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Tasse dei Liguri

Il Secolo XIX
Domenica 27 gennaio 2008

RAPPORTO IFEL-ANCI

Imposte locali, sono i liguri i più tartassati d’Italia

Paghiamo 820 euro l’anno. Pittaluga: «Alza il gettito l’Ici seconda casa»


GENOVA. Ici, Tarsu, addizionali comunali e altre imposte locali: i liguri sono i più tartassati d’Italia. Ogni anno ogni abitante versa, in media, 820 euro nelle casse delle amministrazioni comunali. Poco di più di 820 euro a fronte dei nemmeno 330 euro della Sicilia e della Basilicata, dei 408 euro scarsi della Campania, dei poco più di 587 euro del Piemonte. Lo rivela il rapporto su Economia e finanza locale redatto dall’Ifel, l’Istituto per la finanza e l’economia locale, e dall’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni italiani. Ma a portare in vetta alla classifica la Liguria è il gettito Ici come spiega Giovanni Battista Pittaluga, assessore al Bilancio della Regione Liguria che comprende anche le seconde case possedute, com’è noto, dai contribuenti lombardi e piemontesi più che dai contribuenti liguri. «Attenzione a non cadere nell’errore - avverte Pittaluga - Nel rapporto dell’Ifel la voce relativa all’Ici è molto elevata in Liguria, specie in alcuni Comuni delle Riviere, perché comprende il gettito derivante dalle seconde case». Il dato che ci spinge al vertice della graduatoria, insomma, «anziché uno svantaggio» può essere letto come «un vantaggio», spiega ancora l’assessore, poiché a pagare l’Ici sulla seconda casa sono i villeggianti in arrivo da fuori, mentre a beneficiarne sono le amministrazioni locali.

LE IMPOSTE LOCALI colpiscono in modo estremamente differenziato ogni zona del Paese, tanto che un contribuente del Centro arriva a pagare quasi il doppio rispetto ad un collega del Sud. Il rapporto evidenzia anche una significativa differenza tra gli investimenti riservati dalle varie Regioni al welfare locale, dall’assistenza agli anziani ai servizi per l’infanzia. In base ai calcoli dell’Istituto, riferiti all’anno 2005, sul podio dei cittadini più vessati, oltre ai liguri, siedono i toscani, con 682,4 euro l’anno in media per abitante tra Ici, Tarsu, addizionali comunali e altre imposte locali. Gli emiliani sono chiamati a pagare 675,3 euro l’anno, pochi centesimi in più rispetto ai friulani (674,5 euro). Lombardi e laziali sborsano oltre 600 euro l’anno. In fondo alla classifica i pugliesi, che fanno compagnia ai siciliani e ai lucani, con un’imposizione per tutti inferiore ai 350 euro. Prelievo fiscale contenuto anche nei Comuni calabresi, fermi a 372,5 euro l’anno per abitante. Il grandangolo sulle macro-aree mostra che è il Centro Italia a pagare di più, con 639,2 euro per contribuente, contro i 625,8 euro del Nord e i 381,9 euro del Meridione. L’imposizione fiscale ligure supera dunque di 181 euro la media delle regioni del Centro, di 168 euro la media delle regioni del Nord e addirittura di 438 euro la media delle regioni del Sud. «Se questi sono i dati, posso solo dire che il Comune di Genova è in controtendenza rispetto alla media regionale». A prendere le difese del capoluogo ligure è Francesca Balzani, assessore al Bilancio della giunta guidata da Marta Vincenzi. Per dimostrare che Genova è una città virtuosa, tra le grandi del Nord, Balzani utilizza le statistiche del ministero dell’Interno: 702,66 euro la pressione tributaria media per contribuente a Genova, inferiore ai 928,52 euro di Milano e ai 720,1 euro di Torino; non molto più alta di Roma (682 euro) e Firenze (657,27 euro). A fronte di una pressione tributaria maggiore, le regioni settentrionali si distinguono tuttavia per maggiori investimenti nei servizi alla persona: assistenza agli anziani, ai disabili, agli immigrati e servizi per l’infanzia, a cominciare dagli asili nido. Secondo il rapporto dell’Ifel, per queste attività i comuni del Nord arrivano a spendere «oltre il doppio di quelli del Sud», con picchi massimi nelle municipalità del Friuli Venezia Giulia, dove per queste funzioni le amministrazioni investono «quasi sei volte tanto» quanto si investe, per esempio, in Calabria. Nell’area Nord-Est la spesa pro-capite del welfare sfiora i 230 euro, contro i 40 euro della Calabria. Investimenti in servizi sociali contenuti anche in Molise, Abruzzo, Basilicata e Puglia, mentre al Nord si distinguono, pur rimanendo a netta distanza dal Friuli, la Lombardia e l’Emilia Romagna.

NEL GIORNO in cui vengono diffusi i risultati del rapporto su Economia e finanza locale, Adusbef lancia l’ennesimo allarme per il contribuente italiano. Se dovesse aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie dal 12,50 al 20%, per le famiglie che hanno nel proprio portafoglio finanziario titoli di Stato si tratterebbe di un «nuovo salasso». L’aumento dell’imposta si tradurrebbe in un maggiore esborso per 547 milioni di euro. Nel 2006, sempre secondo l’associazione, il 52,75 per cento dei titoli di Stato italiani era in mano a investitori esteri. Rispetto ai 67,5 miliardi di euro di interessi pagati dallo Stato, dunque, solo 32 miliardi sono «restati in casa», mentre 35,6 miliardi sono emigrati «oltre frontiera».

GILDA FERRARI

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