Liguri, col loro spirito mercantile e quindi propenso al lato pratico e
commerciale piuttosto che a quello culturale, hanno accettato queste vessazioni
ritenendole, pensiamo noi, il male minore. Circa l’aspetto linguistico, la
generazione dei genitori del dopoguerra ha deciso di non parlare più in
dialetto ai propri figli: per questo oggi è così difficile un pieno
ristabilimento delle parlate liguri. Fornisce una concreta speranza la
grande sensibilità che si riscontra a tutti i livelli quando si trattano
problematiche connesse con le parlate di Liguria.
8) Oggi esiste la possibilità, per i liguri che lo desiderino, di vivere
in “modo ligure”? Esiste la possibilità di comunicare solo tramite le lingue
minori ed essere compresi in una città come Genova? Esistono riviste serie
in lingua locale?
Dipende. È possibile parlare genovese a Genova ed essere genericamente compresi
da tutti. Certo è che molti, per una piena comprensione, richiedono di sentire
le cose dette anche in italiano. Purtroppo non esiste alcuna rivista “seria”
che utilizzi solamente la parlata locale, mentre varie pubblicazioni tendono
ad inserire pezzi (poesie o brevi note) in dialetto.
9) Vista dal di fuori (dal Piemonte nel nostro caso) la situazione culturale
ligure sembra migliore di quella piemontese nel senso che in una città come
Genova il genovese è ancora molto utilizzato e vivo. Però dal punto di vista
culturale sembra che il genovese fatichi a trovare un suo spazio, ad esempio
nelle leggi regionali.
È certamente vero che il genovese è ancora vivo a Genova e, ancor di più,
nell’entroterra ligure. Vero è che i giovani e i bambini, di fatto, non lo
parlano più. Ed è altrettanto vero che l’ente regionale non dimostra spiccate
sensibilità per il mantenimento e il rilancio delle parlate locali. Manca una
legge a tutela del genovese e, soprattutto, mancano finanziamenti che non
siano occasionali. L’unico ente che dimostra davvero una puntuale attenzione
per il genovese e per le tradizioni liguri è la Provincia di Genova.
10) Secondo lei per quale motivo l’Italia, a differenza di molti paesi
europei, fatica a dare il giusto spazio alle culture regionali e tenta semmai
di nazionalizzare la cultura regionale di alcune regioni (per esempio Toscana
e Campania)?
L’impressione che si ha è che, nel mito giacobino dell’Italia una e indivisibile,
le parlate locali siano da banalizzare, da ridicolizzare, da usare per scopi
macchiettistici, negando loro la grande valenza culturale, popolare e spirituale
che in realtà possiedono. In quest’ottica sono da esaltare quelle parlate
che, nell’immaginario collettivo, rappresentano queste caratteristiche:
napoletano e romano. La Toscana diventa importante perché troppo enfaticamente
ritenuta la madre della lingua italiana, ma basta sentire parlare un fiorentino
per rendersi conto di quanto il toscano attuale sia differente dall’italiano!
Noi riteniamo che le parlate locali di tutti i popoli italici vadano rispettate
e sostenute al pari della lingua italiana.
11) A quante e quali elezioni vi siete presentati finora e con quali
risultati?
Ci siamo presentati alle sole ultime elezioni del 2002 per il sindaco del
comune di Genova, per meri scopi propagandistici al fine di far conoscere
il movimento: per questo non abbiamo neppure chiesto di essere votati! Il
programma era la storia dei diritti che la Liguria ha di poter ritornare
indipendenti Tutta la documentazione è reperibile su Internet.
12) I liguri come hanno risposto alla vostra presenza sul territorio?
Abbiamo dovuto, purtroppo, prendere atto che la storia della Liguria, ossia
quella della Repubblica di Genova, è pochissimo conosciuta dai liguri. Per
questo la nostra azione deve essere lenta e penetrante, di insegnamento e
di convincimento. Fatta questa premessa gli esiti sono assolutamente
soddisfacenti: solitamente chi viene a conoscenza della vera storia è
automaticamente convinto della correttezza delle posizioni del Mil ed è
accetta con entusiasmo la nostra presenza e la nostra azione.
13) Secondo lei quale è la giusta via per fare in modo che le tematiche che
più vi stanno a cuore raggiungano una fetta più larga di popolazione ligure
ed entrino nel novero delle priorità della politica di tutti i giorni?
