[ Indietro ] Anche Dante diceva « ma però »Anche questa domanda quante volte mi è stata rivolta? «Ma però» si può dire, o è errore? È un problemino vecchio, un problemino di sempre; se ne parlava un secolo fa, se ne parlerà tra cent'anni. Ma però non è errore, come molti credono e come nelle scuole si continua a ripetere, non è neppure una inutile ripetizione. E una semplice locuzione avverbiale rafforzata che da un tono particolare al discorso. Strano che non si discuta mai su altri rafforzamenti consimili, come ma invece, mentre invece, ma tuttavia, ma nondimeno, ma pure. Quando un mio maestro mi corresse il primo ma però, io non conoscevo ancora Dante, se no avrei forse osato segnalargli il verso 143 del XXII canto dell'Inferno, che dice: «Ma però di levarsi era neente». Ma poi esempi di autori classici, per non dir dei moderni e dei contemporanei, se ne trovano quanti se ne vuole. Lo storico Giovanni Villani: «Si cominciò in Firenze infermità, ma però non fu così grande...»; il Pulci: «Ma non tanto però quanto n'ho visto». Non parliamo poi del Manzoni: «Io taccio subito; ma è però certo che, quando il mondo s'accorge che uno...» (cap. I); «...allora già in decadenza; ma non però a segno...» (cap. II); «Non era un conto che richiedesse una grande aritmetica; ma però c'era abbondantemente da fare una mangiatina» ( cap. XVII). Tra i contemporanei non c'è che l'imbarazzo della scelta: «Ma però volle stare a sentire la conclusione del discorso» (Verga); «Neanche il Biondo aveva fatto testamento, ma però lui sapeva...» (Cicognani); «Sicuramente ero ancora un ragazzo; ma però sognavo d'essere più grande» (Baldini). Tratto da Aldo Gabrielli, Il Museo degli Errori, Oscar Mondadori n. 728, Milano 1977. [ Indietro ] |
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