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La Repubblica - Il Lavoro L'opinione Ma non è meglio fare a meno di questo calcio? Vittorio Coletti Se si fa uscire il caso Genoa dall'ambito meramente sportivo-giuridico e lo si usa, come ha giustamente suggerito Manzitti su queste colonne, quale immagine e cartina al tornasole di Genova, è lecito sostenere, e non per puro gusto di mettersi fuori dal coro, che la retrocessione della nostra squadra, se sarà (e Dio non voglia) confermata, non sarà affatto un dramma, ma, anzi, forse un segnale di buon auspicio per la città? Non mancherò di aggiungere, per completare l'opera, che, in tal caso, bisognerebbe che anche la Sampdoria, magari esclusivamente per demeriti sportivi, infilasse il viale del tramonto, finisse in C o in D me che, quindi, Genova potesse dimenticare, nel giro di pochi anni, di avere addirittura ben due squadre di calcio. Confesso di essere stato negli ultimi mesi, assai prima del dramma finale, quando si valutavano solo le prove sportive del Genoa, un osservatore preoccupato e perplesso di una città che si riprendeva a identificarsi così passionalmente in una sua squadra di calcio. Notando le code della gente più diversa per età, sesso, ceto,cultura alla sede di Portello per acquistare biglietti o cappellini o magliette, mi chiedevo se non era un segno di involuzione questo recupero di identità sotto sotto le bandiere pur leggendarie e tanto amate del Grifone. È vero che c'è ovunque bisogno di certezze e che lo si soddisfa dove si può. Ma che il desiderio identitario di una città si appaghi in una squadra del moderno calcio (qui l'aggettivo è essenziale come il riferimento alla diagnosi che ne ha fatto Ilvo Diamanti) non lascia mica tanto tranquilli. Possibile che una città che sta cambiando pelle, che ha ritrovato il proprio volto urbanistico e paesaggistico più bello, che ha fatto da capitale europea della cultura, che sta provando una delle più straordinarie imprese di riconversione economica e sociale che mai siano stata tentate in Italia, possibile che questa città, una parte varia, consistente, autentica di essa torni ad accorrere in massa allo stadio e si appassioni ai giochi di uno sport, per cui credevamo continuasse a entusiasmarsi solo gente della levatura culturale di un Berlusconi o di un hooligan? Possibile che l'universo che genera ormai soprattutto gli striscioni violenti e razzisti della domenica, le dichiarazioni insulse degli addetti ai lavori, il numero infinito di ore di raccapriccianti trasmissioni televisive, possibile che questo submondo riscuota ancora così tanto credito e conservi ancora così tanto fascino da convocare sotto una delle sue bandiere una città viva e avviata decisamente verso il futuro? Poiché non sono tanto sicuro che l'adunata calcistica di oggi possa essere altra cosa da quello che è il calcio odierno, stupidario massmediatico del lunedì e violenza nera dei pomeriggi domenicali, non sono disposto a rattristarmi più di tanto se la mia città comincia a perdere una squadra pur amata e gloriosa. Se poi succedesse che anche l'altra cominciasse a uscire dalla drogata attenzione dei suoi tifosi e il suo presidente tornasse magari a investire nel Carlo Felice invece che in calciatori, non sarebbe un bel segno per Genova, una città i cui cittadini potranno radunarsi sotto bandiere più complicate ma più importanti di quelle di una squadra di calcio, animarsi per altre giustizie rispetto a quelle sportive, entusiasmarsi per altre promesse che non quella di una coppa Uefa o di una retrocessione e perfino, a questo punto, di uno scudetto. Non ignoro né la bellezza del calcio, né il valore popolare schietto che sta dietro l'amore per esso, e quindi non mi dispiacerà affatto se il Genoa sarà riabilitato e recuperato alla serie A. Ma, quando non è mai stato così evidente l'uso «circense» del calcio, propinato in dosi massicce alla società affinché disimpari a guardare altro e alto, quando non è mai stata così vistosa la volgarità di contenuti e di forme espresse dal nostro sport nazionale, la crisi di una, meglio se di tutte le squadre di calcio di una città potrebbe essere per la città stessa un indizio di riscatto civile e una promessa di un futuro più consapevole e di progetto non meno attraenti di quelli di Preziosi. Leggi la replica di Margherita Rubino
La passione per il
Genoa - La risposta del M.I.L., inviata a La Repubblica Il Lavoro
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