Consonanti doppie
Ecco cosa dice:
Ageno |
Padre Gazzo |
Parodi
(leggi dove)
Scrive Marco Cuneo, Vocabolario delle parlate liguri, Lessici speciali,
2 - II, Mare, pesca e marineria, Genova 1997: «L'intensità (o la
lunghezza) della consonante non ha nei dialetti liguri nessun valore
fonologico. In molti dialetti dopo una vocale breve accentata in sillaba
aperta la consonante seguente può essere leggermente allungata, ma si
tratta di una variante allofonica che varia non solo da località a località
ma anche da parlante a parlante e da situazione a situazione (è favorita
dall'enfasi)».
In questo contesto esiste una regola di pronuncia osservata dai
parlanti: «Le consonanti pretoniche, ossia quelle che vengono prima
dell'accento tonico, sono sempre pronunciate scempie». Significativa è
la seguente sequenza: òmmo (uomo), òmétto (ometto),
òmetìn (omettino).
Le varie grafie, specie quelle di scrittori non molto esperti, presentano
rilevanti discordanze sull'impiego delle consonanti doppie. E avvertenze
del tipo: in genovese «le consonanti scritte doppie si pronunciano scempie»
(tratto dai criteri di lettura della collana "a parma", Le Mani,
Recco, 1996) non risolvono il problema. Occorre quindi individuare una
regola.
- Grafia Piaggio Casaccia. Questo metodo ricalca moltissimo
la grafia italiana, pertanto la scelta delle consonanti doppie coincide
spessissimo con quelle dell'italiano: ad es., il Casaccia registra corrî
(correre) e diffiçile (difficile) anche se la doppia "r"
e la doppia "f" si pronunciano scempie.
- Grafia Tradizionale Normalizzata. (GG II.33 e GG II.34)
- sono doppie le consonanti che seguono vocale tonica breve (nota:
si presume intenda in parole piane; nel suo Dizionario Toso non sempre
raddoppia le consonati in parole sdrucciole): fatto (insipido),
maccia (macchia), càrega (carica), léppego (viscidume),
pàrreco (parroco), rédeno (rigido);
- sono doppie tutte le consonanti che nella forma originaria latina
(o altra) erano doppie;
- si scrivono doppie quando la parola assume un prefisso: miâ
(guardare) dà ammiâ;
- (cfr. anche GG II.61) le parole alterate da suffisso mantengono la
doppia anche se non corrisponde alla pronuncia: òmmo (uomo) dà
ommetto (ometto), studdio (studio) dà studdioso
(studioso).
- Vocabolario delle Parlate Liguri. Marca scempie tutte le
consonanti pretoniche e si affida alla grafia usata dal collaboratore per
quelle postoniche, ma la tendenza è quella di marcare scempie tutte le
consonanti: crövilétu (copriletto), gatu (gatto), masu
(mazzo).
- Grafia in U. Indipendentemente dall'etimologia delle
parole:
- si raddoppiano le consonanti che vegnono dopo una vocale tonica
corta: càrrega (carica), incredìbbile (incredibile),
mànnego (manico) vìxxita (visita);
- si scrivono scempie le consonanti che vegnono subito prima di una
vocale tonica: vedemmu (veidamo), belessa (bellezza);
- non si raddoppia mai la "n", la "r" e la
"s" davanti a un'altra consonante.
- Proposta per un Sistema Grafico.
Viene enunciata una regola di raddoppiamento secondo cui la consonante
è doppia solamente dopo la vocale tonica breve delle parole piane terminanti
con vocale scempia; altrimenti è scempia: maccia (macchia), càrega
(carica), càmoa (tarlo), pròpio (proprio), xatta (scodella,
piatto fondo). Di conseguenza scrive dùbio (dubbio) e dubbi (dubbi);
presépio (presepio) e preseppi (presepi), vìçio (vizio) e
viççi (vizi).
- Metodo Esotico. ---
Ecco cosa dice Ageno.
Ortografia per vocali toniche brevi in vocaboli piani, p.95-96.
(...) In toscano la tonica in vocaboli piani è breve quando si trova dinanzi
ad un nesso di consonanti diverse, altrettanto accade nel genovese. È pure
breve in toscano innanzi a consonante doppia che si pronuncia rinforzata.
Altrettanto avviene nel corrispondente vocabolo genovese fatta sempre eccezione
nel caso in cui nel toscano si ha la linguale r dopo la tonica tæra
'terra'.
Se non che, mentre la pronuncia toscana fa sentire il rinforzo della
consonante doppia, questo rinforzo non è per nulla sentito nella
pronuncia genovese. (...) Ne deriva quindi che nell'ortografia del
dialetto genovese adottata in questo studio la consonante doppia non
serve ad altro che ad indicare la brevità della tonica precedente.
Qualche esempio: gàggia 'gabbia', chéutto 'cotto',
tùtto 'tutto', ghéubbo 'gobbo', rìcco 'ricco' ecc. Si
scriverà e pronuncerà quàttro <
quatuor senza far sentire
la doppia tt, che il toscano fa sentire quando dice quattro.
Ortografia per la quantità della vocale tonica in vocaboli sdruccioli, p.96.