Noi riteniamo che la via giusta sia quella intrapresa: convincere i liguri
raccontando loro la vera storia della Liguria e delle terre che il ministro
sabaudo Rattazzi ci tolse nel 1859 – tutta la storia è reperibile su
Internet.
Certo che la nostra azione sarebbe facilitata se potessimo disporre di
finanziamenti che ci consentissero di accedere al mezzo televisivo e alla
produzione di materiale di propaganda quali libretti, manifesti, ecc.
Attualmente la nostra posizione viene diffusa per volantini, mandati anche
via e-mail a oltre 3000 indirizzi.
14) Il M.I.L. come giudica la politica della Lega Nord? Secondo lei perché
certe rivendicazioni, ad esempio linguistiche, vengono portate avanti (senza
entrare nel merito delle modalità) solo dalla Lega Nord e non da altri partiti?
La politica della Lega Nord ci appare alquanto remissiva nei confronti dei
diritti dei popoli. Nello specifico si accontenta di una devoluzione rabberciata
che, facendo permanere competenze statali e regionali su singoli argomenti,
creerà situazioni di conflitto. La Lega avrebbe dovuto, con forza, pretendere
una visione “confederale” dell’Italia, la quale consenta alle comunità che lo
gradiscono di auto governarsi (ossia decidere da sé le proprie leggi e i propri
tributi, esonerandosi da quelli “italiani”) fino al punto di poter proclamare
la propria indipendenza dal resto dell’Italia. D’altra parte, nell’ambito
dell’Unione Europea non si capisce perché le singole comunità, ovvero i singoli
popoli italici, non possano rappresentarsi da sé in Europa senza la mediazione
dell’Italia. come già fanno numerose piccole realtà nazionali europee
(Lussemburgo, Malta Lettonia, Lituania,Estonia, Cipro, ecc.). Circa la difesa
delle parlate locali noi crediamo che la Lega si sia assunta questo impegno
per utilizzare la lingua locale come fattore di distinzione e di riconoscimento
(fatto che, come asserito in precedenza, anche il Mil condivide). Crediamo
che proprio per gli stessi motivi le forze politiche che vorrebbero rafforzare
al massimo un’identità italiana non siano d’accordo sulla valorizzazione di
questo patrimonio culturale immenso e vivo nei cuori dei popoli italici.
15) Carta bianca.
Il Mil ha ormai completamente chiarito che la Liguria possiede uno specifico
diritto di poter ritornare indipendente non avendo mai votato alcun plebiscito
di annessione all’Italia che sanasse l’annessione illegittima stabilita
dal Congresso di Vienna. Pertanto l’attuale azione del Mil consiste
nell’ottenere il riconoscimento formale di tale diritto (ad esempio da
una corte europea) affinché il popolo ligure possa decidere finalmente
se accedere all’indipendenza oppure se restare ancora in questa situazione
dove, dato il modesto numero di abitanti, non conta niente. Val forse la
pena di ricordare che nell’Unione Europea piccole nazioni indipendenti
(Lussemburgo, Malta, Estonia, Lettonia, Lituania, Cipro, ecc.) pur avendo
un numero di abitanti confrontabile con quelli della Liguria, se non addirittura
meno, hanno diritto a 5, 6 o 7 parlamentari europei, mentre la Liguria non
ha diritto ad averne alcuno (a queste ultime elezioni europee con grandissimo
sforzo è riuscita ad eleggerne uno).
16) In generale è al corrente del fatto che in Piemonte da anni viene
portata avanti una politica culturale e linguistica piemontese? Cosa ne
pensa?
Sì, sappiamo della importante azione che la Regione Piemonte pone in
essere per la difesa del piemontese. È da segnalare come dato molto
positivo il bellissimo atlante toponomastico (anche con i toponimi minori)
redatto a salvaguardia di questo inestimabile patrimonio immateriale.
In definitiva approviamo moltissimo l’azione e la sensibilità del
Piemonte che vorremmo potesse essere esportata anche qui in Liguria.
17) Conosce in particolare la situazione linguistica/culturale di
qualche regione dell’Italia? (Ad esempio Sardegna, Veneto o Friuli...)
Sì. Tanto per esemplificare, il Friuli dispone di una legge regionale per
stabilire la grafia del friulano (cosa auspicabilissima per le parlate
liguri). I Veneti sono tra quelli che usano di più quotidianamente la
loro parlata e la regione sarda investe per il genovese (presente nelle
comunità tabarkine di Carloforte e Calasetta) più di quanto investa la
Regione Liguria (che investe praticamente nulla!).
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