Solo un mese fa, ciò che avrei giudicato più improbabile sarebbe stato che
io, Franco Bampi di Forza Italia, convinto oppositore del regime delle
sinistre, scrivessi a favore del sindaco Pericu. Oggi mi accingo a farlo,
convinto che conti di più affermare le proprie idee e le proprie convinzioni
piuttosto che cimentarsi in una opposizione di maniera. L'occasione di
questo mio intervento nasce dalla "lettera genovese"
di Piero Ottone apparsa su questa testata sabato 27 dicembre 1997 e relativa alle
posizioni che il sindaco Pericu ha assunto nella vicenda Ansaldo. Nella
"lettera" Ottone afferma, argomentando, che "le decisioni delle aziende
spettano agli organi aziendali, ai proprietari, ai gestori. Al sindaco di Genova
chiediamo di amministrare bene Genova". Queste affermazioni che appaiono, prima
che giuste, ovvie travisano la realtà delle più recenti vicende genovesi.
Io sono federalista e mi piacerebbe che, come afferma Monteverde, il sindaco
fosse, per la città, la fonte della legalità. Ovvero che la comunità
cittadina trovasse nel sindaco e nell'ordinamento
comunale tutti gli strumenti per favorire il proprio sviluppo e la tutela degli
interessi dei cittadini: un sindaco capace di sconfiggere il "signor Nessuno":
la tirannica burocrazia! Oggi non è così: gli interessi dell'inutile burocrazia
romana possono decidere, come hanno fatto con la compiacenza dei partiti
di potere, che Genova deve morire: si risana Bagnoli, ma non Cornigliano,
non si dà attuazione alla legge per la Zona Franca di Genova, il ministro
genovese Burlando benedice l'allontanamento dell'Ip e, con la scusa del Giubileo,
potenzia la crocieristica a Civitavecchia (ma non è Genova la capitale della
crocieristica?), il gruppo Costa cede e trasferisce le sue navi da crociera, le
fonderie San Giorgio hanno chiuso, vanno via Fondiaria, l'Uap, il Tonno Palmera
e si potrebbe continuare a lungo. Purtroppo, a nulla sono valse le puntuali
denuncie che l'on. Gagliardi di Forza Italia ha tempestivamente portato a
conoscenza della cittadinanza.
In questo quadro desolante scoppia la vicenda Ansaldo. E il Sindaco alza la
sua autorevole voce per difendere non l'Ansaldo, dove, come afferma giustamente
Ottone, non ha competenze, ma Genova: il Sindaco non accetta che interessi
differenti da quelli aziendali, interessi romani, di Finmeccanica,
interessi estranei a Genova e pronti a sacrificarla, si abbattano come una
scure sulla città impoverendola, umiliandola, uccidendola. Questo, a mio
avviso, chiede Pericu: chiarezza, correttezza delle operazioni, certezza
degli obiettivi, garanzie per la città. Se Genova fosse, come lo fu per
oltre sette secoli, sovrana, le richieste del Sindaco sembrerebbero ovvie,
anzi doverose, anche per Piero Ottone. Oggi che i Genovesi sono sudditi
della burocrazia romana e dei suoi interessi, che sono gli interessi del
signor Nessuno, appare paradossalmente sostenibile che si decidano altrove
le sorti della città.
Oggi io sto con Pericu: difendere l'Ansaldo significa difendere Genova, la sua
storia, il suo passato e, soprattutto, il suo futuro: scenderò in piazza
al suo fianco se lo chiederà. E non esiterò a criticarlo se subordinerà
Genova ai partiti che lo sostengono.
prof. Franco Bampi
Forza Italia
Genova, 28 dicembre 1997
Il Lavoro - Repubblica
Sabato 27 dicembre 1997
Lettere genovesi di Piero Ottone
Ma il sindaco non può fare cortei
Giuseppe Pericu, il nuovo sindaco di Genova, ha scelto per il suo esordio
il problema dell'Ansaldo. E si capisce quanto fosse grande la tentazione.
L'azienda è strettamente legata alla storia della città. Fu la spina dorsale
dell'economia italiana al tempo dei fratelli Perrone. Raccolse glorie, miste
a delusione, nel periodo successivo, sotto la gestione statale. Adesso è in
crisi, e sarà venduta. Ma a chi, e come?
C'è la possibilità che sia spezzettata, e venduta a pezzi. C'è anche il
pericolo che lasci Genova. "noi la difenderemo", dichiara pertanto Pericu. E dice
che per difenderla è pronto a scendere in piazza, alla guida della cittadinanza.
Mi spiace per il nuovo sindaco: ma ha torto Per quel che mi riguarda, non
sono in grado di dire quale sia la strada migliore per risolvere il problema
Ansaldo. Non so a chi convenga venderla, né a quali condizioni. Ma neanche lo
sa lui, il sindaco e comunque non è compito sua di stabilirlo. Neanche ha voce
in capitolo la cittadinanza genovese.
Le aziende, comprese quelle di proprietà statale, non devono essere gestite
(o vendute) dalle città, né da coloro che le rappresentano. Le decisioni che
riguardano le aziende spettano agli organi competenti, agli organi aziendali,
ai proprietari (pubblici o privati che siano) e ai gestori, e devono essere
prese secondo considerazioni economiche, non assistenziali. Devono essere
determinate dalle condizioni di mercato, e dalla capacità dell'azienda di
soddisfare tali condizioni. Il resto è irrilevante.
È vero che tante volte sono intervenute, in questioni del genere, le città,
le regioni, i sindacati. È vero che sono state violentate spesso, con le
pressioni politiche, le leggi dell'economia. Ma questa è una delle
ragioni, e non la meno importante, per cui siamo stati per tanto tempo, in
Europa, il fanalino di coda. Se ora vogliamo progredire dobbiamo
rispettare le competenze. Gli amministratori delle città pensino alle
città. Alle aziende penseranno i gestori delle aziende.
Al sindaco di Genova chiediamo di amministrare bene Genova, di affrontare e
risolvere i suoi problemi, di rendere la città abbastanza accogliente per
attrarre aziende e capitali. Questo è il suo compito; e non scendere in
piazza per difendere l'Ansaldo, aggravando, oltretutto, la crisi del
traffico.
|