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Rai: un zeneise ch'o nòu l'é
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Il Secolo XIX
Mercoledì 22 gennaio 2003
Polemica in genovese
"A Compagna" contesta spot della rai in dialetto
«Sun zeneise risou reu, strinsu i denti e parlo cheu» (sono genovese, rido di rado,
stringo i denti e parlo chiaro»). Alzi la mano chi, da bambino, per le strade di Genova,
meno trafficate di oggi, non ha ripetuto almeno una volta, tra una partita di pallone e
l'altra, questo ritornello. Era una sorta di esame, per rivelare se si era genovesi
(sapendo parlare il dialetto) o "foresti", adottivi. Alessandro Casareto,
presidente dell'associazione culturale "A Compagna", storico presidio della
lingua genovese, che affonda le radici nel 1100 e che ieri ha festeggiato l'ottantesimo
anniversario della sua rifondazione, avvenuta il 21 gennaio del 1923. non lo dichiara
apertamente, ma forse ricorda quel ritornello e pensa che sarebbe stato utile anche alla
Rai per scegliere una protagonista più adeguata al ruolo in uno spot televisivo in onda
da diverse settimane, per ricordare di pagare il canone. Lo spot mostra una sequenza di
gente comune con la loro città sullo sfondo, che in dialetto, tesse lodi alla Rai. In
un'ideale successione geografica (per dare il messaggio che la Rai è apprezzata a
differenti latitudini) si sono susseguiti il veneziano "in gondoleta", i
ragazzi romani e napoletani, con accento inconfondibile, il signore torinese e altri.
Le cose si complicano, quando sullo sfondo appare Genova. Casareto, architetto,
consigliere comunale mancato (non è stato eletto nel Ccd) ha scritto una lettera
all'assessore a Cultura e Turismo della Regione Gianni Plinio. «La testimonial,
un'attrice suppongo - scrive - che dovrebbe parlare in dialetto, fa, suo malgrado, una
caricatura della parlata genovese e ligure, ridotta a qualcosa di inverosimile. Roba
da far rivoltare il grande Govi nella tomba».
«La ragazza che in genovese, si fa per dire — insiste Casareto — confessa che la Rai
l'ha fatta sognare e innamorare, mi ricorda una esilarante gag di Beppe Grillo quando
canta "Ma se ghe pensu" in siciliano».
Immediata la risposta dell'assessore che in estate, aveva protestato con Poste Italiane
per uno spot in cui le bellezze naturali della costa erano state battezzate, sia pure
ironicamente, "ringhiera ligure". «Ho già predisposto una lettera al presidente
della Rai Baldassarre - dichiara - affinché, in futuro, viale Mazzini, dove pure lavorano
diversi genovesi e liguri o le agenzie pubblicitarie coinvolte, prima di avventurarsi in
spot del genere, ci chiedano una piccola consulenza che volentieri gli offriremo
gratuitamente. Ho visto anch'io lo spot sul canone Rai e devo dar ragione "A
Compagna" e a chi mi aveva già segnalato l'episodio. Il genovese è una lingua a
tutti gli effetti ed è stata lingua "franca" nei commerci del mediterraneo
per molti secoli, ha un ruolo di dignità non sopprimibile in parlate da macchietta».
Giuliano Macciò
La Repubblica
Mercoledì 22 gennaio 2003
Genovese da macchietta nelle pubblicità. Esplode
la polemica
Quando lo spot fa piangere
RAFFAELE NIRI
Come tradurreste in genovese il maccheronico "M'hai fatto cianse. M'hai fatto
rie. M'hai fatto sugnà"? "Ti m'è faetu cianze. Ti m'è faeto rie. Ti m'è faetu
sugnà", più o meno, anche se la trascrizione letterale è sempre un insulto al
dialetto. Quel che è certo è che la signorina che dovrebbe convincerci a pagare il canone
parlando in genovese, ha fatto incavolare moltissimi genovesi, facendone imbufalire almeno
due: Alessandro Casareto e Gianni Plinio. Spiega Casareto, presidente di "A
Compagna" (associazione benemerita nata nel 11OO e rifondata ottanta anni fa):
«La ragazza che, si fa per dire, in genovese confessa che la Rai l'ha fatta sognare e
innamorare, mi ricorda una esilarante gag di Beppe Gril1o quando canta Ma se ghe pensu in
siciliano. Chiedo ufficialmente alla Regione, in difesa del dia1etto genovese, di far sì,
grazie ai suoi buoni uffici, che simili infortuni non abbiano a ripetersi. Questa è
roba da far rivoltare il buon Gilberto Govi nel1a tomba».
Aggiunge l'assessore Plinio, che già aveva cazziato le Poste, ree di aver parlato di
"Ringhiera Ligure": «Ho già predisposto una lettera al presidente della Rai
Baldassarre affinché viale Mazzini, prima di avventurarsi in spot del genere, ci chieda
una piccola consulenza che volentieri offriremo gratuitamente".