Mentre in toscano la tonica negli sdruccioli è sempre breve, nel genovese può essere
breve o lunga. Valga il seguente esempio: tötano e zóveno. Per
distinguere le due diverse quantità si applicheranno i due diversi accenti. Come
si vede, nelle scrittura di sdruccioli si abbandonò la consonante doppia per indicare
la brevità della tonica precedente come si fa per i vocaboli piani. In un caso speciale
però si mantiene la doppia consonante, quando cioè ad una forma verbale piana colla
vocale breve si applica una enclitica, onde ne risulta un vocabolo sdrucciolo:
méttighe 'mettivi' e 'mettervi', pìggine 'pigliane' ecc.
Se invece la forma verbale piana ha già la tonica lunga, naturalmente vi si
applicherà l'accento circonflesso: rêsite 'reggiti' ecc.
Ortografia delle consonanti protoniche, p.96-97. Lo scopo di
questi scritti, se pure qualcuno li leggerà, è quello di far conoscere
la vera pronuncia del genovese quale è parlato, poiché l'ortografia
adottata a scriverlo fu in tutti i tempi capricciosa e infedele. Onde
chi non è genovese, se pure, a leggerlo, lo intenderà, non potrà mai
fare l'idea del modo nel quale si deve pronunziare. (...)
Dunque è stabilito che in nessun vocabolo genovese può trovarsi scritta
consonante doppia se non quando si vuole con ciò indicare la brevità
della vocale precedente.
In toscano alla prima persona singolare del presente indicativo tocco,
ballo corrisponde l'infinito toccare, ballare. Nel genovese
a tócco, bàllo, dove la doppia consonante non ha altra funzione
che di indicare la brevità della tonica, corrisponderà l'infinito tocâ,
balâ. All'infinito chéugge 'cogliere' il participio cugéito;
a bàtte < batuere
corrisponde battûo 'battuto'; a sostantivi ed aggettivi si possono aggiungere
desinenze che, trasportando l'accento, rendono protonica la consonante, segno della
brevità della tonica. Nel vocabolo che ne risulta, non si scriverà più la doppia
consonante, diventata protonica, ma la si scriverà semplice; vedasi: ghéubbo
e gobétto; gàllo e galinn-a; càppa e capéllo
ecc. In tal modo si trascrive la vera pronuncia genovese.
Influenza della consonante sulla quantità della vocale tonica precedente,
p.97. Per indicare invece la pronuncia della tonica in vocaboli sdruccioli
si sovrapporrà l'accento semplice, quando la quantità della tonica è breve, ed il
circonflesso quando è lunga: zóveno, lùvego, lépego, rédeno ecc.; tötanu
'calamaretto', fâsene 'farsene', lêsighe 'leggervi' ecc.
Ecco cosa dice Padre Gazzo.
Pagina XXXII. Resta a dire delle consonanti doppie, che altri
vorrebbe abolire come inutili, appunto come pel castigliano fu stabilito
dall'Accademmia Spagnuola.
È certo che il rafforzamento delle consonanti genovesi non è, e tanto meno ora, come
il toscano. Un certo rafforzamento c'era, e più sensibile nella pronunzia dei nostri
vecchi, che ne avevano pure uno enfatico, o passionale, diremmo, che ancora, benchè
più di rado, si fa sentire. Comunque sia, se le consonanti doppie si possono diradare,
molte sono da conservarsi, perchè realmente sussistono: Rico, ato, leze, caze,
eco non sono ricco, atto, lezze, cazze, ecco. Dopo le vocali sostenute le
consonanti sono sempre attenuate; ma dopo l'accento, nelle sdrucciole, sono rafforzate:
pòppulo, tìppico, çéllebre, quand'anche ortograficamente non se ne tcnga conto;
e viceversa si pronunziano attenuate se precedono l'accento: come in çitæ, atastâ,
afâre, ocûre, alontanâ, colêgio, attilòu, per quanto si possano scrivere
raddoppiate.
Ecco cosa dice Parodi.
Arch. Glott. It., vol. XVI, p.107 in nota, 1905.
Anche più importa toccare delle consonanti, che nell'ortografia comune del dialetto si
scrivono doppie, benché vere doppie. nel dialetto non esistano. Io pure, per evitare
difficoltà e complicazioni ho seguito l'uso volgare, quando la cosiddetta doppia vien
dopo una vocale accentata; ma prima dell'accento ho sempre scritto consonante semplice,
perchè in tal caso anche un toscano non potrebbe pronunciare diversamente da noi:
a'kattu compro. ma aka'ta:, 'passu ma pa'sa:. E anche un
toscano pronuncia breve la vocale accentata, seguita, come avviene spesso nei vocaboli
dotti, da un gruppo formato di consonante e semivocale: in'vidja, ecc.;
cosicché io ho potuto scrivere senz'altro a'bretju 'vidwa, e anche 'spasju
o'fisju, inoltre ki'g2mow, ecc. La stessa osservazione si può fare per gli
sdruccioli: tosc. 'timido 'agile, onde ho scritto semplicemente 'komudu,
ecc. |
Introduzione
Problemi di grafia Grafie imprecise Grafie a confronto Alfabeto fonetico Glossario Dittonghi e iati
Accenti
Lunghezza delle vocali Vocali prima dei digrammi La "e" breve Accento sui monosillabi Gruppi vocalici
Vocali
Il suono [2] corto e lungo I suoni [O], [u], [y] La semivocale "u" Il dittongo [Ow] La semivocale "i" La lettera "j"
Consonanti
Consonanti doppie La "m" davanti a "b" e "p" I suoni [s] e [z]
Note grafiche particolari
La "h" nel verbo avere Lo iotacismo Dittongazione rapida La crasi La metatesi Preposizioni articolate "inte" oppure "in te"?
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