[ Indietro ] Sia... sia...Oggi è comunissima la correlazione sia... che, anziché sia... sia, che è quella raccomandata dalle grammatiche; un sia... sia..., ripetuto costantemente quante volte occorra. È un costrutto che si richiama al latino sive... sive, o seu... seu, che negli antichi testi classici troviamo ripetuto fino a tre e quattro volte. Inoltre anche i più antichi esempi italiani lo confermano. In un commento alla Commedia d’un contemporaneo di Dante, troviamo: “Racconta gli effetti delle sue opere, e ciascuna pare che voglia fama, sia di bene sia di male”; e sentite questo periodo di Daniello Bartoli, politissimo prosatore del Seicento: “A voi solitario e romito, sia per natura, sia per professione, sia perché la qualità e la condizion degli studi vi tiene in astrazione di pensieri...”. Se avessi tempo di cercare, troverei che questa e nessun’altra è la correlazione che si usò in origine nella nostra lingua, ed quindi indubbio che questo essendo il costrutto originale, esso andrebbe in ogni caso rispettato. Ma, ben sappiamo, spesso l’uso traligna, e qui anche ha tralignato. Già nel Tommaseo-Bellini si può leggere che “il sia si ripete, ma può anche usarsi il sia la prima volta e la seconda il semplice o”. In dizionari più recenti, anche nei migliori, si avverte che il secondo elemento della correlazione può essere introdotto anche da che. Cioè si può anche dire: “ Sia lui o un altro, per me è lo stesso”, “Era indifferente sia al biasimo che alla lode”. Specialmente il che è oggi comunissimo anche presso i migliori scrittori. Ma va da sé che se un consiglio dovessi dare, raccomanderei di attenersi alla vecchia classica forma del sia... sia, ripetuto anche dieci volte. Tratto da Aldo Gabrielli, Il Museo degli Errori, Oscar Mondadori n. 728, Milano 1977. [ Indietro ] |
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