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Comminare

Dando notizia di una sentenza di condanna pronunciata da questa o quella magistratura, molto spesso stampa radio e televisione dicono che il tal giudice “ha comminato a Tizio e a Caio tanti anni di prigione”. Quanti sanno che questa comunissima frase racchiude un errore grossolano?

Questo verbo comminare ci è venuto dal latino comminari che vuol dire alla lettera “minacciare insieme” composto com’è di un prefisso cum, con, indicante generalità di effetto, di azione, e minari, minacciare. Perciò “comminare una pena” significa minacciarla collettivamente, prescriverla genericamente per tutti coloro che si rendessero colpevoli di quel determinato reato. Chi può comminare una pena, cioè minacciarla, stabilirla, non può essere perciò che la legge, e per essa il codice: “per il delitto di rapina il codice penale italiano commina la reclusione da 3 a 10 anni ...”. Il giudice dunque non commina, non minaccia, la pena ma la applica in base a quanto stabilisce il codice, la , la infligge, l’assegna, o anche, con un latinismo proprio del linguaggio curialesco, la irroga.

Tratto da Aldo Gabrielli, Il Museo degli Errori, Oscar Mondadori n. 728, Milano 1977.

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