Valentino De Carlo Parolacce Genovesi Meravigli, Milano 1994 |
[ä - â] [æ] [ç] [é - è] [eu] [ï - î] [o] [ò - ó] [òu] [sc-cu] [ü - û] [x] [z]
Le regole del giuoco
Il dialetto genovese è uno di quelli che - a non essere ferrati in materia - pongono considerevoli problemi di pronuncia e di grafia. Quindi per i semplici estimatori e per i genovesi che non siano docg ricordiamo brevemente queste regolette in apparenza ostiche che anche noi abbiamo seguito.
ä - â
La dieresi (¨) posta sopra una vocale in genere ne prolunga il suono e così l'accento circonflesso (^). Però a volte i due accenti si usano per distinguere parole di diverso significato ma graficamente identiche: ma (ma), mä (male), mâ (mare).
æ
Questo dittongo va pronunciato come una e molto aperta, così come in arcipræve oppure in tæra: quindi arciprève e tèra ben accentuati.
ç
La c caudata accompagna le vocali e ed i, e si pronuncia come la s italiana in sentenza: quindi çestin, cestino e altro, si leggerà sestin.
é - è
Gli accenti acuto (') e grave (`), come in italiano, servono a distinguere la vocale dal suono chiuso (perché) da quella con suono aperto (è, caffè, pòrtego). Ma in certi casi troveremo la e scritta con la dieresi (ë) a indicare un suono rigorosamente chiuso: vëgia si pronuncerà quindi végia. Perché allora non con l'accento acuto? Bizzarrie dei dialetti. E come distinguere questo suono dalla vocale allungata, come in aspëtâ (aspettare)? Che ci vuole? Imparando il dialetto.
eu
Questo dittongo deriva probabilmente dall'uso del vicinissimo francese, dal momento che ne conserva lo stesso suono: come in cheugo (cuoco).
ï - î
Valgono le regole già indicate per la lettera e. In caso normale sfidiamo chiunque a pronunciare un suono diverso da quello della í italiana, irrevocabilmente chiuso.
nn-a
Se vogliamo andare nel difficile, la pronuncia di questa combinazione di lettere possiamo chiamarla palatale o lusitanica. Per semplificare, diciamo che è una nasale dove ha gran gioco la parte più arretrata del palato.
o
Vale quanto già detto alla e. Infatti qui il suono è sia quello della vocale italiana sia quello della u italiana: quest'ultimo soprattutto (ma non sempre) in fine di parola.
ò - ô
Già detto alla vocale e.
(La ô è probabilmente un refuso per ó, ndr)
òu
Contrariamente a molti dittonghi, in questo il suono va ben distinto, con una marcata accentuazione della prima vocale; come in desbandellòu (sciamannato).
sc-c
Immaginate un'impuntatura della lingua, graficamente rappresentata dal trattino, e la conseguente pronuncia regolare della parte seguente della parola: come in sc-ciappa (natica).
ü - û
La vocale semplice u si pronuncia in genere come in francese (rigorosamente vietato dire iú); ma spesso anche col suono netto e chiuso dell'italiano (ú).
x
Si sente spesso dire che la pronuncia e la cadenza genovesi ricordano quelle portoghesi (e viceversa): bene, ecco un caso di netta somiglianza. In tutte e due le lingue la x si pronuncia con la scivolata tipica della j francese: quindi duxe (doge), somiglierà molto a un duje.
z
Si dice comunemente che questa lettera in dialetto non esiste, anche se si scrive. Infatti anche i non liguri sanno che si dice Zena, col suono dolce di sbaglio, e non con quello aspro di sozzo. Regola identica vale per il raddoppio della consonante.