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M “Macché mare! A maggio è molto meglio la montagna” mormorò Massimiliano, manovale milanese manesco e maleducato, alla moglie Marina, magra e macilenta come la Maria Maddalena del Masaccio. Max si mise il maglione di mohair che metteva in mostra i muscoli e, montando sulla moto meglio di Marlon, mise la marcia a mo’ di Mosè al momento del movimento di masse da Memphis al Mar... Morto. In Maremma la mamma di Marina, metà matadora e metà mungitrice, movimentava la monotonia delle mucche, malandate e martoriate dalle mosche, con musichette di Mozart e di Morandi, maldestramente mixate. Massaggiava intanto il muso e le mammelle di Morgana, la mucca più matura della mandria, mormorandole maternamente: “Mangia, mangia la mentuccia, Morgana mia, e muovi la mascella per macinare meglio il miglio.” Meditava, la megalomane, di mercificare in mozzarelle e mascarponi, ma le mancava un magazzino e la malga sul Monte Maggiorasca era maleodorante. Il motivo erano i malvagi maltrattamenti di Mago Merlino ai maiali che marcivano nella mota, mancandogli il moto. “Maledetto! Meriterebbe di morire di malaria com’era di moda in Maremma nel Milleottocento, prima che la medicina mitigasse la mortalità. Memento mori, Merline, ac memento musulmani, maghrebini mozambicanique”. Masticava motti e massime a memoria. Al mercato, muovendosi come un muflone fra le merci, Massimiliano, muscoloso ma mentecatto (per mesi fu malato di meningite), mutò la megamoto con un modestissimo monopattino, meritandosi dai meravigliati mercanti un “Minchione” che, però, non lo mosse minimamente dal misfatto. Marina, invece, in un monastero di Monza, miniava minuziosamente un manoscritto medievale per maggiorare il modesto mensile, mortificata al mattino, durante la Messa, da una monaca di manzoniana memoria che, maligna, le mormorava: “Minia, minia, mammalucca, mentre Massimiliano, meglio Max, al mercato manomette e mordicchia maestre, miss e massaie.” Mesi dopo, mandate mestamente le mucche al mattatoio, Marina e la madre, meditabonde, mendicavano nei pressi del Museo Metropolitano per mantenere nel migliore dei modi il mitomane Max, che, senza il minimo merito, s’era messo in mente di essere miliardario (pur mancandogli i miliardi) e martirizzava le miserabili mutando di mese in mese moto, maglie alla moda e monili, mescendo Martini, Moscato e Marsala, mobilitando meravigliose modelle maggiorate che minimizzavano la sua menomazione mentale. Un “merci” alla munificenza!
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