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Gazzettino Sampierdarenese
Anno XXXIV - N. 4
29
Aprile 2006
Il prossimo 3 maggio saranno ospiti
a Palazzo Pallavicino in Piazza delle Fontane Marose
I Savoia a Genova
“Genova fu sempre repubblica”. Così comincia il bellissimo libro “La Repubblica
di Genova tra nobili e popolari” di Giuseppe Gallo, compianto giornalista e
scrittore. Forse per questo, e certamente per la prepotenza della dinastia
sabauda, Genova ebbe nei Savoia il nemico storico.
Già dal 1580 quando l'ambasciatore Giorgio Doria ottenne la concessione del
titolo di Serenissima per tutta la Repubblica, si ebbe l’opposizione del Duca
di Savoia. Poco dopo scoppiarono le due guerre savoine: il Santuario di Nostra
Signora della Vittoria ai Giovi ci ricorda appunto la vittoria dei popolani
genovesi contro Carlo Emanuele I di Savoia. Quasi tutte le congiure, celeberrima
quella del Vachero, furono fomentate dai Savoia. Nell’episodio del Balilla Genova
era in guerra non solo con l’Austria, ma anche col Piemonte savoiardo. E la scelta
del Congresso di Vienna di riunire la Liguria col Regno di Sardegna fu definita
da Teofilo Ossian De Negri “l’odiata annessione”.
Ma vergognoso e ancora oggi non sanato fu il sacco cui venne sottoposta la
città di Genova nell’aprile del 1849 da parte dei bersaglieri di Alfonso La
Marmora. Vergognoso per la modalità del saccheggio che comportò ruberie, omicidi
arbitrari, stupri di donne, profanazione di chiese; e non sanato perché nessun
Savoia mai chiese perdono per questi fatti e per quanto scrisse Vittorio Emanuele
II che, complimentandosi con La Marmora per aver ben operato a Genova (sic!),
definì i genovesi “vile e infetta razza di canaglie”.
Oggi gli eredi di quei Savoia (e non solo di quelli, ma anche di chi permise
l’affermazione del fascismo e firmò le ignobili leggi razziali) vengono a Genova
accolti da un erede di quei patrizi che fecero Genova grande e che subirono
l’onta dell’annessione e del saccheggio. C’è da sperare che i Genovesi sappiano
reagire a questo affronto come fecero, pacificamente, i napoletani nel 2003. Da
parte mia concludo con un’osservazione di Vicente Blasco Ibáñez, l’autore del
celebre “Sangue e arena” il quale chiedendosi come mai le abitazioni dei patrizi
genovesi sono state abbandonate afferma: “i discendenti di quei potenti
repubblicani sono oggi cortigiani della Casa Savoia, vivono a Roma presso il
re, come ministri o alti funzionari”. Ecco, quei potenti repubblicani divenuti
servi di re hanno perso la memoria della loro storia e l’amore per la loro patria
ligure.
Franco Bampi
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