Come si vede, due scoop clamorosi in poche righe: il primo la Regione ha "buoni
uffici" con la Rai. Il secondo: la Regione offre consulenze gratuite.
II presidente della Rai Baldassare è riuscito a resistere a tre dimissioni di
consiglieri, agli insulti di Biagi e Santoro messi alla porta, al caso Monica Lewinski,
alla guerra che gli fanno quotidianamente tutta la minoranza e gran parte della
maggioranza. Stavolta, però, è spacciato: meglio le dimissioni che averci contro le
maledizioni di due mastini come Casareto e Plinio. E di quella del cronista: che Gilberto
Govi appaia in sogno al presidente della Rai e gli suggerisca: «Ti te ne vae?».
Il Giornale
Mercoledì 22 gennaio 2003
P O L E M I C A
La Rai storpia il dialetto e la Regione si arrabbia
Niente scherzi sul dialetto genovese, e nemmeno parodie: lo ribadiscono in perfetta
sintonia d'intenti Alessandro Casareto, architetto e presidente del soda1izio A
Compagna (storico presidio della lingua genovese), e Gianni Plinio, vicepresidente
della Regione e assessore al Turismo e alla Cultura. Plinio, anzi, ha scritto direttamente
al presidente della Rai Baldassarre per censurare lo spot in onda in questi giorni per
invitare al pagamento del canone: il filmato infatti mostra una serie di personaggi che
si esprimono nei dialetti di varie parti d'Italia. Ebbene, sottolineano Casareto e Plinio,
quando si arriva ai genovesi, si assiste a una storpiatura ingenerosa e incomprensibile
del nostro vernacolo. «Roba da far rivoltare il grande Govi nella tomba», tuona il
presidente di A Compagna. Puntuale l'aggiunta dell'assessore: «Chiedo che la Rai,
dove pure lavorano diversi genovesi e liguri o le agenzie pubblicitarie coinvolte, prima
di avventurarsi in spot del genere ci chieda una piccola consulenza che volentieri
offriremo gratuitamente. Il genovese - conclude Plinio - è una lingua a tutti gli effetti,
ed è stata lingua franca nei commerci del Mediterraneo per molti secoli. Ha un ruolo di
dignità, dunque, non sopprimibile in parlate da macchietta.
Corriere Mercantile
Mercoledì 22 gennaio 2003
LO SPOT SUL RINNOVO DEL CANONE FINISCE NELL'OCCHIO
DEL CICLONE
Plinio contro la Rai sul dialetto
«Il genovese, lingua di grande dignità, non è una macchietta»
Non piace all'associazione culturale "A Compagna", autorevolissimo e storico
presidio della lingua genovese, lo spot televisivo della Rai in onda da diverse settimane
per ricordare agli italiani di pagare il canone. «La testimonial, un'attrice suppongo,
che dovrebbe parlare in dialetto, fa, suo malgrado, una caricatura della parlata genovese
e ligure, ridotta a qualcosa di inverosimile. Roba da far rivoltare il grande Govi nella
tomba» tuona in una lettera inviata all'assessore alla Cultura e al Turismo della
Regione Liguria Gianni Plinio, che è poi anche il presidente dell'associazione.
Immediata la risposta dell'assessore: «Ho già predisposto una lettera al presidente
della Rai Baldassarre - ha dichiarato ieri Gianni Plinio - affinché in futuro Viale
Mazzini, dove pure lavorano diversi genovesi e liguri o le agenzie pubblicitarie coinvolte,
prima di avventurarsi in spot del genere, ci chiedano una piccola consulenza che volentieri
gli offriremo gratuitamente».
Lo spot, ripetuto ogni giorno su tutte le reti Rai per rammentare il pagamento
dell'abbonamento alla televisione di stato, mostra una sequenza di cittadini che, ripresi
con lo sfondo della loro città, in dialetto tessono le lodi alla Rai come fosse un
innamorato indimenticabile. Dopo il veneziano in «gondoleta», ci sono i ragazzi romani e
napoletani, poi il signore torinese e altri che, accentuando il tono tipico del proprio
dialetto, se la cavano benino.
Quando tocca a Genova e alla Liguria le cose non vanno decisamente bene: «La ragazza
che in genovese, si fa per dire, confessa che la Rai l'ha fatta sognare e innamorare, mi
ricorda una esilarante gag di Beppe Grillo quando canta "Ma se ghe pensu" in
siciliano», commenta Casareto, presidente dell'associazione che affonda le sue radici nel
1100 e che proprio oggi festeggia l'ottantesimo anniversario della sua rifondazione,
avvenuta il 21 gennaio del 1923.
«Ho visto anch'io lo spot sul canone Rai - gli risponde l'assessore regionale alla
Cultura - e devo proprio dar ragione alla Compagna e ai diversi amici che mi avevano
già segnalato l'episodio. Il genovese è una lingua a tutti gli effetti ed è stata lingua
franca nei commerci del mediterraneo per molti secoli - ricorda Plinio - quindi ha un
ruolo di dignità non sopprimibile in parlate da macchietta».
