La Repubblica
Lunedì 26 aprile 2010
Burlando e Bossi, un "asse" per il Limonte
Il presidente della Liguria: "Bene aprire anche a Lombardia e Veneto"
Massimo Minella
«NEL 2015, quando scadranno i nostri due mandati, saranno duecento anni esatti dal
Congresso di Vienna che ha stabilito un assetto politico rimasto sostanzialmente fermo
fino a oggi. Sarebbe anche l'ora di cambiare». La prende un po' alla larga, il
presidente della Regione Liguria Claudio Burlando. Ma è il suo modo per aprire al
dialogo con il collega piemontese Roberto Cota, apparso un po' freddino nei confronti
del «Limonte», la macroregione rimasta finora solo sulla carta. Un vero peccato perché
l'alleanza ligure-piemontese è già decisa da fatti oggettivi, a cominciare dalla
logistica, una rete di trasporto e movimentazione della merce dalla costa al suo
naturale entroterra, e viceversa. Burlando ne ha parlato direttamente con Umberto
Bossi, nei giorni scorsi. Con il Senatur il leader della Liguria ha, da tempo, un
ottimo rapporto personale. «Sì, è vero, ultimamente abbiamo parlato anche di questo
e ci siamo trovati d'accordo» spiega. Insomma, all'idea di rinunciare al Limonte,
Burlando non ci pensa proprio. Anzi, coglie anche dalle parole di Cota una volontà
di dialogo, perché quella dell macroregione è anche una battaglia da leggere in
chiave federalista e quindi in piena sintonia con la Lega.
Allora, presidente Burlando, anche se con alcuni distinguo, il confronto
sul Limonte sembra possa ripartire anche con il successore di Mercedes Bresso, il
leghista Roberto Cota. Ma vi conoscete?
«No, mi hanno riferito che in tv Cota ha detto di non conoscermi personalmente, ma
di ritenermi una persona seria. Bene, allora io gli dico di incontrarci subito».
Dove? Con la Bresso e le vostre giunte vi siete viste due volte, una a
Torino e una a Noli.
«Non fa alcuna differenza. A Torino o in Liguria, scelga lui. Certo, questa è una
stagione gradevole per mangiare del pesce in riva al mare. Per cui...
«Entriamo nel merito del progetto. Cota dice di non accontentarsi di
Liguria e Piemonte. Vuole allargare il ragionamento anche alla Lombardia.
D'accordo?
«D'accordissimo. Basti pensare che l'ultimo incontro è stato a tre, con la Bresso
e con Formigoni, presidente della Lombardia. Ma visto che Genova serve anche
l'interporto di Padova si può fare anche a quattro, con il Veneto. Condivido
pienamente l'idea di una sola logistica per il Nord».
Il punto di partenza, però, non può non essere l'alleanza fra le vostre
due regioni.
«Sì, anche perché, oltre che fisicamente attaccate, sono anche complementari come
specificità: noi abbiamo molta portualità e pochi spazi, loro il contrario. E poi
c'è una forte sinergia anche fra gli operatori economici. La Liguria dei porti
non è mai stata così apprezzata».
Che intende dire?
«In questo periodo di crisi, sono state fatte, e ancora si stanno facendo, le cose
giuste, si stanno preparando i porti per la ripresa dei traffici. Non ci sono mai
stati tre presidenti come quelli oggi in sella a Genova, Savona e La Spezia che
hanno dato un'idea così compiuta di portualità al mondo dello shipping».
Ma un'aggregazione che superi i confini tradizionali delle due regioni
è effettivamente praticabile o è destinata a restare una suggestione?
«Senta, la Repubblica di Genova è stata autonoma per alcuni secoli e alla fine non è
che abbia accolto con entusiasmo l'annessione ai
Savoia. I tempi però cambiano e forse è venuto il momento di pensare a entità più
ampie. Oltretutto, siamo anche vicini alla ricorrenza dei duecento anni dal congresso
di Vienna. Accadrà nel 2015, quando scadranno i nostri due mandati. E allora forse,
per quella data, potremmo anche darci una scadenza tale da cambiare assetti politici
sostanzialmente cristallizzati da due secoli».
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