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Il Giornale La Camera di Commercio di Mestre traccia il bilancio dei trasferimenti: a parte Valle d’Aosta e Trentino, solo il Sud ci guadagna Ogni ligure paga 3.702 euro di tasse e ne riceve la metà Ogni anno i cittadini versano allo Stato più del doppio di quanto ricevono per i servizi essenziali
Devolution, quella parola che molti non vogliono neppure sentir nominare. Quel termine che finora ha indicato, per molti, soprattutto il vero obiettivo della Lega, quasi un sinonimo di federalismo. Nel concreto, qualche conseguenza della devolution si potrebbe leggere nel rapporto pubblicato dall’ufficio studi della Camera di Commercio di Mestre, che ha tracciato un bilancio dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni e viceversa. Cioè il confronto tra i soldi che i cittadini pagano tra tasse e imposte e che vanno a finire nelle casse romane e, per contro, quegli stanziamenti che il governo riversa ogni anno agli enti locali. Ebbene, dal riassunto fatto dalla Cgia di Mestre emerge abbastanza chiaramente che ci sono regioni italiane che ricevono dallo Stato molti più euro di quanti ne versano. La Liguria, naturalmente, non fa parte di questo gruppo. Anzi, si conferma un vero e proprio bancomat di Roma. Il bilancio viene fatto grazie a una media pro-capite: ogni cittadino ligure, in questa partita di giro, ci «rimette» tutti gli anni quasi duemila euro. Millenovecentottanta per la precisione. Il fatto è che il gettito di Irpef, Irpeg, e Iva garantito da ogni ligure è di 3.702 euro. Cioè più del doppio di quei 1.722 che tornano sulle Riviere sotto forma di trasferimenti dal governo. Chiaramente la devolution non potrebbe dare quel colpo di bacchetta magica in grado di pareggiare di colpo i conti. Il bilancio tra tutte le regioni dovrebbe comunque prevedere un certo saldo negativo per coprire le spese dello Stato, ma la cifra col segno meno sarebbe certo di entità inferiore. Anche perché dovrebbero iniziare a «contribuire» tutte quelle regioni che oggi, nel saldo ci guadagnano quasi tremila euro. Al vertice della classifica dei più fortunati ci sono infatti i residenti della Valle d’Aosta, che ricevono ciascuno 2.878 euro più di quanti ne paghino in tasse. L’altra «mosca bianca» del Nord è il Trentino Alto Adige, seconda regione a statuto speciale, che ha un saldo positivo di 1.719 euro pro capite. Per il resto l’attuale ripartizione delle risorse fa «comodo» unicamente al Sud, con la sola Puglia in passivo di 40 euro. Una situazione di sproporzione, quella evidenziata dalla Cgia di Mestre, di fronte alla quale non basterebbe neppure la riforma della devolution in questi giorni al vaglio del Parlamento. «La devolution su materie come la sanità, l'istruzione e la polizia locale - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - non è sufficiente. Per compensare gli squilibri finanziari esistenti deve partire quanto prima il federalismo fiscale. Non si possono trasferire competenze alle regioni e alle autonomie locali senza che quest'ultime abbiano le risorse per operare in piena autonomia. Non solo. Ma il federalismo fiscale è forse l'unica strada per rendere più virtuosi gli enti locali e migliorare così la spesa pubblica decentrata responsabilizzando maggiormente gli amministratori locali». Proprio un richiamo alla capacità di amministrare con oculatezza le proprie risorse è contenuto nella Finanziaria in fase di elaborazione dal governo, che però redistribuisce ancora agli enti locali fondi in proporzioni neppure paragonabili a quelle che garantirebbe un federalismo fiscale concreto. Sapendo di poter contare esclusivamente sui propri introiti, ad esempio la Liguria dovrebbe far quadrare da sola i conti della Sanità, magari rinunciando a stanziamenti tanto contestati in questi giorni come quelli per le celebrazioni della Resistenza o per i corsi di legalità che dovrebbero risolvere il problema della criminalità.
Tasse dei Liguri - Una delle "battaglie" del M.I.L. |
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