Già l'estate scorsa, l'assessore ligure aveva vivacemente protestato nei confronti
di Poste Italiane per uno spot in cui le bellezze naturali della costa erano state
battezzate, sia pure ironicamente, «ringhiera ligure».
Adesso la battaglia per la difesa dei valori liguri, pesto a parte, prosegue
serrata.
Il Secolo
Giovedì 23 gennaio 2003
La storia
L'attrice dello spot sul canone Rai
«Il genovese l'ho imparato dalla tata»
All'origine di tutto è una presa di posizione dell'associazione "A Compagna",
autorevolissimo e storico presidio della lingua genovese: lo spot televisivo della Rai,
il tormentone per ricordare agli italiani di pagare il canone dove appaiono personaggi
delle diverse città italiane, è bollato con parole di fuoco: «La testimonial che dovrebbe
parlare in dialetto genovese fa, suo malgrado, una caricatura della parlata ligure - è
l'attacco diffuso nei giorni scorsi - ridotta a qualcosa di inverosimile. Roba da far
rivoltare il grande Govi nella tomba».
Una accusa, quella di "leso vernacolo", che non poteva passare inosservata.
Alla vicenda si è interessato il vicepresidente della Regione Gianni Plinio, assessore
alla Cultura e al Turismo che ha scritto alla presidenza Rai: con tutti i genovesi che
ci sono in viale Marconi, ha chiesto in buona sostanza Plinio, perché non pretendere
una consulenza?
«Ma io sono genovese, sono cresciuta con una governante che parla solo dialetto -
racconta a sorpresa Paola Balbi, 25 anni, l'attrice dello spot della discordia - e sono
arrivata a Roma solo per studiare recitazione. Tornare a Genova per fare questo mestiere
non è facile: ho avuto un'occasione l'anno scorso, tre mesi alla Tosse per lo spettacolo
all'ora di pranzo».
Emigrante per lavoro e amore della recitazione, Paola Balbi è ligure Doc, con nonni
che si chiamano Massone e Schiaffino. Nata a Villa Serena, prima di quattro sorelle -
precisa - e vissuta fino ai diciott'anni in via Eleonora Duse, al confine tra Sturla e
Albaro». La folgorazione dell'arte? «Durante il liceo al D'Oria ho conosciuto Aleksander
Cvietkovic, attore e docente al Teatro Stabile. Mi sono diplomata con sessanta sessantesimi,
poi sono partita subito per Roma dove ho studiato recitazione». Il curriculum recita
le tappe di una carriera intrapresa con entusiasmo: in tivù "Il mattatore"
con Gassman e "Vento di Ponente", al cinema, tra l'altro, "500" di
Giovanni Robbiano e una parte in "Gangs of New York" di Martin Scorsese. A
teatro si va da Piccola città" di Torton Wilder a "Assassinio nella cattedrale
di Elliot per la regia di Mario Ferrero. Lingue parlate, recita il curriculum:
inglese e francese. Dialetti: genovese, napoletano, calabrese.
Nel giro di pochi anni, quelli del soggiorno romano di Paola Balbi, Genova ha mutato
volto. «In auto in città non ci vado più, sono cambiati tutti i sensi di marcia. Il centro
storico invece è diventato molto più pulito e vivibile. Il Porto Antico poi è bellissimo».
Domanda chiave per stabilire l'indice di genovesità: le piace il
pesto? «Molto, e lo fare bene. Col pestello e tutti gli ingredienti, basilico, grana,
pecorino, pinoli, sale e olio d'oliva». Le critiche di Plinio? «Non ne sapevo niente,
ma Plinio è un amico di famiglia, conosce bene mio padre». Poi Paola Balbi racconta
un segreto, il ruolo della sua "tata" Pina Perotti, classe 1926, nella
vicenda dello spot: «Lei mi aveva fatto preparare la battuta in genovese vero -
ricorda - Ma al momento del provino in Rai, il regista mi ha detto che non andava
bene: gli spettatori del resto d'Italia non avrebbero capito niente. Dovevo parlare
in italiano, mantenendo solo la cadenza genovese. È quello che ho fatto, ma così è
logico che tutto suoni come una "traduzione"».
La "tata" Pina, chiamata a giudicare, è indulgente. Per lei, che in gioventù
ha calcato le scene dei teatri dialettali cittadini, il ligure è davvero una lingua
madre: «Paola è stata brava come sempre - dice - sapeva benissimo la frase in genovese,
l'avevamo provata insieme tante volte, ma il regista non gliel'ha fatta dire.
Peccato...».
Bruno Viani
(ha collaborato
Fabiana Magrì)
Corriere Mercantile
Giovedì 23 gennaio 2003
Rassegna stampa
Venerdì 24 gennaio 2003
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