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C. P. P.
Carlo Piero Pessino
Moderno Dizionario Rapido
Genovese - Italiano
Italiano Genovese
completo di rimario genovese

Erga edizioni, Genova 1995

[Pronuncia di talune consonanti] [Pronuncia delle vocali] [Nomi] [Articoli] [Aggettivi possessivi] [Pronomi] [Verbi]


ALCUNE AVVERTENZE

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PRONUNCIA PARTICOLARE DI TALUNE CONSONANTI

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PRONUNCIA DELLE VOCALI

I dittonghi suonano come nell'italiano salvo che nei frequenti casi di «improprietà», ossia quando le due vocali creano un unico suono. Quindi:

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NOMI

Tutti i nomi comuni che al singolare terminano in e, al plurale non mutano tale desinenza. Esempi: noxe (noce), voxe (voce), croxe (croce), luxe (luce), pelle (pelle), gente (gente) restano uguali al plurale.

I nomi propri di persona in genere sono preceduti dall'articolo, sia al maschile sia al femminile.

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ARTICOLI

Osservazione importante. In pratica il femminile unn-a viene quasi sempre ridotto a 'na. Esempio: Ho visto 'na figgia (ho veduto una ragazza).

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AGGETTIVI POSSESSIVI

Non usare, né a voce né per iscritto, loro (che in genovese è soltanto un pronome!). Il possessivo corrispondente al loro dell'italiano è soltanto seu o .

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PRONOMI

Loro, di cui si fa cenno alla voce Aggettivi possessivi, viene usato soltanto - ma assai di rado - in funzione di «Voi Signori, Lor Signori», sempre solo al vocativo, e in tono ironico o cattedratico! Per dire il loro figlio, in genovese si dice, e si scrive, seu figgio (o sò figgio).

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VERBI

Non esiste - da tempo - il passato remoto: viene usato in sua vece il passato prossimo. Esempi: mì son andaeto, io andai; lë o l'ha riùo, egli rise.

In teoria le coniugazioni sono quattro (con l'infinito in â, con l'infinito in éi, con l'infinito in e atona, con l'infinito in î). Qualche infinito: cantâ (cantare), poéi (potere), vedde (vedere), corrî (correre).

Il rapporto fra l'infinito e il participio di moltissimi verbi irregolari è variabilissimo, anzi pittoresco.

Per un corretto uso delle voci verbali occorre tener presenti alcuni canoni, sia oralmente sia per iscritto: tra i più salienti ed importanti, la desinenza di alcune voci verbali. Citiamo, a mo' di esempio, le scorrettezze tuttora sostenute da taluni nel coniugare i noti verbi dire e fare: mì dixéivo, tì ti dixéivi, lë o dixéiva, anziché mi dîvo, tì ti dîvi, lë o dîva; mì faxéivo, tì ti faxéivi, lë o faxéiva, anziché mì fâvo, tì ti fâvi, lë o fâva.

Regola importantissima, purtroppo sovente trascurata: «Quando una voce verbale indicante azione collettiva precede nella frase il soggetto, rimane al singolare». Alcuni esempi: i figgieu cianzan (i bimbi piangono), ma cianze i figgieu; e campann-e seunnan (le campane suonano), ma seunna e campann-e; i sordatti pàrtan (i soldati partono), ma parte i sordatti; i funzi nàscian (i funghi nascono), ma nasce i funzi; i grilli càntan (grilli cantano), ma canta i grilli.

Comunque sono numerosi i tranelli che, in sede di traduzione, incontra chi deve trattare i dialetti genovesi (città, contado. plaghe litoranee); soltanto una specifica esperienza ne consente - via via che si penetra nel vivo della parlata - un disinvolto superamento. Si arriverà anche a constatare che parecchi vocaboli da certuni ritenuti «del contado», o viceversa, restano validi in lirica generale in quanto ad efficacia e scorrevolezza espressiva. Rispettare un dialetto non vuol dire farne una tavola pitagorica.

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