Il Secolo XIX
Domenica 6 aprile 2008
STIPENDI E POLITICA
Quanto ci costa la Casta? 14 mila euro a deputato
Indennità, diaria, rimborsi. Più liquidazione e pensione dopo 30mesi
Massimiliano Lenzi
NEI GIORNI che precedono le elezioni politiche del 13 e 14 aprile, quella dei deputati
uscenti e degli aspiranti onorevoli è una vita dura, con gli stipendi (lauti) appesi alle
statistiche e a un interrogativo che non fa prendere sonno: «Verrò eletto o no?». E via
con la conta dei voti possibili. Dei quasi settemila candidati in lizza per uno scranno a
Montecitorio, infatti,meno del 10%, uno su dieci, ce la farà perché i posti disponibili
sono solamente 630 e fortuna (per loro) che la riduzione del numero dei deputati, di cui
tanto si è dibattuto nel nostro Paese in questi tempi del “dagli alla Casta”, non è partita
da subito altrimenti sarebbe andata anche peggio. Il Secolo XIX, in vista del voto,
ha deciso di raccontare ai propri lettori quello che, chi non è mai stato deputato almeno
una volta nella vita, potrebbe non sapere, a cominciare dal “primum vivere”, ovvero
l’ammontare degli stipendi dei nostri parlamentari.
L’INDENNITÀ. Qui sopra pubblichiamo la busta paga mensile emessa dal Servizio
competenze dei parlamentari, nel 2008, per un onorevole e relativa all’indennità parlamentare.
Al lordo sono 11.703 euro mensili che diventano, al netto, 5.429 euro.Tra le ritenute
figurano i soldi destinati al Fondo solidarietà degli onorevoli (che permetterà ai deputati
di ottenere una buona liquidazione ribattezzata “indennità di solidarietà” una volta sciolte
le Camere); l’assistenza sanitaria integrativa che garantisce al deputato e ai suoi familiari
(se viene pagata la quota come in questo caso) un’assistenza completa; 7 euro di servizi di
ristorazione e le trattenute previdenziali che garantiranno, in futuro, una congrua e lauta
pensione al parlamentare.
LA DIARIA di parte variabile. All’indennità netta che finisce nelle tasche dei
nostri parlamentari va sommata, naturalmente, la diaria mensile di parte variabile (vedere
la busta compensi qui a fianco) che copre le spese per il rimborso dei soggiorni a Roma
(3.873 euro,in pratica considerando 20 giorni lavorativi poco meno di 200 euro al giorno),
eventuali indennità di commissione, rimborsi per l’assistenza sanitaria integrativa, la
diaria di parte fissa e, quando ci sono, le spese di trasferimento e le spese accessorie
di viaggio. Nel nostro caso, al netto sono 4.404 euro.
Rimborso rapporto eletto-elettore. All’indennità e alla diaria di parte variabile va poi
aggiunta, ogni mese, la quota dei rimborsi di rappresentanza, in pratica i soldi che il
deputato riceve per curare i rapporti con il suo territorio e con il collegio di elezione
che, in fondo, dovrebbero servire per pagare il portaborse a chi ne ha uno. Si tratta
stavolta di 4.190 euro al mese.
FACCIAMO LA SOMMA. Mettendo insieme le voci dello stipendio citate otteniamo
finalmente il totale incassato dal deputato (anzi, dai deputati) che assomma, nel caso
preso in esame dal nostro giornale, a 14.024 euro nette mensili. Da notare che, guardando
la diaria di parte variabile, non figurano le voci di rimborsi per spese accessorie di
viaggio o per spese telefoniche che, quando ci sono, fanno salire ulteriormente lo
stipendio percepito dai deputati.
Il welfare speciale dei parlamentari. Quando scade la legislatura, poi, per ogni anno da
deputato il parlamentare ha diritto alla indennità di solidarietà, in pratica la sua
liquidazione: sono decine di migliaia di euro che crescono in proporzione al numero
degli anni e, molto spesso, si cumulano con la pensione (ribattezzata nella linguistica
del Palazzo “assegno vitalizio”), visto che sino a oggi bastavano 2 anni e 6 mesi per
averne diritto. Quello che ne esce è un bel gruzzoletto per un compito certo difficile,
quello di parlamentari che hanno sulle spalle le sorti del Paese (ma anche un welfare,
tutto ad personam, che per loro funziona molto bene sia in fase di previdenza e di
liquidazione che di assistenza sanitaria) e che ad ogni elezione politica nazionale
restano appesi a quel maledetto dubbio amletico: «Ce la farò ad essere eletto?». E via
con il pallottoliere perché meno di uno su dieci ce la fa anche se col Porcellum, l’attuale
sistema elettorale, è più facile prevedere chi saranno i trombati e chi i prescelti nelle
liste: vale il detto più scendi (nella lista) e meno conti. Pazienza, un’altra elezione
(soprattutto in Italia) prima o poi capiterà.
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