A che cosa serve il consiglio comunale (ma quello che dirò vale, pari pari,
per il consiglio provinciale)? Una risposta, affrettata, sarebbe: a
niente. In realtà credo che serva solo a dare una sedia a politici
disoccupati, abbondanti nella sinistra, e la consolazione di un magro
gettone che, alla fine dell'anno, rappresenta complessivamente qualche
mezzo miliardo di lire pubbliche sottratte a più nobili utilizzi. Questa
mia convintissima affermazione trae origine dalle recenti riforme
dell'ordinamento degli enti locali. In precedenza quasi tutti gli atti
amministrativi erano di competenza dei consigli: alle giunte restavano le
cosiddette competenze residuali che consistevano nell'attuazione delle
deliberazioni del consiglio. Oggi i consigli sono stati sistematicamente
spogliati (e forse giustamente) dei loro poteri e delle loro prerogative a
favore della giunta comunale. Il consiglio non delibera più sui mutui,
sulla gestione del bilancio, sugli appalti, sulle gare; si limita a
fissare indirizzi generici e a svolgere una blanda azione di controllo
vanificata dall'aver ridotto, giustamente, i poteri degli organi
amministrativi di controllo (gli inutili CoReCo: Comitati
Regionali di Controllo). Ma il fatto più evidente è che la legge per
l'elezione diretta del sindaco dà al vincitore la totale potestà nella scelta
degli assessori, che sono infatti le persone di fiducia del sindaco, e una
schiacciante maggioranza (il 60% dei consiglieri) in consiglio comunale
: il sindaco in sostanza fa quello che vuole, d'accordo con
le forze politiche che lo sostengono. Forse tutto ciò è giusto: il sindaco,
la sua giunta e i partiti suoi sostenitori renderanno conto ai cittadini alla fine
del mandato elettorale quando saranno premiati con la
rielezione o bocciati con la sconfitta. Ma allora perché non trarre le ovvie
conseguenze di quanto ho descritto sopprimendo finalmente un consiglio comunale d
iventato assolutamente superfluo? Attenzione: il sindaco deve fare gli interessi
della città, non i propri o quelli della sua parte. Per questo bisogna sostituire
l’attuale controllo preventivo di legittimità, esercitato dal CoReCo e dal
segretario generale, con un controllo consuntivo di efficacia: questo era
l’efficiente meccanismo usato dalla gloriosa Repubblica di Genova dove il Doge, che
aveva assoluta libertà di decisione, doveva rendere conto ai Supremi
Sindacatori che sindacavano, appunto, sulle conseguenze del suo operato. Ecco
la mia proposta: il consiglio comunale (e parimenti quello provinciale) vanno
soppressi; contestualmente all'elezione del sindaco si elegge un collegio di
sindacatori, magari appartenenti all'opposto schieramento, i
quali non hanno potere diretto per intervenire sull'operato amministrativo del
sindaco, ma che hanno capacità di esercitare un
controllo consuntivo e sanzionatorio sulle scelte del sindaco
e della giunta amministrativa sulla bontà ed efficacia
delle scelte del sindaco e della giunta avendo ampi poteri ispettivi e di
controllo oltre alla facoltà di sanzionare, se servisse, l'operato del
sindaco sulla base degli esiti della sua azione amministrativa. Un
sottopasso, come quello di Genova
Caricamento, che è costato a chilometro dieci volte quello della Manica, va
sanzionato amministrativamente a prescindere dalle responsabilità penali del
sindaco, di pertinenza della magistratura.
Questo avrebbero fatto i sindacatori genovesi se avessero avuto la sventura di
dover giudicare un Doge improvvido come l'ex-sindaco Burlando, oggi promosso a
ministro.
prof. Franco Bampi
(dirigente di Forza Italia)
Genova, 30 luglio 1998
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