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V. D. M.
Vocabolarietto
Genovese - Italiano
Italiano - Genovese

Tipografia Editrice Nicolosio, Recco 1920?

[Regole di pronunzia] [Accenti] [Dittonghi] [Parole terminanti in na] [Uso della u]


ORTOGRAFIA GENOVESE

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Regole di pronunzia.

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Accenti

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Dittonghi

NB. - Riguardo all'uso del dittongo æ, dell'u e delle parole terminate colla sillaba na mi attenni alla grammatichetta genovese, compilata dall'egregio sig. Carlo Randaccio premessa ad un Vocabolario etimologico nel suo pregiato libro «Dell'idioma e della letteratura genovese».

- Il dittongo æ, così dice l'esimio scrittore, ha il suono, forse alquanto più aperto, dell'è francese: è l'antico dittongo latino ai, divenuto æ al tempo dei Gracchi, quindi cambiatosi in un'e molto aperta: si sente ancora nella pronunzia romanesca di Cesare (Cæsar) e di altre voci, che corrisponde perfettamente al suono dell'æ genovese.

Le parole genovesi nelle quali oggi trovasi questo dittongo non sono molte: alcune vengono da vocaboli in cui l'a e l'e non entravano affatto: così coæ (voglia) fæn-a (farina) ecc.

Non occorre dunque nell'ortografia genovese l'uso del dittongo æ, bastando l'accento grave sull'è a indicare il suono aperto.

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Riguardo poi alle parole terminate con la sillaba na, dice:

- La n s'appoggia alla vocale che la precede, e la vocale che segue si pronunzia interamente staccata, ma con suono smorzato; oggi, dovendo scrivere: Campann-a, tann-a; Rosinn-a evidentemente, una delle due n è di troppo, ed io scrissi: campan-a, Rosin-a, tan-a .

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Riguardo all'uso dell'u così si esprime:

- Io scrissi sempre u allorché il genovese pronunzia u: ommu e non ommõ, bellu e non bellõ: l'ortografia in uso volle forse, scrivendo õ e avvertendo che si pronunzia u, avvicinare la forma del genovese all'italiana, e renderlo più intelligibile; ma le lingue son quello che sono, e, per altro, l’u genovese è quasi sempre l’u latino che il toscano muta, moltissime volte, in o.

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